“Per me è un sogno, non posso parlare". Sabato sera lo avevamo lasciato così: con la voce singhiozzante e quelle lacrime trattenute a stento. È in diretta televisiva, San Marino ha appena ottenuto contro Gibilterra uno 0-0 storico e Dante Carlos Rossi scoppia in un pianto liberatorio. Le immagini fanno il giro del web e in poche ore il 33enne di origini argentine diventa l’uomo copertina di una Nazionale che negli anni, insieme ai record negativi, è stata in grado di raccogliere tanto affetto, anche internazionale.
Una storia dentro la storia, fatta di sacrifici e coraggio, che appartiene a un calcio in cui la passione viene ancora prima di ogni altra cosa. Qualche giorno dopo le parole gli son tornate: “Non me l’aspettavo, non sono riuscito a trattenere l’emozione. Per me c’era molto di più dietro quel pareggio: ho aspettato dodici anni per poter ottenere la cittadinanza e stare oggi insieme ai miei compagni. In quel momento ho pensato ai miei nonni che non ci sono più e con cui sono cresciuto quando mia mamma lavorava, alla famiglia che è lontana, ai miei amici, a mia moglie...”, racconta a gianlucadimarzio.com.
Dante ha lottato con tutte le sue forze per esordire con San Marino, ma più volte ha visto vanificarsi tutti i suoi sforzi: “Passavano gli anni e pensavo non fosse più possibile, ormai per me era una storia chiusa”. In mezzo ci si è messa anche una pandemia globale: “In pochi mesi ne sono successe di cose”.
Nulla lo ha fermato: “Mia moglie è un’insegnante, anche lei ha lasciato tutto in Argentina per seguirmi. Non era il suo sogno, era il mio. E per questo la ringrazierò sempre. Ora vogliamo restare qui a lungo e formare una famiglia. Non sappiamo ancora cosa succederà nel mondo, ma quando tutto passerà aspettatevi un nuovo sammarinese in uno o due anni”.
La storia
Un passo indietro. Giuliano Rossi, bisnonno di Dante, è tra le centinaia di sammarinesi che tra la fine dell’Ottocento e la metà del Novecento lascia la Repubblica di San Marino per cercare fortuna in una delle province dell’Argentina. Maggiorenne e con il cognome ereditato dalla madre, una legge gli impedisce tuttavia di ottenere la cittadinanza sammarinese: “Altrimenti sarei venuto già a 21 anni, quando un procuratore provò a portarmi in Italia in una squadra pugliese. Nello stesso anno fui costretto a rinunciare anche alla Francia e al Nizza, un’esperienza unica”.
Sliding doors di una carriera iniziata a Guerrico, nella provincia di Buenos Aires e proseguita sotto buoni auspici. Dalle giovanili del Newell's Old Boys, il club di Rosario dove sono passati Maradona e Messi, ai tre anni nell’accademia di Jorge Bernardo Griffa, maestro del Loco Bielsa e uomo simbolo in Argentina per l’abilità nello scovare talenti (vedi Batistuta, Valdano e Tevez).
All’inizio non c’era soltanto il calcio: “Mi ero trasferito a Rosario per studiare architettura, ho fatto quattro anni e mezzo su sei. All’inizio riuscivo a concentrarmi soltanto sugli studi, poi non più. Ho dovuto lasciare, ma in futuro potrei anche riprendere”.
Sogno realizzato
Si dice che gli argentini abbiano inventato l’amore per il calcio. Dante Rossi è rimasto genuino come quel gioco che gli inglesi esportarono nel Río de la Plata, il fiume che divide e unisce Buenos Aires da Montevideo: “Non ho social networks, io e mia moglie stiamo bene senza. Il calcio è la mia più grande passione e nella mia vita ho sempre giocato”.
In Argentina è arrivato fino alla terza divisione: “Negli ultimi anni invece ero in un campionato regionale vicino Rosario, dove lavorava mia moglie. C’erano molti ex giocatori professionisti e mi trovavo bene, ho conosciuto gente fantastica. Ma, alla mia età, non avevo più grandi prospettive e volevo confrontarmi con un livello più alto dove avrei potuto portare la mia esperienza”.
La scorsa estate la svolta: ad agosto passa una nuova legge, il classe ’87 non ci pensa due volte, prende finalmente la cittadinanza e parte. San Marino il suo ‘Nuovo Mondo’, dopo che l’Argentina lo era stata per il bisnonno: “Lo so che può sembrare una scelta strana, eppure il mio sogno era questo. Mi sentivo bene e dovevo provarci, poi magari non sarei stato all’altezza ma volevo sentirmelo dire di persona”.
Nuova vita
Il ct Franco Varrella ci ha raccontato la prima telefonata (L’INTERVISTA COMPLETA): “Mi disse: ‘Vengo solo se lei mi fa capire che posso giocare in Nazionale’. Io risposi ‘Tu fammi vedere che sei all’altezza di quanto mi raccontano e non avrò problemi”. A convincerlo ci mise pochissimo: “Lo ringrazio davvero, anche solo per essersi preso il tempo di visionarmi e parlare con me. In dieci mesi mi ha insegnato quello che nessuno è stato in grado di fare in Argentina, qui c’è più tattica e si marca a zona”.
Dante Rossi non conosceva ancora una parola di italiano, ha fatto parlare il campo. A settembre il debutto, poi i due pareggi storici: “Abbiamo giocato alla pari con nazionali del nostro stesso livello, la squadra è cresciuta. I compagni mi hanno accolto alla grande, fanno tutti molti sacrifici: lavorano in fabbriche, palestre, come contabili, ma poi in campo sono dei professionisti. Rappresentare San Marino è motivo di orgoglio”.
A Vaduz stava per chiudere il cerchio, il fuorigioco gli ha negato la gioia del gol. Prima dei saluti, ecco l’ultima promessa: “Ci risentiamo alla prima vittoria. In Liechtenstein la meritavamo, abbiamo giocato una partita come qui non erano abituati da anni. Peccato per quel gol annullato, ero un po’ avanti. Sogniamo questo successo, ma arriverà”. No, aspettate, non era l’unica: “Un figlio e la promozione in Eccellenza con il Chiesanuova, la mia squadra qui nelle Marche”. Suerte Dante.
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