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Data: 22/11/2019 -

Salernitana, Tudisco eroe al San Paolo: "Doppietta storica. Ho vissuto un sogno”

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A pochi giorni dal derby Juve Stabia-Salernitana abbiamo intervistato uno speciale doppio ex della sfida. Nel 1994 i due gol segnati in finale playoff di C1 contro i gialloblù consegnarono la B alla squadra di Delio Rossi
A pochi giorni dal derby Juve Stabia-Salernitana abbiamo intervistato uno speciale doppio ex della sfida. Nel 1994 i due gol segnati in finale playoff di C1 contro i gialloblù consegnarono la B alla squadra di Delio Rossi

Sogni e suggestioni. L’estate del 1994 è indimenticabile. Dal Genio Savicevic che scavalca Zubizarreta al pallone di Baggio finito in curva al Rose Bowl di Pasadena. In mezzo, un’altra data importante: 22 giugno. Per Salerno e la sua gente, una giornata storica. Niente Champions o Coppa del Mondo. Per Francesco Tudisco, ancor di più: “Un’emozione indimenticabile. Sono passati 25 anni – racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com -  ma è come se fosse ieri. Ci penso sempre e, ancora oggi, chiunque mi fermi per strada ricorda con affetto quei momenti”. Dalla C1 alla B, finale playoff. Promozione in palio contro la Juve Stabia, sul campo neutro del San Paolo. Un derby nel derby. Tudisco fa doppietta, Breda chiude i giochi: è 3-0. La Salernitana vola: “Ho vissuto un sogno. Auguro a chiunque ami il calcio di giocare e segnare in una finale in quello stadio. Probabilmente il momento più bello della mia carriera”. 

Uno strano mercoledì d’estate, di quelli di studio intenso per i giovani maturandi. Eppure allo stadio decine di migliaia di salernitani occuparono la curva B per trascinare gli eroi granata: “Contro l’Udinese, alla prima stagionale in Coppa Italia, all’Arechi c’erano poco meno di 2000 spettatori. Contro la Juve Stabia erano in 40000 allo stadio. Grazie al credo zemaniano di Delio Rossi e alle nostre prestazioni abbiamo fatto innamorare i tifosi”. 

Napoli, per un pomeriggio, si è tinta di granata. Poi in piena notte la festa all’Arechi: “Lo stadio era strapieno. Tutti ci abbracciavano e ci baciavano. Non ho dormito tutta la notte”. Per festeggiare e per soccorrere il compagno Grimaudo: “Mi chiamò alle 4 del mattino, la sua auto si era fermata in tangenziale. Aveva dimenticato di fare il pieno di benzina. Dovetti andare a prenderlo per portarlo a Salerno”. 

Tudisco, uomo spogliatoio. Dentro e fuori dal campo. In granata dal ’92 al ’97, per due stagioni anche capitano: “Dopo gli allenamenti molti compagni venivano a casa mia. Chi giocava meno voleva dei consigli e io ero felice di darli. Fortificavo il gruppo”. Il vero portavoce della squadra: “E’ capitato che Delio Rossi mi chiamasse quando non arrivavano i risultati, per chiedermi come stesse la squadra e cosa fare per migliorare il morale di tutti. Lui era un allenatore carismatico, ma molto silenzioso. Preferiva avere un rapporto molto distaccato con noi giocatori”. 

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A Salerno un gruppo solido e strutturato. In granata Tudisco ha conosciuto due colonne portanti dell’attuale Juve Stabia: il vice allenatore Ciro Ferrara e il direttore sportivo Ciro Polito: “Ferrara era simpaticissimo, io ero molto giovane e quando arrivai nel ’92 cercò di mettermi subito a mio agio. Polito, invece, fu promosso in prima squadra nel ’97. Ci fermavamo spesso sul campo dopo gli allenamenti, provava a parare le mie conclusioni ma non ci riusciva mai. Gli dicevo che sarebbe arrivato in Serie A. Avevo ragione”. 

Dopo cinque stagioni alla Salernitana, la decisione di andare via. Nell’anno in cui i granata di Delio Rossi conquistarono la storica promozione in Serie A: “Giocai contro i miei ex compagni in quella stagione, con le maglie di Reggiana e Fidelis Andria. E’ stata una scelta sbagliata andare via. Non sono più riuscito a ritrovarmi, eppure avevo ancora 29 anni”. 

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Il legame con Salerno è sempre stato forte. Tudisco non ha mai abbandonato la città, anche quando giocava in giro per l’Italia. Prima di dire addio al calcio giocato ha anche deciso di avvicinarsi a casa, vestendo la maglia della Juve Stabia. Dall'Arechi al Menti, divisi da appena 40 chilometri: “Era il 1999, fu un anno sciagurato. La squadra era allestita per vincere il campionato di C1 e invece retrocesse. A metà stagione decisero di mettermi fuori rosa”. L’anno seguente, la parentesi Avellino:Ritrovai Polito e conobbi De Zerbi, Bucaro e Ignoffo. C’era anche Mascara, che si lamentava perché Ammazzalorso non lo faceva giocare. Gli dicevo di lavorare a testa bassa e migliorare. Mi ha ascoltato ed è arrivato in alto”. 

Nel 2001, a 33 anni, Tudisco ha detto stop al calcio giocato: “Potevo continuare, ma ho preso una decisione affrettata. Come tante altre nella mia carriera dopo la Salernitana. Oggi faccio l’allenatore, attualmente sono senza squadra. E ricopro il ruolo di responsabile tecnico della Polisportiva Locubia, una scuola calcio di Salerno”. La città che gli ha dato tutto. Successo, famiglia ed emozioni. Dopo quel 22 giugno 1994, Tudisco non ha mai più lasciato quella che è diventata casa. Altro che Champions e Coppa del Mondo, la sua doppietta ha segnato la storia del club granata. In un derby nel derby. A Salerno, dopo 25 anni, tutti ancora ne parlano.

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Tags: Serie B



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