Un calciatore, nella sua carriera, vive tante difficoltà. Ma nessun momento sarà doloroso come la fine, quando capisci che è il momento di appendere le scarpette al chiodo. O meglio, nel caso in questione, i guantoni. Ma Ciro Polito, ex portiere di Serie A, fa eccezione. Ora è direttore dell’area tecnica della Juve Stabia, capolista del girone C di Lega Pro. “E il campo proprio non mi manca - racconta in esclusiva a GianlucaDiMarzio.com - Sarà perché mi piace quello che ho iniziato a fare. Anche quando guardo i ragazzi che si allenano, non mi è mai capitato di avere la tentazione di mettere i guantoni e giocare”. Insomma, Polito ha capito che era arrivato il momento di inseguire un’altra strada e, con grande serenità, al termine della scorsa stagione ha chiuso la sua carriera da calciatore proprio alla Juve Stabia, dove invece ha iniziato il percorso da dirigente. “Sono arrivato a fine carriera bene, magari avrei potuto fare qualche altro anno ma preferisco smettere dando ancora l’impressione di stare in forma. Poi avevo già deciso di fare il direttore sportivo, questo mi ha aiutato a lasciare. Da anni mi vedo in questo ruolo. Anche quando ero a Sassuolo, ero più un uomo spogliatoio ed un riferimento per Di Francesco e la società. Non ho giocato molto ma ho fatto parte di un gruppo importantissimo, così come accaduto anche all’Atalanta in precedenza. Sono esperienze che mi hanno aiutato a crescere, che mi hanno rafforzato aiutandomi ad intraprendere questo nuovo ruolo da direttore dell’area tecnica della Juve Stabia”.
E allora gli anni da calciatore restano un piacevolissimo ricordo. A partire dall’ultima esperienza in Serie A, a Sassuolo: “E’ una grande realtà, migliorata negli anni. Arrivai insieme a Paolo Cannavaro nell’ultimo giorno del mercato invernale, quando il Sassuolo era penultimo. E mi chiesero di dare esperienza e forza allo spogliatoio. Quell’anno veramente facemmo un recupero straordinario. Mi ricordo che la mattina, in ritiro, rompevo le porte a calci alle 7 di mattina per far svegliare i miei compagni. Proprio per cercare di dare la giusta carica, perché per noi ogni partita era la vita. Da lì il Sassuolo è continuato a crescere e lo farà sempre di più”. E in Serie A ha vissuto altre esperienze importanti, come quelle con Atalanta e Catania. In molti, però, lo ricordano per un episodio accaduto in Serie B: “A Pescara, ho avuto la fortuna di parare un rigore a Del Piero. L’anno dopo, in Catania-Juventus in Serie A, eravamo in vantaggio e all’89’ fu concesso un calcio di rigore ai bianconeri. Questa volta, però, Del Piero mi fece gol. E Buffon, a fine partita, venne a dirmi ‘Ciro avevamo paura di te, ero sicuro che avresti parato anche questo rigore’. Sono episodi che non puoi dimenticare. Buffon che ti chiama per nome e ti dice queste cose, è un piacere. In pratica la gente si ricorda di Polito per quel rigore parato e non perché ho giocato in Serie A”. Un episodio speciale, per lo stesso Polito ma anche per Del Piero: “Sì, perché dopo quella volta lui modificò modo di calciare i rigori. Forse sono stato io, con quell’intervento, a convincerlo a cambiare”. Ricordi positivi, certo. Ma il calcio, a volte, riserva anche episodi negativi. “A Catania ebbi una tremenda litigata con Zenga. L’ho anche pagata abbastanza, perché poi lasciai la squadra. Sono scelte che fai al momento, magari poi ti ritrovi a pensare e ti penti. E’ un rimpianto, perché a Catania ero un’istituzione dopo sei anni e una promozione in Serie A. Lo Monaco mi diceva sempre che sarebbero passati calciatori e allenatori, ma che per Polito ci sarebbe sempre stato posto. Zenga però scelse Bizzarri, essendo un istintivo decisi di andare via lasciando una città che era ed è ancora cosa mia”.
Gran parte della sua vita, Polito, l’ha dedicata al calcio. Ma fino ai 14 anni… “Preferivo i cavalli, volevo fare il fantino. Sono anche andato ad Agnano per provare ma mi dissero che prima dovevo pulire le stalle. Allora ho scelto il calcio, perché non mi andava di raccogliere la cacca dei cavalli”.
E ora la Juve Stabia, nei nuovi panni da dirigente. “Questa è una società a circuito familiare, iniziando dal presidente fino all’ultimo dei collaboratori. L’ho capito sin dal giorno in cui sono venuto a Castellammare per firmare il contratto da calciatore. In quell’occasione, per pranzo, ci portarono delle pizzette. Questo ti dà subito l’impressione di una società familiarizzata, formata da persone pure e professionali. Per cui, anche quando quest’anno ho iniziato da dirigente in punta di piedi, ho avuto la possibilità di partecipare alla costruzione di una squadra che sta facendo benissimo. E ringrazio per questa possibilità Roberto Amodio, il dg Clemente Filippi e il presidente Manniello, che mi hanno dato grande fiducia”. L’intuizione migliore? Sicuramente Alessandro Mastalli, strappato a titolo definitivo al Milan dopo aver ricoperto i gradi di capitano degli Allievi e della Primavera rossonera: “Siamo stati avvantaggiati dal rapporto che ho con il Milan, poi gran parte del merito è del ragazzo che ha accettato questo progetto. I rossoneri hanno mantenuto il 50% della futura rivendita, dando a Mastalli la possibilità di crescere con i giusti step. Oggi tutti hanno voglia di arrivare subito mentre io dico sempre che è meglio un anno dopo ma per più tempo. Se poi Mastalli rispetterà le aspettative, il Milan potrà sempre riprenderlo”. E ora Castellammare sogna la Serie B: “Stiamo avendo anche un po’ di fortuna, ma questa parte da lontano. Abbiamo cercato un allenatore in grande anticipo, poi siamo stati bravi e competenti nella costruzione della squadra. Ma non abbiamo fatto ancora nulla, ho visto tanti campionati persi o vinti nella seconda parte. Continueremo così, umili e con rispetto per tutti gli avversari”.
Un passato da (quasi) fantino e da portiere professionista, ora un presente e un futuro da dirigente. La nuova vita di Ciro Polito, tra la favola Juve Stabia e quel sogno di riconquistare, anche fuori dal campo, il grande calcio di Serie A.