Il ritiro di squadra: le dinamiche spiegate da chi ne ha fatti 15 in un anno
Come funziona un ritiro di squadra? I dettagli e le dinamiche le abbiamo affrontate di persona con Alessandro Gaucci, dirigente, “esperto in materia”
È tempo di ritiri, per ben quattro squadre di Serie A, che finora non hanno rispettato gli obiettivi fissati a inizio anno: in pochissime ore, dopo l’undicesima giornata di campionato, Juventus, Udinese, Sampdoria e Cagliari hanno optato per ritrovare la serenità del gruppo con il classico ritiro di squadra.
Chi sicuramente conosce la “materia” è Alessandro Gaucci, dirigente, figlio di Luciano, l’ex storico presidente del Perugia, che a gianlucadimarzio.com ha raccontato le dinamiche e l’utilità di un ritiro, tra sorrisi, aneddoti e racconti, ricordando ciò che è stato durante il periodo da dirigente del Grifone.
IL RICORDO DEI RITIRI DEL PERUGIA
Gaucci ricorda con piacere il passato perugino, spiegando la sua visione del classico ritiro: “Per me esistono vari livelli di ritiro, li ho provati sulla mia pelle (ride, ndr). Nel 1991, quando ho iniziato a fare questo lavoro (con il Perugia in Serie C1 appena acquistato dal padre, allora vicepresidente della Roma, ndr), mio padre pensava che più i suoi giocatori sarebbero rimasti lontani dalle distrazioni, più avrebbero vinto“.
“Magari, alle volte era così. Capitava che decidessimo di fare una settimana di ritiro e la domenica dopo vincevamo: quindi il ritiro quasi diventava un must, diventava d’obbligo“, continua ancora Gaucci, ridendo, ricordando il pensiero dell’ex presidente biancorosso.
“Ci fu un anno in cui andammo 15 volte in ritiro, facemmo 15 settimane a Norcia. Ci conoscevano tutti ormai, eravamo diventati cittadini onorari“, confessa ridendo Gaucci. Però, poi, ha svelato il suo punto di vista: “Un numero di settimane di ritiro del genere diventa eccessivo, mi rendo conto. Ogni giocatore, comunque, ha una sua vita privata a cui badare“.
Poi, racconta: “Fu con Novellino allenatore nel 1992/93, in Serie C1, che andammo 15 volte in ritiro. Un’altra volta, con Galeone in panchina in Serie A, mio padre si arrabbiò per una sconfitta e mandò la squadra in ritiro in un albergo di camionisti. Un ritiro più che punitivo. A ripensarci, fa veramente ridere“.
PERCHÉ ANDARE A RITIRO?
L’utilità del ritiro di squadra, comunque, resta e non si perde: “Capitano quei momenti in cui le cose non vanno bene e allora prendersi una settimana per andare in ritiro e ritrovarsi è sempre una buona cosa. Però, ritengo che deve essere una cosa saltuaria, non la prenderei mai come ai vecchi tempi. Era davvero eccessivo“.
Alla base di quei numerosi ritiri del Perugia, spiega Alessandro Gaucci, c’era un pensiero del padre Luciano: “Tutti i ragazzi potevano godere comunque della possibilità di fare la ‘bella vita’, scappare, magari andare in discoteca, all’epoca. Lecito, assolutamente, ma magari poteva anche essere messa a rischio la propria incolumità fisica, o semplicemente si poteva arrivare stanchi all’allenamento del giorno dopo“.
“Mio padre cercava di evitare questo. Oggi, con l’avvento dei social, è molto più difficile trasgedire in tal senso“, ha ricordato Gaucci.
COME (NON) È CAMBIATO IL RITIRO NEGLI ANNI
I social e l’evoluzione tecnologica, poi, possono essere un fattore di rischio in più in un ritiro? Per la distrazione che possono portare, si intende: “Tutto può essere una distrazione in ritiro, anche se in un periodo di ritiro insieme ai compagni, in un albergo che dà tutti i servizi possibili e dove non si passa il tempo focalizzati 24 ore al giorno sul lavoro da svolgere, anche con le sedute psichiatriche di gruppo o altro, le distrazioni sono ammesse”.
“Magari sono cambiati i mezzi con cui uno può distrarsi. All’epoca c’erano le partite a carte o i giochi di società, le scommesse con il caffè pagato. Cose di questo tipo. Ora ci sono cellulari, videogiochi e computer. Sono cambiati i mezzi ma non cambia nulla nella dinamica di un ritiro, che resta sempre utile“.
E SULLE SQUADRE ATTUALMENTE IN RITIRO…
Gaucci, poi, ha offerto anche il suo pensiero sull’attuale Serie A e sulle squadre – oggi – finite in ritiro: “Non credo che l’attuale posizione della Juventus sia veritiera (ottavo posto con 15 punti, a -16 dalla vetta, ndr). Anche per la bella prestazione ieri sera in Champions io credo che possa rilanciarsi e guadagnare terreno“.
“Sampdoria e Udinese le vedo un po’ meglio rispetto al Cagliari, che invece vedo più in difficoltà rispetto agli altri anni, magari anche in relazione all’impatto del Covid nel calcio. Ha avuto anche un cambio d’allenatore. Per questi motivi metto il Cagliari dietro una Samp e Udinese, al momento. Ma parliamo sempre sulla carta, poi il campo è un’altra cosa“, ha chiuso il dirigente sportivo.
A cura di Lorenzo Gentile.