Vidago, piccolo villaggio nel comune di Chaves, è sempre stata nota per le sue acque termali. Curavano problemi digestivi, dicevano. Ne erano convinti perfino i monarchi portoghesi, che si barricavano dentro l’Hotel Palace. Da bambino Pedro Gonçalves si fermava ad ammirarlo mentre tornava da scuola con i libri sotto il braccio. Oggi è il nuovo talento dello Sporting Lisbona, in campionato ha segnato più di tutti (7 gol in sei giornate) e ha fatto dimenticare le magie di Bruno Fernandes, volato a Manchester. Per tutti è Pote, cioè pentola. Sua nonna l’ha sempre chiamato così, perché da piccolo era basso e tozzo. Ad esultare insieme a lui c’è anche Jorge Pires, che ora è il braccio destro di Jorge Mendes ma che ieri era semplicemente il vicino di casa di Pedro. Ha iniziato a gestirlo quando aveva appena 10 anni. Suo padre, d’altronde, era amico di quello del centrocampista classe 1998, famoso vigile del fuoco morto quando la moglie era incinta.
"Mister, ma chi è questo?"
I primi calci Pedro li ha tirati al Campo João de Oliveira, casa del Vidago. La mamma e il padre adottivo Joao lavoravano nella lavanderia del club e, fra un capo e l’altro, alzavano lo sguardo per sbirciare il figlio, che allenava la precisione mirando i pali della porta. Li centrava praticamente sempre, almeno 8 volte su 10. Nel 2008, a 10 anni, è passato al Chaves dove ha battuto tutti i record di gol. In una stagione ne segna 72, primato che resiste tutt’oggi. Succede però che la società più grande della regione, a causa della crisi, rischia di chiudere i battenti così che Jorge Pires, nel frattempo studente all’università di Braga, decide di portarlo allo Sporting. Pedro aveva 11 anni, il più piccolo fra i nuovi arrivati. Jaime Lima Leite, suo allenatore per cinque anni, lo mette subito alla prova: “Ti do 15 minuti, fammi vedere cosa sai fare”, lo provoca. Il risultato lo lascia a bocca aperta: tre gol, fra i quali anche un gran pallonetto: “Mister, ma chi è questo?”, gli chiedono alla fine i suoi giocatori.
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Fuori dal campo però è dura. Lo Sporting Braga, dieci anni fa, non aveva le strutture che ha adesso. Mancava la foresteria per il settore giovanile e Potinho viene così affidato ad una signora della città, a cui paga l’affitto per un posto letto e la colazione. Pranza e cena al ristorante, da solo. Sente la mancanza della famiglia, a casa riesce a tornare solo per le feste. Trascorre molti fine settimana dai genitori dei suoi compagni, un giorno arriva al campo in lacrime perché gli sono state rubate delle figurine. Spesso a consolarlo c’è Agostinho Oliveira, ex bandiera del Braga e Ct del Portogallo prima dell’arrivo di Scolari. E’ stata la persona più importante per la sua carriera. Il primo a dirgli chiaramente che il talento non basta per arrivare e che si sarebbe dovuto allenare con più impegno. Quando Agostinho lascia il club, lo Sporting Braga smette di guardare Potinho con gli stessi occhi. Ormai ha 17 anni, ma ancora un contratto di formazione. Troppo poco per chi desidera aiutare economicamente la famiglia.
Valencia, Wolves e la rinascita al Famalicao
Nel 2015 ecco dunque il passaggio al Valencia. In prima squadra ci sono Nuno Espirito Santo e diversi portoghesi, Ruben Vezo, Cancelo e André Gomes. In due anni però non riesce mai ad esordire con i grandi. Nel 2017 arriva una proposta più ricca dal Wolverhampton, colonia iberica in Inghilterra. Qui gioca con l’U21, con l’U23 ma appena 20’ in Coppa di Lega con la prima squadra, dove è chiuso dai suoi idoli Moutinho e Ruben Neves, a casa del quale si trasferisce per tre mesi. Un giorno gli squilla il cellulare, dall’altra parte c’è Joao Pedro Sousa, suo allenatore al Braga: “Vieni con me al Famalicao?”, gli chiede. Il resto è storia recente. La scorsa stagione è stato fra i protagonisti della fantastica cavalcata del club che, a tratti, è stato addirittura primo in classifica, prima di veder sfuggire la qualificazione all’Europa League solo all’ultima giornata. Pedro segna sette gol in 40 partite, venendo nominato miglior passatore del campionato. Da mezzala viene spostato trequartista, una mossa che convince lo Sporting Lisbona a investire 6,5 milioni di euro per il 50% del cartellino.
Quante somiglianze con Bruno Fernandes
Un destro che incanta, classico giocatore portoghese piccolo (1,73 metri di altezza) e tecnico. Ruben Amorim ha scelto di impiegarlo dietro la punta nel suo 3-4-2-1, in coppia o con Nuno Santos o con Tiago Tomas. La posizione, insomma, che fu proprio di Bruno Fernandes. Quante somiglianze fra i due: entrambi, giovanissimi, sono andati all’estero – Bruno in Italia a 18 anni, lui in Spagna a 17 – ed entrambi sono tornati in patria da semi sconosciuti, con il primo che arrivò allo Sporting dopo l’anno alla Samp e il secondo al Famelicao dalle riserve del Wolves: “L’importante è il gruppo, io sono solo uno che sta avendo la fortuna di segnare”, ha spiegato con umiltà Pedro, che nel frattempo è stato convocato anche dall'U21 del Portogallo. Lo Sporting, terza squadra più giovane del campionato, non lo vince dal 2002, dalla scarpa d’oro di Jardel, che segnò 42 gol l’anno precedente alla prima annata da professionista di Ronaldo: “Una pentola di talento”, viene chiamato ora Pedro, nominato giocatore del mese sia a ottobre che a novembre. Grazie a lui lo Sporting è primo in classifica, a quattro punti di vantaggio sul Braga secondo. Da quelle parti, probabilmente, si staranno mangiando le mani.