Bastano sei secondi per rendere immortale la carriera di un calciatore. Non importa se non si ripeteranno mai più, così belli. Bastano quei sei secondi: il punto più alto della vita sportiva di una città sparita dal grande calcio. I 360 secondi in cui un giovane barese dribblò tre volte Franco Baresi. Mettendolo a sedere e segnando il momentaneo 2-0 di un Taranto-Milan finito con una vittoria mai dimenticata. Era il 7 dicembre del 1980, il suo nome è Nicola Cassano e oggi ha 61 anni. Faticherete a trovarlo su Google, ma nella mente dei 20mila tarantini che c’erano, il suo slalom sarà sempre un tatuaggio della memoria: “Qualche giorno fa un mio amico sordomuto mi ha mandato il video di quella partita. Si chiama Mimmo e mi ha scritto di guardare quelle immagini. L’ho ringraziato tanto, ma ho risposto che ora ho soddisfazioni più grandi rispetto a quel giorno”, racconta Cassano a gianlucadimarzio.com.
"TRASPORTO I DIALIZZATI"
La sua felicità oggi è occuparsi di anziani. “Faccio il volontario. Trasporto soprattutto i dializzati, aiuto la gente che ha bisogno. Non c’è cosa che mi abbia mai dato così tanta gioia. Neanche il gol al Milan”. La sua squadra oggi è un’associazione: si chiama Santa Maria Onlus di Monopoli. Non si tolgono mai la tuta, ma sono sempre in campo. Adesso più che mai: “Quello che sto vedendo in queste settimane è difficile da spiegare. È peggio di come viene raccontato. Vedi le persone morire e ti senti impotente. La settimana scorsa un primario di una clinica a Bari è scoppiato a piangere mentre parlavamo. Ma non molliamo, resistiamo”.
La vita lo ha reso difensore dei più deboli. C’è da fermare quest’assedio e magari bastasse una giocata di talento. Una di quelle che Nicola ha imparato a fare da piccolo: “Sono cresciuto a Bari vecchia, giocando per strada. Come l’altro Cassano, che conosco solo di vista. Il dribbling ce l’ho sempre avuto nel sangue e quel giorno feci un gol che non si può dimenticare. Ma veramente sono passati quarant’anni?”.
"QUELLA SERA A BARI VECCHIA"
Nicola non vive di ricordi né di cimeli. La maglia di quel giorno l’ha regalata, “come tutto il resto. Neanche un pantaloncino ho più”. Non conserva foto, ma solo brevi flash della mente: “Il momento più bello di quel giorno fu tornare la sera a Bari, in mezzo ai miei amici di sempre. Tutti milanisti, come me”. Ah. “E certo, infatti un po’ ero anche dispiaciuto. Arrivai nel quartiere e mi stavano tutti aspettando. All’inizio mi dissero qualche insulto in dialetto, poi mi abbracciarono e facemmo festa con qualche granita e i pasticcini”. Più o meno la stessa accoglienza che gli riservò Baresi nel ritiro dell’under 21: “L’allenatore era Valcareggi. Baresi mi vide e mi fece segno bonariamente di andarmene a quel paese. È sempre stato un campione in tutto”.
Sempre, a parte quel 7 dicembre di quarant’anni fa. Il giorno di Taranto-Milan 3-0, con doppietta di Bortolo Mutti a completare l’impresa. “Il nostro allenatore era Seghedoni. La settimana prima avevamo vinto a Ferrara con la Spal e chiesi di andare qualche giorno dai parenti a Treviso. Me lo vietò dicendomi che c’era da pensare al Milan. Menomale, ha avuto ragione”. Riguardando quel gol, sembra incredibile che un talento del genere sia stato disperso nei rivoli del calcio minore. “Te lo dico io perché: mi hanno rovinato gli infortuni. Poche settimane dopo la partita col Milan, mi feci uno strappo al quadricipite. Doveva essere una cosa banale. E invece sono stato fuori 4 mesi. Non capivano come curarlo, qualcuno mi disse che forse dovevo smettere. Sai dove li mandai…”.
"IL MIO CALCIO ERA TUNNEL E DRIBBLING"
Stesso gesto di Baresi, ma non per scherzo. Poi però ci fu anche una frattura al malleolo, la retrocessione del Taranto e la migrazione nei campionati di C: “Avevo fatto le giovanili a Napoli vincendo tantissimo e ho continuato a farlo nelle serie minori. Purtroppo i treni giusti li ho persi, ma mi sono divertito sempre. Per me il calcio è sempre stato quello: un dribbling, un tunnel, una finta. Ero uno che spaccava le partite, come disse Mutti in un’intervista a Dribbling”.
Programma bellissimo del compianto Gianfranco De Laurentis, titolo perfetto per il calcio di Cassano, che dopo Taranto passò da Prato, Asti, Nola e Altamura. Non dribblò mai più Baresi, ma all’inizio del 2000 aprì un’azienda di autotrasporti: “Solo furgoni e piccoli carichi, quasi 15 anni di attività. Quando andavo in giro, capitava di fermarsi a Taranto, magari anche solo per fare benzina. E spesso qualcuno sgranava gli occhi. Lo anticipavo e gli offrivo un caffè volentieri. Nella parte del divo non ci so stare, sono sempre rimasto lo stesso ragazzo cresciuto a Bari vecchia”.
Come l’altro Cassano, che all’epoca del gol di Nicola contro il Milan doveva ancora nascere. Tra Bari vecchia e lo stadio Iacovone di Taranto sono 101 chilometri. Quarant’anni fa Cassano avrebbe potuto percorrerli palla al piede, scartando tutti. “Bei momenti, ma oggi quando inizia una giornata so che aiuterò davvero chi ha bisogno. E questo è il mio unico vanto”. Dribbling e gol, signor Cassano. Aspettando il momento in cui il boato di 20mila tifosi sovrasterà il suono di una sirena.