Ci ha lavorato per giorni. In attesa di essere pronto. Un modulo, in effetti, non è solo questione di numeri: serve abitudine, ripetitività, applicazione. E anche la giusta disposizione di quelli che vanno in campo. Walter Mazzarri, però, questa semifinale di Supercoppa contro la Fiorentina a Riyadh se l’è studiata proprio bene: “Avevo visto il ko in campionato. Il Napoli era al completo e aveva sofferto, solo facendo così avremmo potuto rispondere al loro gioco” svelerà poi al fischio finale. Roba da allenatori, quelli di un tempo, quelli che non amano nulla se non il campo.
Mazzarri, come rinasce la difesa a 3 che lancia il Napoli in Supercoppa
E il Mazzarri delle ultime settimane a Napoli sembra essere finalmente tornato in sé, con le condizioni che tutto intorno lo aiutano: la vittoria contro la Salernitana in pieno recupero è proprio un successo alla “Mazzarri-maniera”, arrivata dopo una settimana di ritiro quasi piena. Allenamenti e riposo, riposo e allenamenti. Il campo, sempre, come piace a lui. “Ho goduto a stare in ritiro” ammetterà. Non che ce ne fosse bisogno, ovviamente.
Il 3-4-3 visto in partenza contro la Fiorentina in Supercoppa arriva da lontano. Mazzarri ha capito che il Napoli dello scorso anno non esiste più: non potrebbe essere altrimenti senza quell’allenatore, quei calciatori, quel ciclo. Non c’è nulla di male a cambiare le cose. “Un allenatore bravo deve cucire il vestito migliore addosso ai calciatori che ha” ha detto il toscano. Beata verità. Che è tornato a fare le cose che gli piacciono di più, aiutato anche dalle necessità: Demme e Anguissa out, Cajuste a mezzo servizio, Zielinski tra mercato e problemi fisici ancora da superare. Serviva qualche innovazione. Quella che aveva già fatto vedere un po’ a Torino e un po’ contro la Salernitana. È tornata la sua difesa a 3, prima con Di Lorenzo e poi con tre centrali puri. È tornato il suo modo di interpretare il calcio: baricentro basso, possesso e ripartenza, i “braccetti” a staccarsi e il gioco tra le linee. È tornata anche una vera prima punta: il gol di Simeone è l’esegesi perfetta del calcio mazzarriano.
Il mercato, poi, ha fatto la sua parte. Mazzocchi regala a Walter la possibilità di mischiare le carte, interpreti duttili come Zerbin gli permettono di avere più carte nel mazzo. E anche la sorte poi gira dalla sua parte quando Ikone spara altissimo un rigore che avrebbe potuto cambiare il corso degli eventi. Ma sulla difesa a tre vista ieri ci sta lavorando da settimane: la squadra non sembrava pronta fino a qualche partita fa, non è facile sradicare dalla testa un meccanismo che sembrava perfetto fino a qualche mese fa, poi è cambiato tutto. “O la va o la perdo” avrà pensato. Adesso la domanda ricorrente per Mazzarri sarà una sola: riproporre il modulo visto contro la Fiorentina anche in finale, contro Lazio o Inter? “Ci tornerei a giocare a quattro, ma il Napoli dell’anno scorso oggi non c’è”. Senza Kim, Elmas e Lozano andati via, senza Anguissa, Olivera, senza Osimhen soprattutto. Un nuovo ciclo riparte anche da un nuovo modulo, quello a Mazzarri da San Vincenzo piace da sempre.