Si scrive Horður ma si pronuncia “Hur-thur”. Parole sue: “Non è facile dire il mio nome, sbagliano in tanti”. Sia in Russia che in Italia, una seconda casa: “Quanto mi manca! Il tempo, la cultura… il cibo!”. Come dargli torto. Hordur Magnusson oggi gioca nel CSKA Mosca e lo fa bene, 7 presenze in campionato prima di un piccolo infortunio: “Ora ho recuperato”.
Pronto per la Champions e per la Roma, squadra che ha sempre tifato: “La seguo tutt’ora, anche se il mio idolo non gioca più…”. Francesco Totti, capitano immortale, già incontrato ai tempi del Cesena durante una sfida all’Olimpico nel 2014: “Presi la sua maglia, lui non giocò ma me lo ricordo come se fosse ieri. Non riuscii a parlarci, spero di farlo martedì, sarà la chiacchierata più lunga di sempre”. Forse gli dirà che una volta ha perfino calciato un rigore col “cucchiaio” come lui.
Una ragazzata: “Ero nelle giovanili del Fram Reykjavik, non ero ancora un calciatore professionista, ma lo farò di nuovo. Promesso!”. Sperando di fare bella figura e metterla dentro.
BUFFON CALLING
Magnusson riapre il libro dei ricordi e si racconta in esclusiva su Gianlucadimarzio.com, prima della sfida in Champions contro i giallorossi. Tosta e decisiva per entrambi: “Abbiamo battuto 1-0 il Real Madrid, ci stiamo preparando anche per la Roma”. Lui, l’Islanda, i Mondiale e l’arrivo alla Juve nel 2011. Un ragazzino che doveva ambientarsi. Alto, snello e biondissimo (islandese doc), tant’è che il suo soprannome era proprio questo: “Il biondo, mi chiamavano così”. Non conosceva nessuno, non parlava italiano, i suoi genitori erano lontani.
Nel portafoglio aveva soltanto una foto con Buffon – altro idolo di vita – scattata a 9 anni e nella sua città, durante un’amichevole tra Islanda e Italia: “È assurdo, pensai! Dieci anni prima ero un bambino come tanti vicino al suo eroe, ora mi sarei allenato insieme a lui. Ogni tanto dovevo darmi qualche pizzico, non ci credevo”. La Juve “lo notò in un torneo a 17 anni e lo portò in Italia in un baleno”. Niente esordio, ma un ritiro coi grandi: “Chiellini mi dava tanti consigli, è stato un onore allenarmi con lui”.
ISLANDA&CSKA
Oggi “il Biondo” ha 25 anni e lo chiamano ancora così, anche se ha giocato tre gare da titolare nell’ultimo Mondiale pareggiando 1-1 contro l’Argentina di Leo Messi. Magnusson centrale difensivo, la Pulga a secco: “È stato uno dei giorni più belli vissuti con l’Islanda. Concessi io il rigore, ma il portiere parò. Li studiammo davvero bene”.
Goncharenko sta facendo lo stesso con la Roma, il CSKA vuole sfatare il tabù trasferta (una sola vittoria nelle ultime 15 gare europee): “Siamo una squadra giovane, quadrata, guardiamo tutti nella stessa direzione. Contro il Real abbiamo giocato la gara perfetta, il nostro segreto è questo”. Magnusson si è subito ambientato: “In estate ho ricevuto qualche offerta dall’Italia ma ho scelto il CSKA perché è una squadra ambiziosa, storica e con grande tradizione. Mosca è una città stupenda e si vive bene”. Clima simile all’Islanda poi, questione di abitudine: “Non è un problema per me”.
Facile per Hordur, un po’ meno per Abel Hernandez, ex attaccante del Palermo arrivato al CSKA proprio in estate. Da Mondello all’Uruguay, poco freddo e tanto sole: “Gli presterò una giacca islandese!”. Caldissima.
Magnusson sorride, poi torna a parlare dell’Italia: “Ricordo l’affetto della gente, sempre pronti ad aiutarmi”. Due anni in Primavera con la Juve (2011-13), una stagione in B con lo Spezia (2013/14) e infine 40 presenze tra A e B con il Cesena (2014/16). Poi un volo di sola andata per l’Inghilterra: “E’ sempre stato il mio sogno giocare in Italia, forse un giorno tornerò, ma non potevo rifiutare il Bristol. Oggi seguo sia la Roma che la Juve, e credo che Cristiano Ronaldo vincerà la classifica marcatori”.
Due anni da titolare in Champioship prima della Russia. E la Champions. Testa a Dzeko, non sarà semplice fermarlo: “Chiederò qualche consiglio al mio amico Djuric (oggi attaccante della Salernitana, i due si sono conosciuti a Cesena). Edin è uno dei bomber più forti che ci sono, sarà dura ma siamo pronti. Non vedo l’ora di giocare contro di lui”. E anche di parlare un po’ con Totti, magari a fine gara, in quella lunga chiacchierata sfuggita anni fa, per farsi raccontare i segreti del cucchiaio.