Cambiare tutto, per rialzarsi. Adesso Moreno Longo alza la voce. In tutti i sensi: basta avvicinarsi al Filadelfia. Anche quando piove, e di acqua a Torino ne sta scendendo parecchia in questi giorni, e si sentono subito tante urla. Le sue, prima. Poi quelle dei giocatori. “Passala! Girala! Lancia subito!”. Ogni tanto, un “Mia!”. Portieri, ma anche gli altri: intensità alta, perché è quello di cui il Torino ha bisogno.
Rosa corta, infortuni gravi, e la percezione che qualcosa occorra fare, per il nuovo obiettivo che mai l’ambiente pensava di dover tornare a vivere. La salvezza si conquista cambiando qualcosa e Longo, che si gioca anche la permanenza, vuole metterci del suo: basta difesa a tre, si torna a quattro.
Tra le mura del Filadelfia si lavora non soltanto per il recupero della fase atletica (ma le tegole Baselli e Verdi fanno davvero male), ma anche per dare ai tifosi, a distanza, un Torino tutto diverso. Era nato per il 3-5-2, si trasformerà in 4-3-3. Forse già con il Parma. Negli ultimi allenamenti, infatti, Longo ha provato più volte la nuova difesa: due mini squadre nelle partitelle tattiche, con quattro giocatori davanti a Sirigu e altri quattro davanti a Ujkani o Rosati. Una svolta, nel suo piccolo, epocale: mai quest’anno il Torino aveva cominciato così. Solo qualche spezzone di partita, nei momenti in cui serviva attaccare di più e difendere di meno.
Recuperare l'autostima
L’obiettivo dell’allenatore è quello: spingere avanti la squadra. “A noi manca l’autostima, dobbiamo recuperarla”, ha dichiarato di recente e continua a ripetere ai giocatori. Ed è quello che sta cercando di fare con il gruppo, puntando sui giovani che adesso intravedono davvero la possibilità di giocare: Edera, Millico, ma anche Adopo, che ha già esordito e che vista la crisi a centrocampo potrà avere più di una possibilità. Con i giovani, Longo è abituato. Con la difesa a quattro, pure. Il Torino che darà il via alla “nuova” Serie A (il calendario), cambia pelle. Con l’obiettivo di trasformare le grida del Filadelfia in un urlo liberatorio al termine di una stagione difficile, ma non (ancora) maledetta.