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Data: 11/02/2019 -

Luis Alberto, ricordi da Siviglia: "In 10' capimmo di aver preso un talento"

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Lazio-Siviglia sarà la partita di Luis Alberto, il presente sfida il passato. Abbiamo intervistato il suo primo allenatore a San José del Valle - il paese dove è cresciuto - e l'osservatore che lo portò a Siviglia: "Per qualche mese si è fatto 230 km avanti e indietro pur di venirsi ad allenare con noi"
Lazio-Siviglia sarà la partita di Luis Alberto, il presente sfida il passato. Abbiamo intervistato il suo primo allenatore a San José del Valle - il paese dove è cresciuto - e l'osservatore che lo portò a Siviglia: "Per qualche mese si è fatto 230 km avanti e indietro pur di venirsi ad allenare con noi"

Il cuore emoziona, trasmette e non mente, immagina. Si riflette in uno sguardo fuori dal finestrino mentre chi ti ha visto crescere racconta chi sei: “Talento, intelligenza, volontà. Si faceva 230 chilometri per allenarsi”. Stavolta il cuore ricorda, sussurra e ti dice “ok, sacrifici ripagati”. Perché se Luis Alberto chiude gli occhi ricorda una macchina sgangherata, vede mamma Loli guidare verso Siviglia mentre manda un messaggio a papà: “Torno tardi, tu fai da mangiare”.

Dopo 15 anni la strada è cambiata, il raccordo di Roma ha sostituito l’autopista del Sur. Al posto della macchina c’è il pullman della Lazio che viaggia verso l’Olimpico, e da quel finestrino vede tutta la sua storia. All’orizzonte c’è San José del Valle, casa sua, 5000 abitanti e un campo di fango dov’era il più forte: “Per noi resterà sempre il Chavo”. Quello che giocava tra i vicoli: “Gli davi un pallone e restava in strada, da solo, a calciare contro il muro”.



O a sognare giornate come giovedì: “Lo abbiamo visto crescere”. Stavolta il cuore tradisce e rende nota l’emozione: Lazio-Siviglia sarà la partita di Luis Alberto, il Chavo del passato che incontra il Mago del presente, sfidando il suo primo amore a San Valentino. Un segno del destino. Oggi gli occhi di chi l’ha visto da bambino lo guardano da grande, e fanno il tifo per lui: Miguel Angel Rondan e José Luis Calderon, l’allenatore che scoprì Luis Alberto in quel campo di fango e l’osservatore che lo portò a Siviglia quando aveva 12 anni. Noi di gianlucadimarzio.com li abbiamo intervistati, e i due ci hanno raccontato la storia del Chavo.


LA PARTITA DI LUIS ALBERTO



Fin dalla prima risposta capiamo il suo coinvolgimento: “Per Luis Alberto ci sono sempre!”. Disponibile, emozionato, José parlerebbe per ore. E quando gli chiediamo un primo pensiero per descrivere il ragazzo lo fotografa così: “Viveva per il pallone, impossibile staccarlo da lì”. Mentre Miguel si lascia andare: “Visione di gioco, assist, fantasia, creatività. Era il più piccolo ma andava sempre a giocare con i grandi. Ha sempre avuto una grande forza mentale”.

Scoprirlo è stato facile, parola a José: “Non dimenticherò mai la partita in cui l’ho visto per la prima volta”. Il vaso di Luis Alberto si riapre: “Andai a Jerez de la Frontera per guardare una gara dello Jerez Alternativa, la sua prima squadra prima di arrivare a Siviglia. Giocavano contro Los Amigos de la Cruz Roja, era un campo a 7, e in 10 minuti capii di avere tra le mani un talento”.


IL COLPO DI FULMINE DEL DIEZ



Colpo di fulmine: “Dopo la gara parlai con il presidente, invitammo Luis a vedere le nostre strutture e ad allenarsi con l’Under 12”. Impossibile rifiutare: “Per un periodo giocò sia con noi che con la sua vecchia squadra, ma nel 2004 l’abbiamo portato a Siviglia”.

Tanti sacrifici: “Ogni giorno si faceva 230 km, ma nonostante questo veniva sempre ad allenarsi col sorriso. Voleva lavorare, migliorarsi, era consapevole del grande sforzo della sua famiglia”.

Il cuore dice Siviglia, ma anche San José del Valle: “Una volta giocammo un torneo a Roquetas del Mar (vicino Almeria) - racconta José - lo invitammo a partecipare con noi ma c’era anche la sua ex squadra. Non aveva ancora firmato ufficialmente quindi decise di stare con loro. Aveva qualche problemino alla caviglia, non giocò benissimo, ma durante ogni pasto, ogni pausa, ogni momento buono veniva in albergo da noi per dirci come stava. Vincemmo quel torneo, e il giorno dopo venne ad allenarsi a Siviglia”.


L'ORGOGLIO DI UN PAESE



Il rapporto con José è stato la chiave di tanti successi: “Quando vengo a Roma lo chiamo, ci sentiamo spesso! Siamo sempre stati in sintonia, anche nei momenti difficili, quando è venuto a vivere a Siviglia”. Loli non può più fare avanti e indietro, Luis Alberto si trasferisce nel centro sportivo: “Per un periodo ha avuto dei dubbi, verso i 15-16 anni. Giocava meno, era in difficoltà, ma gli ho sempre teso la mano, non l’ho mai lasciato solo”.

Come ha fatto Simone Inzaghi, e come faceva Miguel: “È il mio orgoglio, lo cito sempre come punto di riferimento per gli altri ragazzi”.

Nel 2010 esordisce in prima squadra contro il Real Union in Coppa del Re, il sogno della vita realizzato a 18 anni: “Il Siviglia l’ha formato, ma la Lazio è il club ideale per le sue qualità. Ora è maturo e gioca un calcio eccellente”. Soprattutto l’anno scorso, 21 assist e 12 gol. Rivelazione del campionato: “A Roma si trova bene ed è felice”. In estate ha preso la 10 di Felipe Anderson, un numero speciale: “L’ha sempre avuto!”. Fantasia da Diez.


"LUIS È UNO CHE CE L'HA FATTA"



Quand’era ragazzino qualche squadra si è fatta avanti: “L’hanno cercato sia all’estero che in Spagna, ma lui non voleva mollare, ha preferito continuare il suo percorso a Siviglia”. Senza dimenticare le origini, vero Miguel? “È uno di quelli che ce l’ha fatta, lo dico sempre”. E giovedì lo ricorderà a tutti, nel giorno di San Valentino, contro il primo amore che lo accolse anni fa, mentre da un finestrino osserva le macchine sul Raccordo. Anni fa c'era anche lui, il cuore non dimentica.



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