L'Italia ha raggiunto i quarti di finale di Euro2020 dopo una partita difficilissima contro l'Austria. 95 minuti di paura e sofferenza a cui non eravamo più abituati risolti dalla rete di Federico Chiesa, entrato a fine secondo tempo per risollevare con i suoi strappi le sorti di un match che ha fatto sudare freddo tutto il nostro Paese.
Una sconfitta avrebbe vanificato tutto ciò che di bello si era costruito finora: i trentuno risultati utili consecutivi, il nuovo record d’imbattibilità e l’entusiasmo che si era creato intorno alla Nazionale. Roberto Mancini, invece, ha scelto benissimo chi far entrare dalla panchina, d’altronde con un gruppo così è anche difficile fare la mossa sbagliata.
25 anni e 12 giorni dopo Enrico
Chiesa scalpitava sui seggiolini di Wembley e, dopo i 90 minuti contro il Galles, ha messo la sua prima firma in quest’Europeo superando finalmente il portiere austriaco Bachmann nei tempi supplementari. Chissà da quanto aspettava questo momento, chissà quante volte nel salotto di casa ha cercato di emulare il padre Enrico sperando un giorno di diventare come lui.
25 anni e 12 giorni dopo ce l’ha fatta. Come il papà ha segnato in una di quelle competizioni estive in cui l’Italia gioca abitualmente ogni due anni e che nel 2018 ci era tanto mancata. Nel 1996 Enrico aveva segnato contro la Repubblica Ceca e Federico doveva ancora nascere. Oggi sono l’unica coppia padre-figlio ad aver segnato in due edizioni diverse di un Europeo.
Era dal quarto di finale contro la Germania di Euro 2016 che non giocavamo una partita a eliminazione diretta ma quanto ci mancava soffrire così, tutti uniti verso un solo obiettivo, con l’angoscia che si è trasformata in estasi quando il 14 azzurro ha saltato Laimer al limite dell’area piccola scaraventando il pallone in rete per l’1-0 con una forza che probabilmente sentiva da tutta l’Italia.
Poi la corsa verso la bandierina, mani e occhi verso il cielo quasi a cercare una benedizione, arrivata subito dopo dai compagni che l’hanno sommerso in un'esultanza liberatoria: Chiesa con la sua grinta ci ha liberato dalla sofferenza, dimostrando che nei 26 di Mancini non conta quanto giochi, conta farsi trovare pronti.
Quanto ci mancava gioire così. L’Italia è tra le prime otto d’Europa e ora sotto con Belgio o Portogallo.