Non è che da lui te l’aspetti, solo che in qualche modo ti abitui. Matteo Darmian non è certo giocatore da copertine: non lo è mai stato, non ha mai voluto esserlo. Questione d’atteggiamento: pochissime parole, un sorriso sempre mezzo accennato. Prima che si aprisse un canale social, ci ha pensato per anni. Ricorda molto quella riservatezza lombarda che sembra burbera, ma che burbera non è. Semmai è concretezza, incisività: gliel’ha forgiata il Milan, ne sta godendo l’Inter.
Ma la storia di Matteo è sempre stata quella: ha cominciato a Torino a dimostrarlo, dove qualche copertina se l’è presa eccome. Di certo non per il lusso, o per l’ostentazione: nulla di tutto questo. Appartamento in centro, sì, ma sempre grande discrezione e riservatezza. In granata, con Ventura, è diventato a poco a poco un punto di riferimento, fino a diventare decisivo nel suo ultimo anno, prima di passare per oltre 20 milioni al Manchester United.
I gol decisivi di Darmian
Stagione 2014/2015, una delle migliori degli ultimi anni del club: Darmian segna un gol nel derby (che il Toro avrebbe vinto per 2-1, l’unico dell’era Cairo); ne realizza uno ancora più importante a Bilbao, per quella che sarebbe diventata una delle notti da leggenda. Il Torino, contro l’Athletic, in Europa League si gioca tutto nel ritorno dopo il 2-2 dell’andata: finirà 2-3 in Spagna. E nel tabellino c’è anche lui.
A Manchester gioca tanto soprattutto il primo anno (e Van Gaal lo elogia: “Ha delle conoscenze difensive che ho visto in pochi altri”), poi meno. Ed è così che torna in Italia. Parma è la prima tappa, ma quell’amore con Conte, che esisteva già quando Darmian era al Toro e l’allenatore alla Juve (i due si sono trovati poi in Nazionale), si riscalda. E all’Inter, ora, quel terzino di un piccolo paese vicino a Busto Arsizio, sta diventando l’uomo copertina.
Nelle ultime quattro partite, ha giocato tre volte, segnando due gol per l’1-0 al Cagliari e quello al Verona. Sei punti decisivi per arrivare allo scudetto, che adesso è davvero a un passo. È una copertina, altro che. E sui social, che usa sempre con parsimonia, limita anche le parole. Anzi, parla per immagini. Perché alla fine conta quello, non molto altro. Pochi gol, ma buonissimi. La regola è semplice, un po’ come quel sorriso che non ha cambiato mai. Ma che ne sta per regalare uno enorme, liberatorio, a tutta l’Inter.