Tecnico, veloce e imprevedibile in campo. Gentile, disponibile e sorridente fuori. A distanza di quasi 10 anni dalla sua morte e nel giorno del suo 47esimo compleanno, il ricordo di Carmelo Imbriani - dentro e fuori dal campo - è ancora più vivo che mai. E lo è grazie alle persone che gli hanno voluto bene e che oggi - in modi diversi - continuano a raccontare la sua storia. Chi con uno stadio intitolato, chi con la 7 sulle spalle e chi girando per il mondo, oggi la storia di Imbriani è nota in Italia e non.
Gli inizi al Napoli, il gol all'esordio da titolare e gli anni in C
Nativo di Benevento, ma cresciuto nel Napoli, Imbriani fa l'esordio in Serie A nel 1994, a 18 anni, lanciato in campo da Marcello Lippi. Il debutto da titolare, però, arriva poco più di un anno dopo: Boskov lo schiera in un Brescia-Napoli terminato 1-2 e Imbriani lo ripaga con un gol e un assist. In A non trova però mai continuità e nel '96 decide di fare due passi indietro, ripartendo dalla Serie C1.
Con le maglie di Pistoiese prima e Casarano poi, Imbriani riesce in due anni a mostrare tutto il proprio potenziale tecnico, giocando più di 50 partite e segnando tre gol. Prestazioni che gli valgono l'acquisto del Genoa a titolo definitivo, in Serie B.
Gli anni a Cosenza e il "ritorno a casa"
È però a Cosenza che Imbriani trova la sua prima comfort zone. Nella squadra calabrese, l'attaccante campano rimane tre anni, giocando quasi 50 partite ed entrando anche nel cuore dei tifosi cosentini grazie alle sue giocate in campo e i suoi modi "gentili" fuori. Nel 2002 però il "ritorno a casa", nella sua Benevento.
Da lì iniziò una storia durata sette anni e interrotta soltanto da due brevi parentesi tra Salernitana, Foggia e Catanzaro. Del Benevento, Imbriani ne è stato il capitano anche nel 2006, l'anno della rinascita dopo il fallimento. Circa 150 presenze, 5 gol e una scalata partita dalla Serie C2 e terminata con la promozione in Serie B tramite i playoff. A 33 anni, dopo la gara di ritorno dei playoff, Imbriani decide di ritirarsi e iniziare la carriera da allenatore.
Esperienza che inizia proprio sulla panchina degli Allievi nazionali del Benevento, dove Imbriani rimane dal 2009 al novembre del 2011, quando dopo l'esonero di Simonelli viene promosso ad allenatore della prima squadra giallorossa. Incarico che però sarà costretto a lasciare nel ritiro del 2012, quando inizia ad accusare i primi problemi di salute. Imbriani muore pochi mesi dopo, il 15 febbraio del 2013. Nel settembre del 2013, il Benevento gli ha intitolato l'antistadio in città e nello stesso anno - grazie all'attività dei familiari - è nata anche l'associazione "Imbriani non mollare".
Quando Gaich scelse la 7 per Imbriani
8 febbraio 2021. Era il giorno di Benevento-Sampdoria e ad assistere al match c'era anche Adolfo Gaich, ai tempi nuovo acquisto del club campano nella finestra di mercato invernale. In quel match, l'attaccante argentino vide uno striscione presente in Curva Sud: “Ci hai tenuti per mano e ci hai portato lontano. Auguri eterno capitano!”. Il riferimento è chiaramente a Carmelo Imbriani.
Oltre allo striscione, l’immagine dell’esultanza di Imbriani e un gigantesco numero 7. Da qui nasce la curiosità di Adolfo, che si è fatto spiegare la sua storia, per poi chiedere di cambiare numero di maglia. Dal 23 al 7, che è stato anche il primo numero usato quando ha iniziato a giocare a calcio nell'Unión de Bengolea. Quel giorno, ai microfoni di gianlucadimarzio.com, il fratello Gianpaolo dichiarò: "È stato un gesto forte che ha toccato il cuore della nostra famiglia, ci ha fatto molto piacere. Al di là di come andrà il calciatore, abbiamo apprezzato molto l’uomo e voglio sottolinearlo".
Questo è solo uno dei tanti di esempi di come il ricordo di Imbriani sia ancora vivo a Benevento e nel mondo, dove Gianpaolo ha continuato per anni a raccontare la storia di suo fratello. Anche a distanza di quasi 10 anni dalla sua morte.