The captain’s fall: da Icardi a Terry, quando la fascia cambia padrone
Motivi disciplinari, il peso della responsabilità, ma anche strategia di gruppo. De Rossi, Montolivo, Bruscolotti: storie di capitani degradati
Capitano, mio capitano. Anzi no. Il ribaltone in casa Inter, con la fascia passata da Icardi ad Handanovic, è arrivato in queste ore come un fulmine a ciel sereno. Leader, uomini simbolo, a volte semplici veterani: con quel distintivo al braccio, i capitani del pallone vengono spesso considerati giocatori intoccabili e super partes. A torto. Anche se la loro destituzione fa sempre scalpore: ecco chi ha condiviso lo stesso destino di Maurito.
Onore e onere: Montolivo e il Milan. Estate 2017, estate di rivoluzioni in casa rossonera: il rinnovo di Donnarumma, l’arrivo in pompa magna di Leonardo Bonucci. A cui viene subito affidata la fascia di capitano, fino ad allora a Riccardo Montolivo. Un passaggio di consegne sbrigativo. Forse troppo: a ottobre il Milan e Bonucci sono nella bufera e l’ex juventino è pronto a restituire la fascia al centrocampista. Che rifiuta, dopo aver disputato una convincente prima parte di stagione. Senza il peso della responsabilità.
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Tassa da pagare: De Rossi e la Roma. Nel settembre 2016 il capitano ufficiale della squadra è naturalmente Francesco Totti, in quel
periodo fuori per infortunio. Ne fa le veci, come sempre, Daniele De Rossi. Ma l’ingenua espulsione rimediata nei
preliminari di Champions
contro il Porto, che costò alla squadra
l’eliminazione, porta Luciano Spalletti a decidere di degradarlo. Punizione temporanea, con la fascia passata a
Florenzi per le
successive tre gare e poi ripresa dal centrocampista classe ’83.
Recidivo: Terry e l’Inghilterra. Pilastro in difesa come pochi, capitano esemplare un po’ meno. Con Fabio Capello alla guida dell’Inghiterra, nel febbraio 2010 scoppia lo scandalo attorno a John Terry per la relazione extraconiugale vissuta
con la compagna di Wayne Bridge, ex collega di nazionale dello storico
leader del Chelsea. L’allenatore italiano e la Federazione non hanno dubbi: gradi di capitano passati prima a Rio Ferdinand e
poi ad altri giocatori esperti. Dopo un anno di prestazioni modello tuttavia, lo stesso Capello riconsegnerà la fascia a Terry. Sarà un canto del cigno: nel 2012 gli insulti razzisti di JT nei confronti di Anton Ferdinand durante Chelsea-QPR costeranno al difensore sia leadership che nazionale. E stavolta niente rehab.
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Mossa scudetto: Bruscolotti e il Napoli. A spasso nel tempo: stavolta niente provvedimenti disciplinari, solo l’incoronazione di un dio. 1986, Napoli è in piena epopea Maradona. Ma manca ancora lo scudetto. La società di Ferlaino incarica allora un giovanissimo Pierpaolo Marino di avvisare Giuseppe Bruscolotti, storico capitano azzurro: la fascia dovrà passare a Diego per responsabilizzarlo di più. “Volevo già dargliela io”, risponderà il difensore. Detto fatto. Maradona capitano e Napoli tricolore.
Gli altri: Storari, Del Prete, Giannini. Abbiamo appena raccontato un’eccezione: la regola è che il capitano cade quando le cose non vanno bene. Che sia per la piazza, per la società o per l’allenatore. Nel settembre 2016 ne ha fatto le spese Marco Storari a Cagliari: designato come capitano al ritorno dei rossoblù in Serie A, dopo poche partite le pressioni dei tifosi diventano insostenibili. La società è costretta a togliergli la fascia e Storari a gennaio lascerà la Sardegna. Dirigenza invece decisiva a Perugia nella scorsa stagione: Lorenzo Del Prete degradato per questioni extra calcistiche, contro il parere dell’allenatore Giunti che verrà in seguito esonerato. Dinamiche opposte a Roma, sempre sponda giallorossa, nel lontano febbraio ’92: Giuseppe Giannini litiga con Ottavio Bianchi e l’allenatore consegna la fascia a Rudy Völler.
Storie diverse di bandiere ammainate, che si intrecciano con l’ultimo caso Icardi.
A cura di Francesco Gottardi e Oscar Maresca