Puntare subito a vincere dei trofei e dare spazio e fiducia ai giovani: difficile far convivere le due cose, eppure c’è chi riesce ad avere il mix perfetto. “Noi non possiamo vincere senza i nostri giovani. Sono due cose che vanno di pari passo”. A Copenaghen non si alzano coppe senza ragazzi delle giovanili. La prima di una lunga serie di regole.
Nelle giovanili del Copenaghen: i segreti del club
Il calcio danese è l’esempio perfetto di sostenibilità. Tutti sanno di non poter competere con i top club europei. Per costruire qualcosa di importante bisogna puntare sulla formazione dei giovanissimi: un modello seguito da tutti i club del paese. “Non abbiamo le risorse per comprare solo giocatori. È fondamentale per noi avere in prima squadra dei ragazzi delle giovanili”.
Sune Smith-Nielsen è il responsabile dello sviluppo dell’academy del Copenaghen. È nel club da quindici anni ed è uno di quelli che lavorano sottotraccia ma che, in realtà, sono il motore di un macchina perfetta.
“Abbiamo un sistema preciso per lo sviluppo dei ragazzi. Abbiamo sette aree di crescita su cui lavoriamo, è un modello importante che abbiamo portato avanti negli anni” racconta ai microfoni di gianlucadimarzio.com. “Diamo grande importanza agli Under 12. Sono fondamentali per noi. Abbiamo sette scout che si occupano delle squadre Under 14, 15, 16 e 17 che si concentrano principalmente a Copenaghen ma anche nel resto del paese e nelle nazioni più a nord”.
Chi arriva da bambino, dunque, inizia un percorso lunghissimo. La scalata di tutte le squadre giovanili e poi l’arrivo tra i grandi: “Abbiamo più o meno dodici giocatori cresciuti nelle nostre giovanili che giocano in prima squadra”.
Ma torniamo all’inizio: vincere e dare spazio ai propri giovani. “La nostra cultura è vincere. Tutti quelli che sono qui lo sanno. Diciamo che il focus principale è far crescere i ragazzi e vincere è parte del processo”.
Dalla cessione da record a Hojlund e Bardghji: i talenti passati da Copenaghen
Passiamo all’ultima fase del processo: la vendita dei giocatori. La cessione da record del club è arrivata recentemente: Viktor Kristiansen, terzino danese passato al Leicester a gennaio. Nelle tasche del Copenaghen sono entrati circa 14 milioni di euro: “È arrivato da noi a 6 anni. Ha iniziato a giocare a calcio qui. Quando aveva 15 anni faticava sia dal punto di vista fisico che tecnico, ma ha sempre avuto una grande mentalità. Poi è passato all’Under 19 e ha fatto una crescita importante”.
Anche in Serie A abbiamo dei giocatori cresciuti a Copenaghen: il primo nome che viene in mente è quello di Hojlund. “Rasmus vuole vincere e segnare a ogni partita. Se la sua squadra è avanti 3-0 e lui non l’ha buttata dentro non è soddisfatto”. Dall’Atalanta al Lecce, dall’attacco al centrocampo. Da Hojlund a Hjulmand: “Morten è super concentrato sul lavoro. Si allena sempre al massimo per migliorare”.
E poi ci sono i talenti del presente. Uno da seguire è Ronny Bardghji, gioiellino classe 2005 che il Copenaghen si tiene stretto. “Ha le qualità per diventare un gran giocatore. Ha una tecnica straordinaria, grande visione. Al momento pecca un po’ in fase difensiva e nella fase di pressing. Si allena sempre al massimo e ha una grande mentalità”.
Il modus operandi è lo stesso, così come il risultato finale: scoprire giovani, farli crescere e poi rivenderli. Tutto ciò vincendo e affacciandosi anche in Champions League. Senza strafare, per costruire qualcosa di importante bisogna essere realisti e tenere i piedi per terra. La stella polare del Copenaghen è la sostenibilità.