Retroscena Felipe: "Dal futsal alla Serie A, ora aspetto"
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Data: 26/09/2020 -

Retroscena Felipe: "Dal futsal alla Serie A, ora aspetto"

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Ha iniziato nel futsal, poi Gerolin lo portò all'Udinese a quindici anni dopo una partitella giocata in Brasile al suo fianco. Straniero da più tempo nel nostro calcio, dopo 18 stagioni in Serie A, ora è pronto a rimettersi in gioco in una nuova avventura.
Ha iniziato nel futsal, poi Gerolin lo portò all'Udinese a quindici anni dopo una partitella giocata in Brasile al suo fianco. Straniero da più tempo nel nostro calcio, dopo 18 stagioni in Serie A, ora è pronto a rimettersi in gioco in una nuova avventura.

Ripartire con la stessa carica di sempre e con un nuovo insegnamento da riporre nel bagaglio di vita. Felipe Dal Bello, svincolato dopo gli ultimi tre anni alla Spal, è pronto a rimettersi in gioco per l’ennesima volta: “Non per forza in Serie A. Cerco il progetto giusto, persone vere che si fidino di me e sappiano quello che posso ancora dare in campo. Proprio come ne ho trovate a Ferrara, a partire dal presidente”, spiega a gianlucadimarzio.com.

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Dopo 18 stagioni consecutive, tutte nel nostro campionato, il difensore italo-brasiliano quest’anno è rimasto senza squadra. Per il classe 1984 non è neanche la prima volta: nell’inverno 2015, dopo il fallimento del Parma, si ritrovò ad allenarsi in Seconda Categoria friulana con la Tarcentina: “Quello che ho vissuto a Parma mi ha fatto maturare e cambiare prospettiva. Senza quell’episodio poi non avrei mai vestito la maglia dell’Inter. Merito di un amico speciale: “Mia moglie Caterina mi disse di chiamare Cassano. Lui mi rispose: ‘Tranquillo, ho già capito tutto. Dammi giusto qualche minuto’. Il giorno dopo ero all’Inter, lo ringrazierò per tanto tempo”.

Felipe è abituato a pensare così: prende una difficoltà e la trasforma in opportunità. Lo ha fatto anche durante il lockdown in cui ha vissuto momenti speciali con la famiglia e si è iscritto al corso da allenatori: “È stata sempre Caterina a convincermi. Io non mi ci vedo, però in futuro chissà".

La panchina, tuttavia, può ancora aspettare: “Voglio misurarmi qualche altro anno con il calcio giocato: mi sento integro e ho ancora grandi motivazioni" . A mancare è solo una buona proposta: “Ne ho avute alcune, ma non le ho accettate. Ho preferito aspettare, il mercato quest’anno è strano”.

Udinese

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Oltre 400 partite in carriera, 376 in Serie A, sette diverse squadre e un unico grande amore: “Ho sempre ringraziato la famiglia Pozzo.  L’Udinese mi ha fatto crescere e permesso di avere tutto quello che ho oggi”. Un grazie va anche a Luciano Spalletti, il primo a lanciarlo: “Fondamentale, dopo ogni allenamento mi prendeva sempre da parte”.

Tutto iniziò in un caldo pomeriggio brasiliano. Come? Grazie a una partitella in coppia con Manuel Gerolin, ex giocatore dei bianconeri negli anni ’80 e allora coordinatore degli osservatori del club. Felipe la ricorda come se si fosse appena disputata: “Riaprirono la squadra del mio paese, dove aveva giocato anche mio padre. Io avevo solo quindici anni, ma mi permisero ugualmente di fare il provino. Gerolin ci prese al convitto e ci portò al campo. Mi disse: ‘Gioca qui al mio fianco’ e io, che fino ad allora avevo sempre giocato solo a futsal, mi ritrovai difensore centrale. Si era fatto prestare un paio di scarpe e stava morendo, in Brasile era dicembre ed erano le tre di pomeriggio. Faceva un caldo infernale: noi eravamo abituati, lui invece era appena arrivato...”.

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Partito dagli Allievi, giocherà a Udine fino al 2010 e poi di nuovo tra il 2015 e il 2017: 197 le presenze in A, solo Di Natale, Bertotto, Pinzi e Danilo ne hanno di più. Proprio alla Dacia Arena Felipe avrebbe sognato di chiudere la sua carriera: “Sarebbe stato come un film. Speravo di rimanere, ma il calcio è così. Fu una scelta dolorosa, ma la Spal ha dimostrato di credere ancora di più in me”.

Fiorentina

Con l’Udinese, nel 2005, ha debuttato anche in Champions League e segnato al Barcellona di Ronaldinho, Eto’o e Messi: “Fu stranissimo, pensai che non poteva esser vero. Un’emozione indimenticabile”. La Champions l’ha ritrovata anche cinque anni più tardi a Firenze nel doppio confronto degli ottavi contro il Bayern, quello del gol di Klose in fuorigioco: “Oggi con la Var sarebbe andata diversamente. Fu una svista clamorosa, soprattutto in una competizione con tanti interessi in gioco. Dal campo me ne resi conto subito e mi girai verso il guardalinee, sarà stato avanti due-tre metri. Che peccato non passare per quel gol”.

Non l'unica delusione viola: con Prandelli e Mihajlovic la scintilla non scocca, ecco allora i prestiti a Cesena (2011) e Siena (2012-13). La vera rottura avviene però quando Felipe rifiuta il trasferimento al Bologna: “Io mi reputo una persona molto leale che dice le cose in faccia, invece loro fecero tutto di nascosto. Mi chiamò Zanzi, all’epoca direttore del Bologna, per andare in sede a firmare il contratto. Io risposi: ‘Ma quale contratto? Io non ne so nulla e neanche il mio procuratore’. Corvino stava cercando di prendere un grandissimo giocatore, io ero un esubero e fecero tutto a mia insaputa. Allora non accettai. A Udine era tutto più facile, non conoscevo ancora certe dinamiche...”.

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Dicevamo: da ogni ostacolo un motivo di crescita. Nel 2015 il Parma è fallito e Felipe senza squadra: “L’Inter aveva diversi infortunati e cercava un difensore. Lessi sui giornali i nomi di vari svincolati e pensai: ‘Ma perché non uno che gioca in Italia e conosce già il campionato?’. Non ero arrogante, sarei stato onorato di vestire quella maglia”. E ci riuscì grazie a Fantantonio, uno dei tanti amici incontrati nella sua lunga carriera: “Come Muntari. Siamo cresciuti insieme e avevo anche pensato di fargli fare il padrino per mia figlia, ha un cuore enorme”.

Lo spogliatoio

Felipe Dal Bello, fino ad agosto, era lo straniero in attività da più tempo in Serie A. Oggi, in realtà, è un italiano a tutti gli effetti. Tanto che, insieme alla cittadinanza, ha ripreso anche il cognome del bisnonno padovano: “Quando arrivò in Brasile scrissero ‘Dal Belo’. Ormai mi sento più italiano che brasiliano”. Lo spogliatoio, negli anni, è diventato una seconda casa: “Ma una volta i giocatori lo vivevano di più. Ora tanti ragazzi, appena finisce la gara, vanno subito a vedere i commenti e cercano la foto migliore da pubblicare”.

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E c’è un’altra cosa che il 36enne dello stato di San Paolo le prime volte ha davvero faticato a comprendere: “Prima delle partite sentivo i miei compagni discutere: ‘Ma l’hai messa la formazione?’. E io pensavo: ‘Ma quale formazione, che sta dicendo questo?’. Non sapevo cosa fosse il Fantacalcio. Una volta allora ho chiesto chi mi aveva comprato, solo uno mi aveva preso. ‘Che ‘bastardi’, bravi, bravi’, ho detto (ride, ndr)”. Quest'anno per la prima volta non era sul listone, ma Felipe ripartirà presto. Ancora una volta.



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