Si dice che chi viaggia viva due volte. Cristian Battocchio vuole provarlo sulla pelle. Sempre con il pallone tra i piedi, l’italo-argentino sta facendo della sua carriera un vero giro del mondo. La sua è una vita in movimento. È partito da Rosario, ha ancora tanti orizzonti da scoprire e la tappa del presente dice Giappone, anche se il passaggio dal Brest al Tokushima Vortis (squadra di prima divisione giapponese) è stato più il complicato del previsto. Trattative complesse? No, problemi burocratici, tra l’ottenimento del visto e l’attesa per la riapertura degli aeroporti in Giappone. Perché al giorno d’oggi per un viaggio così lungo serve più tempo e pazienza.
Doveva arrivare a inizio febbraio, lo ha fatto solo a fine marzo, ma il peggio è passato. La sua vita nel Paese del Sol Levante ha potuto finalmente iniziare, seppur con le dovute limitazioni. Non poche: “Qui c’è una quarantena particolare, racconta Battocchio ai microfoni di gianlucadimarzio.com. Sono arrivato e sono andato in un centro sportivo, che comprende un albergo dove alloggiavo e due campi da calcio. Non sono potuto uscire per cinque giorni dalla camera e abbiamo dovuto fare dei test ogni giorno. Dopo cinque giorni, con tutti i test negativi, ho iniziato a uscire un’ora nei campi sportivi, divisi per spazi, così che potessi allenarmi individualmente. Ogni giocatore aveva il suo spazio e non poteva valicarlo, né parlare con gli altri compagni che occupavano le altre zone del campo. Ancora oggi sono da solo in albergo: noi calciatori possiamo stare solo con la famiglia e non possiamo vedere altre persone al di fuori al gruppo squadra. La mia ragazza per ora non è potuta venire con me in Giappone e vivo nella mia camera da solo. Ma non mi lamento, dai”.
Anche perché, il grosso del calvario sembra essere passato: “Mercoledì scorso ho giocato una mezzoretta in coppa, ieri (domenica, ndr) quasi tutto il secondo tempo in campionato. Era tanto che non giocavo, tra i problemi per il trasferimento e le quarantene. Ho ritrovato sensazioni piacevoli. Qui il livello è alto. Tecnicamente siamo forti e si corre tanto”. L’allenatore del Tokushima Vortis, lo spagnolo Dani Poyatos, lo conosceva già ed è stato uno dei motivi che lo hanno spinto a intraprendere questo nuovo viaggio. Già, il viaggio. La costante della vita di Cristian. Da Rosario a Tokushima, passando dall’Italia, da Israele, dall’Inghilterra e dalla Francia. Insieme a lui abbiamo ripercorso il suo pellegrinaggio, e per ogni tappa ci siamo fatti raccontare un ricordo. Una cartolina per ogni posto visto e vissuto.
BATTOCCHIO: “UDINE RAPPRESENTA LA MIA CRESCITA”
Udine. ‘Dove tutto cominciò un giorno’, come scrisse su un post sul suo profilo Instagram: “L'Udinese è stata la mia prima esperienza da professionista. Ero in una squadra fortissima, con Guidolin che per me è stato un grande allenatore. Udine per me rappresenta la mia prima vera crescita, come calciatore e come uomo. Ho fatto amicizie importanti, c’erano molti sudamericani, come Alexis Sanchez: un vero amico, nonché il giocatore più forte con cui abbia mai giocato. Faceva davvero delle meraviglie in campo, come dice il suo soprannome”.
“WATFORD? QUEL GOL ALLO SCADERE, E LA FINALE DI WEMBLEY...”
Da Udine a Londra, con la maglia del Watford. Promozione in Premier League sfiorata, ma quante emozioni. Inevitabile non parlare della semifinale playoff contro il Leicester. Quella del rigore parato da Almunia, e il gol di Deeney su contropiede a tempo scaduto: “È stato incredibile. Eravamo sul 2-1, e con quel risultato saremmo andati ai rigori. Stavamo soffrendo negli ultimi minuti, per questo Zola (l’allenatore, ndr) mi tolse per mettere un centrocampista più difensivo. All’ultimo minuto l’arbitro ci fischia un rigore contro. Se fossimo usciti in quel modo ci sarebbe stato da spararsi. Poi, è successo quel che è successo. Almunia che para, il contropiede e il resto è storia. Una grande esplosione di gioia. In finale poi abbiamo perso con il Crystal Palace, ma giocare a Wembley con 80.000 persone e tutta la mia famiglia a vedermi è stata un’emozione che non dimenticherò mai”.
“ALL’ENTELLA GRAZIE ANCHE A DI BIAGIO, PERÒ…”
Dall’Inghilterra di nuovo l’Italia, ma in Serie B. Su consiglio di una persona molto importante: “Parlavo spesso con Di Biagio, che in quegli anni era l’allenatore della nazionale U21: mi aveva suggerito di tornare in Italia. Mi confidavo molto con lui: una persona eccezionale, come un padre calcistico per me. Per questo avevo deciso di andare all’Entella, dove sono stato accolto benissimo. Però purtroppo retrocedemmo in Serie C: è stato un momento difficile per me”.
“LO DIRÒ SEMPRE: BREST È LA MIA SECONDA CASA”
La nuova partenza di Battocchio è arrivata in Francia: “Brest è la mia seconda casa. Lo dirò sempre. Venivo dall’Entella e da una retrocessione che avevo vissuto male. Ritrovare una squadra non è stato facile. Poi è arrivato il Brest che mi ha dato questa possibilità. Là ho ritrovato la felicità nel giocare a calcio e per questo sarò sempre grato alla società, alla città e ai suoi tifosi”.
“ISRAELE UN POSTO IN CUI SI VIVE VERAMENTE BENE”
Nel 2017 una parentesi di un anno in Israele, al Maccabi Tel Aviv. Un’opportunità per scoprire un nuovo mondo: “Quel Maccabi era una grande squadra. Mi sono trovato bene e il paese è bellissimo. Sai, quando si parla di Israele la gente pensa subito alle guerre, ma quando sei lì stai veramente bene. Poi c’era Jordi Cruyff, una persona molto silenziosa e chiusa, però giocavamo un grande calcio. Il suo secondo era Dani Poyatos, il mio attuale allenatore. È stato lì che ci siamo conosciuti ed è anche per questo motivo che ho deciso di seguirlo al Tokushima”.
Ora la nuova meta del suo viaggio senza fine: il Giappone. Come Marco Polo nel XIII° secolo, quando scoprì questa terra e la raccontò per la prima volta agli occidentali nella sua opera Il Milione, un vero e proprio diario geografico, precursore della letteratura di viaggio: “A me piace tanto viaggiare e conoscere nuove culture, nuove lingue. Sono curioso di scoprire nuovi mondi, e ho sempre bisogno di mettermi alla prova, dimostrando a me stesso di poter essere in grado di potermi trovare bene in un qualsiasi luogo. Potessi continuare a viaggiare, lo farei. Anche perché mi piacerebbe andare negli Stati Uniti, in Messico, in Australia, che da qui non è lontano…”. Una vita in viaggio. Solo persone come Battocchio possono davvero dire quali siano le cose più belle del mondo. La sua risposta è chiara: “Per me non c'è niente di più bello al mondo che poter viaggiare giocando a calcio”. La riedizione de Il Milione (versione terzo millennio) magari un giorno la scriverà lui.