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Data: 07/05/2022 -

La Cremonese raccontata da chi ventisei anni fa era protagonista. “Grande impresa, in A può salvarsi e creare un ciclo” 

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I ricordi di Colonnese e Garzya, difensori nella Cremonese di Gigi Simoni che rimase per tre stagioni consecutive in Serie A 
I ricordi di Colonnese e Garzya, difensori nella Cremonese di Gigi Simoni che rimase per tre stagioni consecutive in Serie A 

Sono passati 26 anni eppure tante cose sembrano rimaste invariate. Come se il tempo si fosse fermato. Un appuntamento con la Serie A che si ripete ventisei anni dopo. Molti dei protagonisti di ieri non erano neanche nati quando la Cremonese di Gigi Simoni lasciava la massima serie dopo esserci stata per 3 stagioni consecutive. Allora era il 1995/1996, il Milan di Savicevic e Weah vinceva il campionato e si chiudeva un ciclo che a Cremona aveva portato grandi soddisfazioni. Altri tempi.  

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Anche se con il passato ci sono varie analogie. Parola di chi, come Colonnese e Garzya, ci ha giocato e racconta con il sorriso le stagioni in grigiorosso:C’era un clima meraviglioso in città, si stava benissimo anche fuori dal campo - ricorda Colonnese che dopo il primo anno passerà alla Roma - le dico che è l’ambiente ideale per crescere in serenità. Il risultato non mi sorprende. Possono restare in Serie A per tanto tempo”. 

Dal progetto al ristorante di fiducia della società, sono tante le cose simili tra quella Cremonese, guidata da Gigi Simoni, e quella di Pecchia. “Ci sono tante affinità con il passato, mi è capitato spesso di rivedere la nostra Cremonese. Dal ristorante “da Livrasco” al fatto che sia una società che punta sui giovani, li valorizza e li fa crescere nel modo giusto. C’è poi, come c’era anche da noi, un gruppo di giocatori esperti che fanno da chioccia ai ragazzi con i consigli giusti e magari anche con qualche tirata d’orecchie”.  

 

 

Idee, progetto e lungimiranza. Queste le basi su cui si fonda il successo della Cremonese. A partire dalla società e dall’impostazione dirigenziale, da Braida a Giachetta. “Come struttura societaria mi sembra molto simile alla nostra - racconta Garzya - un ambiente famigliare dove si può lavorare in serenità”. Già, perché in quella Cremonese lì la società era davvero una famiglia. Dal modo di prendere le decisioni ai rapporti umani, quasi paterni, tra il presidente Luzzara e i suoi giocatori. Era una società che a livello nazionale veniva definita “pane e salame”, proprio per questo modo di gestire la squadra. Adesso il proprietario è Giovanni Arvedi, cavaliere a 84 anni, uno che nella Cremonese ha messo anima, cuore e soldi. Il calcio non lo segue moltissimo, ma ha costruito il centro sportivo e fatto dei lavori allo stadio. Lui allo “Zini” non si vede tanto, ma era presente quel 6 maggio 2017 alla festa promozione della B alla C contro il Racing Roma. Ieri stesso giorno, altra festa. Cinque anni dopo. Destino.  

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Sarà interessante vedere che squadra costruiranno in A, ma le possibilità per salvarsi ci sono tutte. La società è sana e c’è grande competenza”. Su questo entrambi sono d'accordo e nessuno dei due ha dubbi. La Cremonese può fare bene e non vuole essere solo di passaggio. “Certo la Serie A è un altro pianeta, ma con gli acquisti giusti si potrà creare qualcosa di davvero bello”. Lo racconta chi la A a Cremona l’ha fatta, togliendosi soddisfazioni importanti. L’attenzione poi non può non spostarsi sui giovani, protagonisti assoluti di questa grande impresa. Da Carnesecchi a Okoli, Gaetano e Fagioli. “Il successo della Cremonese dimostra che di giovani italiani forti e di talento ce ne sono tanti - continua Garzya, che fino a pochi mesi fa era vice di Bellini nell’Under 20 azzurra - bisogna solo avere il coraggio di lanciarli. Con criterio e nelle condizioni giuste, sennò si rischia di avere l’effetto opposto, ovvero che si brucino o che non riescano a esprimere a pieno il loro potenziale. A Cremona hanno avuto occhio e grande intuito. Se posso dare un consiglio ai ragazzi, resterei un altro anno con Pecchia in Serie A”.  

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Da Pecchia a Braida, la promozione della Cremonese si intreccia con la storia e con il destino. Il primo a Como giocò nell’ultimo anno degli azzurri in Serie A, il secondo vinse proprio al Sinigaglia il suo primo scudetto con il Milan nel 1988. Entrambi ieri in quello stesso stadio hanno festeggiato una promozione di cui sono stati artefici e protagonisti. “Grande merito va alla dirigenza e a Pecchia, che è giovane ma ha avuto grande personalità nel gestire la squadra anche nei momenti difficili. Può e deve ripetersi anche in Serie A”. Gli altri complimenti vanno ai ragazzi, che - almeno la maggior parte - la Cremonese in A non la avevano mai vista. Magari gliela avranno raccontata così, come oggi la racconta chi ventisei anni fa la viveva da protagonista. Ricordi di passato che trovano analogie nel presente. Sarà bene che i giovani imparino alla svelta cosa vuol dire. 



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