“Che feeling col figlio di Lucescu. E se vinco il campionato… torno in Italia in bici!”. Bacci racconta il suo PAOK e il calcio greco
Della serie: allenatori italiani capaci di far bene all’estero. Cristiano Bacci aveva già ottenuti grandi risultati con l’Olhanense, ora si sta ripetendo al PAOK Salonicco. In Portogallo era lui l’head coach, in Grecia invece è il vice di Razvan Lucescu ma cambia poco. Ciò che è cambiato per lui invece è “il modo di vivere e affrontare il calcio. Qui è diverso sia da quello italiano sia da quello portoghese non solo tecnicamente ma anche come ambiente. È vissuto ovunque passionalmente come accade dai noi soprattutto nelle piazze del sud. Anzi, forse in modo fin troppo passionale – ride -: pensate che ci hanno squalificato il campo per 7 giornate! La squalifica terminerà ad inizio dicembre per la partita contro il Panathinaikos. E lì probabilmente ne prenderemo altre 7!”, scherza raccontando la sua esperienza in esclusiva per GianlucaDiMarzio.com.
Il suo PAOK sta andando alla grande ed è a –2 dalla vetta occupata dall’Atromitos, squadra che affronterà lunedì in un vero e proprio big match. “Con gli italiani dello staff scherziamo sul come torneremmo in Italia se dovessimo vincere il campionato. Io ad esempio sarei pronto a tornare… in bici! Vedremo come andrà anzi, sono curioso. Siamo molto migliorati e tutto si deciderà nel girone di ritorno. L’Atromitos è una sorpresa per il campionato visto che non è considerata una delle ‘big’, e se vincessimo contro di loro potremmo tornare in prima posizione”. E chissà che bolgia Salonicco se dovessero far i 3 punti nello scontro diretto. “C’è un entusiasmo pazzesco ma non è un ambiente facile. Poi ci sono i derby, partite a cui per motivi di sicurezza i tifosi ospiti non possono assistere. Il fattore campo conta tantissimo – continua Bacci -. Pensate che alla rifinitura a porte aperte in vista del match contro l’Olympiacos c’erano 11’000 persone! Noi abbiamo perso fuori casa con l’Olympiakos e col PAOK, entrambe le partite per 1-0, e di solito perdere un derby fuori casa per 1-0 è considerato un onore perché si gioca in un ambiente completamente ostile. Noi però l’abbiamo fatto imponendo il nostro gioco col 70% di possesso palla: qualcosa di nuovo per il calcio greco. Poi c’è grandissima pressione perché tv e radio parlano continuamente di noi. E uno dei nostri target infatti è cercare di alleviare un po’ questa pressione che è la cosa più difficile”.
Lui e Razvan Lucescu stanno facendo un grandissimo lavoro. Che feeling. Solo parole d’elogio per il collega, il figlio del più noto Mircea: “Lucescu è molto in gamba, ha un’idea di calcio propositiva e all’avanguardia. Logico, gli serve tempo e spero glielo concedano. Con lui mi trovo molto bene nonostante ci siamo conosciuti da poco. C’è fiducia reciproca. Io curo in particolare la fase difensiva, gli schemi su palla inattiva e l’analisi video. Gli ha fatto il mio nome un altro membro del nostro staff, Diego Longo, e così è iniziato tutto. Siamo una squadra multietnica in cui si parla in inglese ci sono pochi greci. Inoltre, conoscendo bene la lingua portoghese, posso aiutare nella comunicazione con i tanti giocatori brasiliani e portoghesi”.
Bacci ha creduto fortemente fin da subito in questo progetto greco nonostante “due richieste importanti come primo allenatore arrivate però dopo aver intrapreso l’avventura col PAOK. Mi avevano cercato squadre di Serie A e B portoghesi e croate. A me tuttavia non piace lasciare un percorso a metà e ho deciso di proseguire qui al PAOK”. Un’esperienza con una sola pecca: “Vivere a distanza dalla mia famiglia che risiede ancora in Italia. Abbiamo deciso di far un sacrificio soprattutto per le nostre figlie. La più grande ha 16 anni e giustamente non sarebbe stato semplice abbandonare scuola e amici per venire qua. Sono stati qui una settimana recentemente, a Natale invece tornerò io in Italia”. Ma che gli ha permesso di conoscere grandi piazze ed affrontare squadre habitué della Champions come l’Olympiacos, affrontata qualche settimana fa e prossimo avversario della Juve in Champions. “L’Olympiacos dal punto di vista economico ha un gap rispetto alle altre concorrenti del girone di Champions. È una squadra forte ma paragonata a Juve, Barça e Sporting è un gradino inferiore. Ha però giocatori esperti e negli scontri diretti soprattutto qua in Grecia conta molto. Loro come l’AEK che ho visto dallo stadio quando hanno affrontato il Milan per studiarli da vicino che li abbiamo affrontati appena dopo. La nostra differenza con loro sta proprio nell’esperienza dei giocatori. Qui in Grecia l’età media delle squadre è relativamente alta e difficilmente giocano calciatori più giovani di 25/26 anni. Quando un giovane gioca titolare in una big vuol dire che è forte forte. Ad esempio nell’Olympiacos gioca Nikolaou, un difensore centrale del ’98 molto forte che probabilmente verrà venduto a caro prezzo in una delle prossime sessioni di calciomercato”.
Per quanto riguarda il PAOK invece “è una potenza nonostante ci sia ancora un gap da colmare soprattutto con AEK e appunto Olympiacos. Più che per insegnamenti tecnico-tattici, è stata complicata la gestione della rosa all’inizio. Siamo arrivati qualche giorno prima dei preliminari di Europa League persi (contro l’Östersunds, ndr) e con l’eliminazione è stato ancora più difficile gestire una rosa molto ampia che ci siamo ritrovati e soprattutto già costruita senza consultare le idee dell’allenatore. Ora l’obiettivo è vincere il campionato, ancor di più dopo l’eliminazione”. Per farlo occorrerà “ottenere il maggior numero possibile di punti contro le ‘piccole’ in trasferta. In Grecia c’è un grande divario economico tra le prime 4 o 5 squadre e le altre. Per le cosiddette ‘piccole’ portare a casa un punto contro le big equivale ad una vittoria. Sono quadre molto fisiche che fanno dell’agonismo l’arma principale. Contro di loro in trasferta non è mai semplice e per questo secondo me vincerà il campionato chi farà bene contro di loro fuori casa”. Di certo se il suo PAOK diventasse campione di Grecia, dopo l’esperienza portoghese, entrerebbe ancor più di diritto in quel club di allenatori italiani capaci non solo di far bene all’estero, ma anche di vincere.