Era una di quelle partite in cui il pallone sembrava non voler entrare mai. Poi un lampo di genio: è il 10’ del secondo tempo, il 10 del Venezia stoppa e rovescia all’incrocio. Tutto col piede mancino. Non poteva scegliere momento migliore, Mattia Aramu.
Il suo gol impatta l'Ascoli, dà il la alla rimonta per 2-1, lancia la squadra dell'ex Zanetti al terzo posto in Serie B. E lascia spazio alle suggestioni: "Era per Diego?", si chiedono subito dalla tribuna. L'esultanza di Aramu non lo lascia intendere. Un gesto tecnico spontaneo, che lascia il segno più di tutte le iniziative ufficiali. Prima del fischio d’inizio anche il Penzo si era raccolto nel minuto di silenzio per Maradona. Perché il Pibe ha saputo lasciare il segno ovunque, perfino dove non giocò mai.
Mica solo nell’immaginario collettivo: era il 15 gennaio 1988 quando Diego, fresco del primo scudetto, incantò anche la città dei Dogi. Non al Penzo, né su un prato. È stato al Palasport dell’Arsenale, storico impianto del basket lagunare, dove Maradona scatenò il pubblico locale presente per il Calcetto dei Campioni. Un torneo su parquet. Poco cambia: lui si fece dare una pallina e, circondato da una schiera di ragazze pon-pon, fece il solito Diego. Palleggi tra i canestri che ancora oggi rimangono tra le mille e una leggende sul Diez.
Il Venezia all’epoca doveva ancora ritrovare la Serie B. Lì, un po’ di Maradona lo avrebbe portato Ciccio Romano, centrocampista del Napoli dello scudetto e in arancioneroverde dal 1991 al ’93. E un po’ di più ancora lo portò Recoba, dieci anni dopo lo show dell'argentino: se Venezia ha mai avuto il suo Diego, dicono i tifosi ancora oggi, riguardate le magie del Chino.
Credits foto: Mario Spessotto
Così oggi i pochi presenti sugli spalti ne cercavano una nuova, con l'ostinazione di una prima volta amara. L'hanno trovata con Aramu: per un attimo, soltanto per un attimo, quel 10 sulla maglia vale ogni cosa.