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“Faccia pulita, volontà feroce”. Ecco chi era Andrea Rinaldi

Andrea Rinaldi non c'è più. Non è riuscito a vincere questa breve partita. Un aneurisma cerebrale lo ha portato via ad appena diciannove anni: una lunga vita davanti e un talento che stava venendo fuori anche nel calcio dei grandi, in quel Legnano che oggi lo piange.

Andrea si era formato nelle giovanili dell'Atalanta. Un vero e proprio marchio di fabbrica. Mezzala di grande quantità, cresciuto ammirando Gennaro Gattuso (con il quale ha fatto una foto quando si sono incontrati in Atalanta-Milan Primavera) e circondato da tanti giocatori di talento. Da Bastoni a Colpani, da Kulusevski a Barrow. Compagni di anni speciali, quelli nell’Under 17 con Massimo Brambilla in panchina.


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Rinaldi era l'unico classe 2000, insieme a Tommaso Cavalli, che venne convocato dall'allenatore per le fasi finali U17 di Cesena nella stagione 2015-2016. Quello scudetto l'Atalanta lo riuscì a vincere e Rinaldi aveva messo un sigillo importante nella partita contro la Roma nella fase a gironi, segnando il 2-2 finale a tempo scaduto. Un gol che gli era valsa una maglia da titolare in semifinale contro la Juventus di Moise Kean e l'Inter di Pinamonti.

Gli era mancato il bis nella stagione successiva: sempre l'Inter davanti, sempre una partita arrivata ai tempi supplementari, ma un vincitore diverso. In quella stagione Rinaldi visse un dualismo con Kulusevski: Brambilla li alternava nel ruolo di mezzala nel suo 4-3-3. Poi il passaggio in Primavera, ancora con Brambilla in panchina, ma con meno spazio che in passato.


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Imola ed il professionismo

Ecco che allora nella stagione 2018-2019 approda all'Imolese, alla corte di Alessio Dionisi che lo fa giocare quattro volte in Coppa Italia, prima dell'esordio in Serie C al Brianteo contro il Monza. Quasi un segno del destino visto che in Brianza aveva giocato per diversi anni prima del passaggio all'Atalanta. "Un bambino straordinariamente dotato sotto tutti i punti di vista, tecnici e comportamentali, in particolare di lui ricordo che aveva una motivazione sopra la media". Questo il ricordo commosso di Angelo Colombo, attuale responsabile dell’attività di Base del Monza, che lo portò nei Pulcini biancorossi quando aveva 10 anni. 

 "In campo aveva doti tecniche importanti – racconta Alessio Dionisi a Gianlucadimarzio.com – Avrebbe potuto fare una grande carriera. È arrivato giovanissimo a Imola, per questo magari non ha trovato tanto spazio. Era un ragazzo straordinario, educato, volenteroso e con carattere".


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"Un viso fanciullesco"

Un ragazzo con i piedi per terra. Merito di una famiglia che aveva messo l’educazione in cima a tutto. "Aveva un viso fanciullesco, quando l'ho incontrato per la prima volta mi hanno colpito i suo occhi vispi e sinceri – racconta Max Calzolari, direttore sportivo del Mezzolara dove ha passato la seconda metà della passata stagione – È arrivato in punta dei piedi e si è messo a disposizione con umiltà e rispetto. È entrato in feeling con la squadra ed era diventato un punto di riferimento. Viveva per il calcio, ma aveva tanto da dare anche umanamente".

Al Mezzolara, in Serie D, Rinaldi era riuscito a rilanciarsi dopo sei mesi a Imola che non erano andati secondo le aspettative. Poi il passaggio al Legnano la scorsa estate. Un punto fermo del centrocampo dei lilla, in lotta per vincere il campionato. Tra l'altro l'unico gol segnato in prima squadra da Rinaldi è stato contro la Folgore Caratese, lo scorso 15 dicembre. Altro segno del destino? Carate Brianza è il paese dove Rinaldi è nato, distante qualche chilometro da Cermenate dove ha dato i primi calci ad un pallone e da dove è salito in cielo. "Abbiamo voglia e grinta, qui si lavora bene e non ci poniamo limiti" raccontava Rinaldi dopo quella partita. Sempre con quel viso pulito che mancherà al mondo del calcio.