In numeri – Cinquantatré punti in trentatré partite, quarto posto nel girone B di Serie C. Quarantadue gol fatti e appena ventotto subiti. Rivelazione, favola, addirittura miracolo: ogni epiteto può trovar piena esplicazione. Dal ripescaggio in extremis dello scorso luglio un continuo crescendo di numeri, prestazioni e – sacrosanti – complimenti. Che spettacolo l’Imolese…
La Storia – Voi ve lo immaginate un mondo senza fiabe? Un mondo scontato, totalmente piatto (non ce ne vogliano i terrapiattisti…), senza colori, in bianco e nero. Voi vi immaginate di alzarvi di buona mattina in primavera, aprire la finestra e non poter rimanere incantati dinanzi ad un prato costellato di margherite? Viva le fiabe, viva il principe azzurro, viva le fate. Nella vita come nel calcio. Dove non sempre vince chi è più forte, chi spende di più, chi alza di più la voce contro gli arbitri. E allora…
… C’era una volta… prego… “Un ragazzo, 39 anni ragazzo ci sta dai... che dall’amata Toscana, precisamente Piancastagnaio, provincia di Siena, ormai quindici primavere fa ha lasciato casa per andar a cercar fortuna al nord. E dopo una carriera da giocatore tra Serie D e C, ha cominciato ad allenare molto giovane. Poi lo scorso luglio, in una ridente città equidistante tra Bologna e la Riviera Romagnola, dove in questo periodo si comincia già a respirar l’inconfondibile aria di mare, ha trovato la sua dolce Itaca…”. Insomma, avrete fin da subito capito che anche come narratore non se la cava affatto male Alessio Dionisi, allenatore della fiaba (d’ora in avanti la chiameremo così) Imolese. C’è un dato sul quale val la pena riflettere, 39 anni, come il presidente Lorenzo Spagnoli (ex protagonista di ‘Campioni’), uno in meno del direttore sportivo Filippo Ghinassi. Nemmeno centoventi anni in tre, ah però, nell’epoca degli ultracentenari e della poltrona ben riscaldata fin oltre la pensione…
Tutta l’Italia calcistica parla della fiaba Imolese. Bella, spensierata, vincente. Come una rondine in aprile, come un gabbiano che plana sul mare a due passi dagli scogli. Leggiadra, scattante, come il 4-3-1-2 di Dionisi. Gestione (non possesso) palla e verticalizzazioni, movimenti sincronizzati e grande adesione di gruppo. Ti incanta il sorriso con il quale giocano questi ragazzi, ti incantano i loro volti al campo d’allenamento: distesi ma concentrati, seri ma felici. Ce ne fosse uno che si lamenta o che usa un tono di voce sopraelevato. Un silenzio etereo, si sente solo il pallone fluttuare da un piede all’altro. Ma qui davvero siamo nel bel mezzo di una fiaba… “Cenerentola ci può stare dai (sorride), con l’auspicio, però, di viver più di una notte magica… Intanto la scarpetta persa al ‘gran ballo’ gliela abbiamo trovata…”.
Tutto si confà a questa strepitosa dimensione panica, in primis il sorriso di Alessio Dionisi. Un sorriso che non abbandona mai per tutta l’oretta circa di chiacchiera: solare, piacevole, aperto. E poi quell’inconfondibile parlata toscana a render tutto ancor di più magico. Che bello perdersi qui, in una tiepida giornata primaverile, nel mar dei ricordi… “La scintilla con l’Imolese è scattata l’anno scorso, quando io allenavo il Fiorenzuola e ci siamo incrociati in campionato. Sai un colpo di fulmine? Più o meno è stato così per entrambi, a giugno siamo convogliati a nozze, l’obiettivo iniziale era quello di far una Serie D a vincere, poi in una calda giornata di metà luglio abbiamo saputo del ripescaggio in C e da lì è partito il nostro sogno. Mi piace chiamarlo così…bello, spensierato: culliamolo, coccoliamolo, accarezziamolo…con tanta umiltà e piedi a terra… La C per noi era un sogno, ora ci siamo ben dentro, mai scordarsi da dove siam partiti però…”.
‘Ricorda chi eravamo…’, l’unico, autentico antidoto per non perder mai di vista la dimensione del reale anche quando lusinghe e complimenti ci fanno volare in alto (nel calcio come in tutto, nella vita come nelle fiabe…). Lo sanno bene ad Imola, lo sa bene Dionisi, paladino – davvero – di umiltà. Lo si vede da come, quasi respinge, con un timido sorriso tutti i tentativi di complimenti. E’ in questa genuinità la forza di una società che in questi otto mesi e mezzo, domenica dopo domenica, non ha mai smesso di stupire, lasciando a bocca aperta avversari, guardalinee e anche ‘semplici’ curiosi che anche una sola volta si sono affacciati dalle parti dello stadio ‘Romeo Galli’. Merito di un’idea di calcio fresca, dinamica, effervescente: giovane! “Ci piace esser propositivi, giocare la palla, trattarla in un certo modo e non speculare sul risultato. Né io né la società vogliamo una squadra che, per così dire, si limiti a giocare sull’episodio. Anche perché se improntassimo una filosofia di questo tipo, molti dei nostri calciatori che sono giovani o giovanissimi, che tipo di formazione avrebbero? Che idea di calcio maturerebbero a 19/20/21 anni che poi tendenzialmente è quella che ti porti dietro per tutta la carriera? Sono un gruppo eccezionale, dal primo giorno si è creata una simbiosi incredibile. Ci piace verticalizzare, prender decisioni palla al piede anche quando siamo stanchi, non buttarla mai. Sono in difficoltà, sono in affanno, scarico al compagno più vicino. Non mi piace parlare di filosofia basata sul possesso palla poiché credo che la gestione del gioco non passi tanto da un approccio di ‘faccio girare la palla tanto per non farla toccare agli avversari’, quanto per andare a ricercare la proiezione offensiva, la giocata nella loro metà campo”.
Belli e affamati. Già, la fame. Unico, vero segreto della fiaba Imolese. Nel mondo delle scorciatoie, dell’effimero e vuoto purché redditizio, del costi quel che costi basta che arrivo a destinazione. Fame, sudore, impegno, leggerezza… “Sappiamo di non poterci fermare e di dover sudare, magari anche più degli altri. A 39 anni, con una vita davanti e una carriera da giocatore comunque umilissima non puoi pensare di fermarti o di accontentarti, sai che alle tue spalle c’è poco, che non puoi permetterti di sbagliare più di tanto o peggio ancora di lasciarti andare a qualche atteggiamento inappropriato. Ma questo non bisogna viverlo come un affanno, bensì come uno stimolo in più, un motivo in più per dare tutto e per uscir dal campo d’allenamento apposto con la propria coscienza: come va, va, io ho dato tutto, poi se non sarà questa la strada giusta mi dedicherò ad altro…”. Quest’inno alla vita vale tanto. E’ ciò che cementificava la fiaba Imolese. Perché se hai le spalle ben coperte è abbastanza istintiva la tendenza a sedersi, ma - in termini inversi – il margine di errore è così basso che neppure mezzo secondo al dì puoi anche soltanto pensare di sederti in terra e dire, ‘beh sai, oggi non ho mica tanta voglia…’.
E’ in questi esatti termini la storia di Alessio Dionisi, la voglia di arrivare che passa da un sorriso sincero, genuino, pulito e da un’umiltà davvero eccezionale. Passa da una montagna di aneddoti… “Come quella volta che dovetti marcare Batistuta ed io rimanevo costantemente a debita distanza per paura di toccarlo e di fargli male”. Passa dall’ormai ricordo di casa… “La mia Piancastagnaio, un paesino bellissimo, me ne sono andato a 14 anni e di fatto non sono quasi più tornato” e poi da un altro ricordo, commosso, quello di mamma… “Se ne è andata presto, troppo presto. Mi sarebbe piaciuto condividere tante cose con lei, ma purtroppo fa parte della vita. Mi piace pensare che in tante cose, anche le più banali che faccio nella quotidianità, lei sia qui vicino a me…”.
Una persona buona Dionisi, di valore e di valori. Semplice nella sua essenza… “Se non avessi fatto l’allenatore, mi sarebbe piaciuto far il rappresentante di prodotti toscani. In primis perché sono molto legato alla mia terra e poi perché mi piace star in mezzo alla gente. Pensa che a Varese avevo aperto un oratorio in cui facevamo campi estivi per bambini da giugno a settembre. Mi sarei diviso tra oratorio e venditore, ma in fin dei conti forse è andata meglio così…”.
In conclusione – Salutiamo Alessio Dionisi, salutiamo Imola. Città che trasuda storia, emozione e passionalità. In perfetta armonia con un contenuto fiabesco di primo livello. La bontà dei valori veri: amicizia, umiltà e cultura del lavoro. Di far le cose semplici in un mondo – spesso – inutilmente complicato. La capacità di emozionarsi. Beato chi sa ancora emozionarsi per un tramonto d’estate sul mare o per un’azione palla a terra ben elaborata, beato chi sa dar ancora voce al proprio fanciullino interiore…