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Il calcio e la ricerca del talento. Andrea Mancini: “La mia vita da agente”

Il pallone disegnato nel suo destino. Il papà Roberto come modello. Ora una nuova avventura raccontata ai microfoni di gianlucadimarzio.com

Vi riproponiamo questa intervista di giugno scorso al figlio di Roberto Mancini, Andrea, agente sportivo. Diversi i consigli sui giocatori sui quali puntare in vista della stagione 2022/2023. Su tutti Kvaratskhelia, trascinatore del Napoli vicino allo scudetto, e Caso, protagonista del Frosinone tornato in Serie A.

 

Tono sereno e rilassato. Consapevolezza di ciò che si è e di ciò che si vuole diventare: “Felicità e voglia di realizzarmi nel mio lavoro”. I ricordi del passato con vista sul futuro. La voce è quella di Andrea Mancini. Cultore del calcio e cittadino del mondo. Giocatore, dirigente, ora agente nella società GiulianiSports LTD: “Mi sono appena affacciato a questo universo. Mi piace”. La volontà di continuare a conoscere come costante. Oggi diviso tra Roma e Londra. Nel passato Italia, Inghilterra, Spagna, Ungheria, Stati Uniti: “Esperienze che mi hanno aiutato, non solo dal punto di vista calcistico, ma soprattutto culturale”. Storie di calcio. Storie di vita. Trans-portarsi nel cambiamento. Perché cambiare “significa conoscere e conoscersi. In tutte le sfumature”. Imparare e apprezzare il senso del viaggio. Il calcio come fil rouge.

La ricerca del talento, la vita da agente, il rapporto con il papà Roberto. Istantanee di vita. La vita di Andrea Mancini.

 

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Andrea Mancini: “Studiare, sbagliare e imparare. Giorno per giorno”

Una nuova sfida. Una nuova avventura. Nicola Giuliani, suo ex procuratore e attuale socio, lo chiama a Londra. Andrea accetta: “Mi sono trovato così bene che ho deciso di intraprendere questa strada in maniera definitiva”. Entra così nella GiulianiSports LTD. Nuovo lavoro. Nuovo mondo. La volontà di entrarci portando qualcosa di innovativo e diverso: “Vorrei affrontarlo e viverlo in maniera atipica. Occuparmi della parte più tecnica, cercando di trovare e scoprire giovani talenti. Ragazzi da aiutare e accompagnare, grazie a quanto ho imparato da giocatore”. Una figura, quella dell’agente, che collabori con le società: “Non concordo con l’idea che gli agenti abbiano rovinato il calcio. Credo in un rapporto in cui la nostra figura possa essere un valore aggiunto per i club”. Due gli esempi a cui ispirarsi: “Ramadani e Crnjar”.  

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Idee e metodo: “È fondamentale essere costantemente aggiornati. Imparare e sbagliare giorno per giorno”. A maggior ragione in una ‘società liquida, che si muove su un continuo flusso di novità e cambiamenti, in cui il mondo del calcio è mutato. E con esso, il ruolo dell’agente: “Oggi, a differenza del passato, il movimento calcistico va studiato. Nella sua evoluzione, nel suo essere e divenire”. Preparazione e consapevolezza. 

 

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Andrea Mancini e la bellezza del talento

Non è vero che il talento è andato perso. Si è solo smesso di coltivarlo e cercarlo. Di ragazzi forti ce ne sono”. Studiare il talento per tutelarlo, allenarlo, affermarlo: “È uno dei miei obiettivi come agente. Un passo necessario per l’intero movimento”. Prospettiva, idee, visione. Innovatore. “Talenti futuri? Avrei detto Gnonto, ma ora è troppo facile. Ne parlai con mio padre ai tempi del Mondiale U17. Solo lui poteva convocarlo e lanciarlo. Sono i suoi colpi”. Oltre a Gnonto: “Pafundi dell’Udinese, Liberali del Milan e Caso del Cosenza”. Un’attenzione al talento che vive in Andrea da tempo: “Anche quando giocavo riguardavo le partite per osservare gli avversari. Ero dell’Honved, mi impressionò Bardhi, macedone del Levante”. E poi un francese di 15 anni: “Con il Bologna affrontammo il Manchester United. In campo un giocatore di tre anni più piccolo. Fortissimo”. Chi era? Paul Pogba. Infine, un consiglio per il prossimo campionato: “Il nuovo acquisto del Napoli, Kvaratskhelia. Volevo portarlo alla Fiorentina. Per me può diventare uno degli esterni più forti in circolazione”. La ricerca del talento come missione. Il calcio come amore innato: “Sono nato in questo mondo. È con me da sempre. Per me è vita”. Un significato profondo e universale: “Penso sia l’unico sport che riesca a unire interi popoli”.

 

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L’interdisciplinarità di Andrea Mancini

Aver giocato in vari Paesi e con compagni di diversa nazionalità mi ha aiutato a capire le altre culture, sapere come ragionano”. Insegnamenti importanti per il suo lavoro: “Conoscere i giocatori, il loro modo d’essere e interpretare le cose è fondamentale”. Comprendere e crescere. Sempre. “Già quando giocavo cercavo di rubare e studiare i pensieri, le situazioni”. Conoscere per determinare il percorso. Il suo. Un percorso iniziato sul campo da gioco: “L’esperienza che mi è rimasta più impressa è quella ai Cosmos”. Poi due nuove esperienze: “All’Empoli mi trovai molto bene, una società da studiare. Il ds Accardi una persona competente e fantastica”. E la Fiorentina: “Aiutavo Pradè nella parte tecnica. Sono cresciuto tanto”. Le diverse carriere e culture vissute. Aiutare e accompagnare i giovani. La ricerca del talento. Interdisciplinarità e atipicità di Andrea Mancini.

 

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Andrea Mancini: “Genio e onestà. Mio papà, Roberto”

Il papà Roberto. Un modello, come allenatore e come uomo: “Una fonte di ispirazione da cui posso solo imparare. Con lui ho un confronto continuo”. Insegnamenti di vita: “Il rispetto, il lavoro e l’onestà. L’essere una persona per bene, sempre. Valori che mi accompagnano in tutto ciò che faccio”. E l’emozione dell’Europeo vissuta insieme: “Indescrivibile, specialmente per lui. Un cerchio che si è chiuso. Era l’unico che credeva in questa impresa”. Vittoria irripetibile in un contesto, quale è il calcio italiano, in estrema difficoltà: “Lo era prima e lo è adesso. L’Europeo non ha cancellato alcune criticità”.

Andrea Mancini. Idee e prospettive. L’atipicità come tratto distintivo. Un sorriso sul volto pensando al futuro. Uno sguardo verso i nuovi orizzonti da disegnare lungo il percorso. Con umiltà, ambizione e rispetto. Istantanee e momenti di vita. Sulle note della “sua” canzone. Something just like this.

 

A cura di Nicolò Franceschin