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Data: 25/12/2019 -

Carboni, eterno eroe del Mestalla. “E stavo per portare CR7 al Valencia”

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Dalla Roma alla Spagna nel ’97. Nove stagioni di trionfi e un anno da direttore sportivo. Sfiorando il colpo del secolo. I ricordi di un’avventura straordinaria. “A parte quel rigore a San Siro…”
Dalla Roma alla Spagna nel ’97. Nove stagioni di trionfi e un anno da direttore sportivo. Sfiorando il colpo del secolo. I ricordi di un’avventura straordinaria. “A parte quel rigore a San Siro…”

Il rumore dell’Harley Davidson. “Scusa, sono in giro per Barcellona. Da un po’ di tempo vivo qui con la mia famiglia”. Amedeo Carboni ieri terzino, oggi dirigente di un’azienda spagnola che riammoderna gli stadi. “Hai visto che belli il Wanda Metropolitano, il Mestalla a Valencia e quelli di Siviglia? C’è la nostra mano”, racconta a gianlucadimarzio.com. Da uno stadio all’altro, sempre in moto. Binomio indissolubile. “Quando firmai per il Valencia nel ’97 feci scrivere sul contratto che avrei potuto usarla quando volevo. Forse ero l’unico in tutta la Spagna”. Correre. Per le strade di Valencia e dentro lo stadio Mestalla. Fascia sinistra, maglia numero 15. “La presi per caso. Arrivai due giorni prima che chiudesse il mercato estivo. I numeri erano tutti assegnati. Pensai al 65, mio anno di nascita. Poi però scelsi quella”.

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Non poteva immaginare che nel maggio del 2006 uno stadio in lacrime avrebbe gridato il suo cognome e indossato la maglia numero 15 per salutare la sua ultima esibizione. “Volevo fare un’esperienza all’estero, sono rimasto nove anni. E che anni”. Già, perché quello di Carboni era anche il Valencia di Mendieta a centrocampo e Canizares in porta. Di Cuper prima e Benitez poi in panchina. Quello capace di spezzare il dominio di Barcellona e Real Madrid: due campionati vinti, una coppa del Re, una coppa Uefa, una Supercoppa europea e una spagnola. “Eravamo come l’Atalanta e sfiorammo due volte il tetto d’Europa”.

Il Valencia a San Siro e quel rigore del 2001: "Un dolore in mezzo a 9 anni di gioie"

Riferimento non casuale: a febbraio un ottavo di Champions sarà Valencia-Atalanta. E l’andata si giocherà a San Siro, dove nel 2001 Carboni e compagni persero la finale. Per il secondo anno consecutivo. Ma se la prima a Parigi contro il Real fu netta e senza rimpianti, quella contro il Bayern a Milano fu un dramma sportivo. “Quando guarderò Atalanta-Valencia ci ripenserò di sicuro. Soprattutto a quei maledetti rigori”. Ce ne vollero sedici, calciati sotto la curva Sud, per decidere chi avrebbe alzato la coppa. Uno di quelli lo sbagliò Amedeo. “Fui il quarto rigorista del Valencia. Ero tranquillo e sicurissimo di segnare. Tirai forte e centrale, Kahn si tuffò ma con la destra deviò il pallone sulla traversa”. Che rimbalzò sulla riga, prima di tornare verso la maglia numero 15. Pochi minuti dopo Mauricio Pellegrino sbagliò il penalty decisivo. “È un dolore, ma quei nove anni sono stati talmente pieni di gioie che alla fine i ricordi belli sovrastano quelli dolorosi. Ho vinto una coppa Uefa a 39 anni, il più vecchio della storia. Eravamo una fusione di esperienza e gioventù. I vecchi come me e Angloma davano l’esempio e i giovani come Farinos, Mendieta, Baraja portavano talento ed entusiasmo”.

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A Valencia è stato talmente importante, che quando ha smesso più di qualcuno, a destra, al centro e a sinistra, ha pensato di fargli cambiare fascia. “È vero, volevano che facessi il sindaco. La politica mi appassiona, sono sempre stato abituato a vivere in mezzo alla gente, ma non me la sono sentita. Poi gli ex calciatori hanno sempre una brutta reputazione, meglio evitare”.

L'anno da ds e quel contratto mai firmato: "Eravamo a un passo da Cristiano"


Sindaco no, ma direttore sportivo sì. Solo per una stagione. Quella dopo il ritiro. A 41 anni, Carboni dopo aver vestito la maglia numero 15 dei “pipistrelli” più di 300 volte, passò una stagione dietro la scrivania. Rischiò di essere indimenticabile. “Stavo per portare a Valencia Cristiano Ronaldo. Eravamo davvero vicini. Eh, sarebbero cambiate un po’ di cose”. Riassunto di una favola senza lieto fine. “Era la stagione 2006/2007, lui stava vivendo un brutto periodo a Manchester. Avevo un buon rapporto con Jorge Mendez e anche qualche mese prima ne avevamo iniziato a parlare. Lui e Cristiano erano molto ben disposti, anche perché il Valencia aveva alcuni grossi sponsor – Nike e Coca Cola - che contribuivano all’affare coprendo quasi metà del suo stipendio. Facemmo un’offerta allo United di 60 milioni di euro. Non furono sufficienti. Serviva un rilancio, ma il presidente non se la sentì”.

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La stagione 2007/2008 avrebbe potuto essere la prima di Ronaldo con la 7 del Valencia, ma non fu così. Quell’anno CR7 vinse la sua prima Champions in maglia United e Carboni lasciò la direzione sportiva. “Rimasi comunque a vivere in città. Al di là dell’affare CR7, presi Morientes e Albiol, feci tornare a Valencia David Silva – oggi colonna del City di Guardiola – prendendolo in scadenza dal Celta Vigo. Qualcosa di buono l’ho fatto”.

"Amedè, ma quanti gol c'hai in serie A?". La verità sul "dialogo" con Mazzone

Amedeo e la Spagna, una storia che va avanti dal 1997, dopo una carriera italiana spesa fra Sampdoria e Roma. A scaricare chilometri sulla fascia, ascoltando le urla degli allenatori a due passi. Chiariamoci un dubbio: il celebre dialogo con Mazzone“quanti gol c’hai in serie A” ,“4, mister” ,“e allora ‘ndo c…o vai?” - è mai esistito?
“Ahah, in parte sì. In una partita si arrabbiò perché Annoni sull’altra fascia saliva sempre e io dovevo coprire. Quando mi sganciai lui mi urlò una cosa del tipo ‘Amedè, ma anche te vuoi annà avanti? Ma quanti gol c’ha in serie A che vuoi annà avanti pure te?’ La mia risposta che viene raccontata non c’è mai stata, ma la sua domanda sì. Con lui avevo un rapporto speciale. Mi ha trattato come un figlio. Venivo da un grave infortunio, mi ha ridato fiducia e quello che è venuto dopo è anche merito suo”.

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L’Harley di Amedeo riaccelera. I suoi 5 figli vivono a Londra, Madrid e Barcellona. Lui e la moglie hanno raggiunto due di loro in Catalogna. Nel ’97 un terzino sinistro arrivava a Valencia per fare un’esperienza. Sono passati 22 anni e qualche volta Amedeo usa termini in spagnolo perché in italiano non si ricorda la parola. “E dopo di me a Valencia sono nati grandi terzini sinistri: Jordi Alba, Bernat e oggi Gayà”.
Tutti ragazzi che entrando in campo al Mestalla hanno raccolto l’eredità di una maglia numero 15 presa per caso. Oggi quello stadio è più vincente e più bello. In tempi diversi, con ruoli differenti, è stato merito suo.



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