Tra Turchia e… filosofia, Farioli: “I miei record? Non mi sento arrivato”
Il suo Karagumruk stupisce in Super Lig. Lui, a 31 anni, è diventato l’allenatore più giovane d’Europa. La nostra intervista a Francesco Farioli.
“Ex absurdo sequitur quodlibet”: da un pensiero controcorrente, possono nascere (anche) le cose più belle. Sono passati circa dieci anni dal giorno in cui un giovanissimo Francesco Farioli ha letto per la prima volta quella frase in latino, per poi per poi trasformarla in modus operandi e pensandi, come riportato sulla sua pagina Instagram. Leggi la sua bio e capisci di che pasta è fatto. Una carriera da collaboratore con Lucchese, Sassuolo, Benevento ed Alanyaspor, la panchina del Karagumruk – sorpresa dell’anno nel campionato turco – consegnatagli qualche mese fa, a stagione in corso, quando Francesco doveva ancora festeggiare il suo 32esimo compleanno. Il tutto, accompagnato da una laurea triennale in Filosofia.
Lo scorso marzo, Farioli è diventato il tecnico professionista più giovane d’Europa. Da lì ad oggi, su di lui hanno messo gli occhi anche alcune squadre di Serie A, tra le quali lo Spezia dopo l’addio di Italiano. Cresciuto con gli insegnamenti di De Zerbi, il baby allenatore nato a Barga (provincia di Lucca) è oggi settimo in Super Lig con l’italianissimo Karagumruk.
Se gli parli del suo exploit, però, Francesco non si sente “arrivato”. “Mi vedo ancora come uno che sta provando a fare questo mestiere. E, probabilmente, è proprio questo il motore che mi permette di andare avanti cercando di migliorare giorno dopo giorno”, ha spiegato ai microfoni di gianlucadimarzio.com.
Il rapporto con De Zerbi
Dopo alcuni anni trascorsi nelle serie minori, a 25 anni Farioli è diventato il preparatore dei portieri della Lucchese, in Serie C. Da lì, l’incontro con De Zerbi in un match di Coppa contro il Foggia e l’inizio di un’incredibile avventura: “Prima di entrare nello staff di Roberto, mi ero avvicinato al mondo della match analysis collaborando con la piattaforma Wyscout. Il loro interesse era principalmente rivolto alle partite di Champions, io rimasi colpito dai rossoneri di De Zerbi. Giocavano un calcio differente da quello delle altre squadre di C, così preparai un’analisi del suo gioco”.
“Qualche settimana più tardi, mi telefonò il suo preparatore atletico: mi portava i complimenti del mister. Poi entrai direttamente in contatto con De Zerbi: ci sentivamo ogni tanto, per salutarci o mandarci un messaggio di auguri. Il giorno in cui ho letto che Roberto sarebbe andato a Benevento e che avrebbe potuto scegliere il suo staff, preparai la valigia sperando in una sua chiamata. E così è stato…”.
Farioli e la sua… filosofia
Da Caputo a Brignoli dopo il gol segnato al Milan, sono tante le immagini di calciatori che, esultando dopo una rete o un rigore parato, corrono in panchina ad abbracciare Farioli: merito di un’attenzione speciale rivolta da Francesco ai singoli. “E’ quello che è successo tra De Zerbi e Locatelli: se riesci a capire come mettere a suo agio un giocatore, a beneficiarne sarà tutta la squadra. E una volta che la squadra comincia a girare, allora il singolo cresce sempre di più e viceversa”.
D’altronde, “il calcio è come un orologio. Per far sì che tutto funzioni, devi perfezionare ogni ingranaggio, ogni singolo componente”. Basti vedere il suo Karagumurk: appena 3 punti di distanza dal podio, Bertolacci capocannoniere della Super Lig con 5 gol in 8 gare. “A Istanbul ho trovato un gruppo ideale per il mio gioco. In squadra abbiamo tanti ex Serie A, perché ben si sposano con la mia idea di calcio e perché nel mercato italiano e europeo abbiamo validi contatti sui quali puntare”. Da Viviano a Benatia, Zukanovic, Karamoh, Biglia e Borini, affiancati da alcuni giovani di qualità.
Il segreto del Karagumruk sta tutto nella sintonia nata tra dirigenza, staff e calciatori: “Se penso al futuro, più che pensare al presitigio di una panchina o alla fama del campionato importante, cerco un club in cui tutti, dal presidente al segretario, dal direttore al giardiniere, abbiano la voglia di sposare un’idea di gioco che li rappresenti e nella quale si possano sentire identificati”.
“Ammiro Gasperini e l’Atalanta per quello che sono riusciti a costruire in questi anni, con una visione chiara e lungimirante. Alla mia prima esperienza da capo allenatore, anche io sono stato fortunato, perché ho trovato una società e un gruppo di calciatori che ha creduto un’idea e che, già dopo una decina di giorni dal mio arrivo, ha cominciato a spingere forte per la nostra idea di gioco”.
Il Gasp, però, non è il suo unico modello: “De Zerbi e Guardiola sono due dei miei riferimenti, così come vedo in Bielsa e Spalletti due maestri””. Quanto allo stile di gioco, il 32enne tira dritto per la sua strada: “Desidero che la mia squadra rispecchi ciò che provo a essere nella vita di tutti i giorni: coraggioso, propositivo, pronto a farmi carico di responsabilità importanti. E’ chiaro che nel calcio si è giudicati per i risultati, ma serve focalizzarsi sulla differenza tra il mezzo e l’obiettivo. Vincere è il punto di arrivo, ma la strada la si deve scegliere, tenendo conto di tutti gli ostacoli da affrontare”.
L’ora dei giovani
Idee chiare che hanno dato già frutti importanti, a maggior ragione se si tiene conto della giovanissima età di Farioli. Quando si dice: uno su mille ce la fa. Anzi, no. “Il mio è un caso raro, ma non unico. Basti vedere quanti baby allenatori stanno influenzando il calcio europeo. Negli ultimi quattro anni, il sistema del calcio è cambiato: ora non si impara guardando esclusivamente verso l’alto, spesso le idee innovative vengono dal basso, dalle categorie minori e dai settori giovanili”.
“In giro per il mondo c’è tanto fermento, chi ha qualcosa da proporre può farsi notare in fretta, soprattutto grazie ai social network. Credo sia arrivato il momento in cui tutti – grandi club compresi – guardano, studiano e apprendono da chi parte dal basso”. Parola di Francesco Farioli, uno che, in alto, ci è arrivato ad appena 31 anni. Eppure, si sente ancora lontano dall’avercela fatta.