Dentro la crisi del Borussia Mönchengladbach
L’espressione di Cristoph Kramer, in copertina, è ultimamente molto comune dalle parti di Mönchengladbach, perchè il Borussia in questa stagione proprio non ne vuole sapere di carburare (e a febbraio incontrerà la Fiorentina in Europa League). Il dodicesimo posto in Bundesliga, a soli tre punti dalla zona retrocessione, racconta di un momento particolarmente difficile di una delle squadre che negli ultimi anni hanno fatto scuola in Germania. Sull’onda del fantastico lavoro di Lucien Favre, oggi primo in Ligue1 con il Nizza, Schubert, sconosciuto fino a un annetto fa, ha sapientemente condotto i Fohlen fino alla seconda qualificazione consecutiva in Champions League, salvo poi rallentare repentinamente negli ultimi mesi. Per diversi motivi, di cui ora parliamo.
XHAKA DOVE SEI – La cessione da 45 milioni di Granit Xhaka all’Arsenal era già stata in qualche modo annunciata prima dell’estate. Difficile, però, trovare un mediano altrettanto efficace come lo svizzero. Il ritorno di Kramer non ha dato l’esito sperato e ora il Gladbach fa fatica a gestire le partite e spesso finisce per auto-danneggiarsi a causa della poca attenzione. Manca un leader e il risultato è l’impressionante numero di partite perse o pareggiate dopo essere andati in vantaggio, ben cinque sulle quattordici totali.
INFORTUNI – Come alibi Schubert – che è in bilico e verosimilmente lo sarà fino a Natale – può certamente avere quella dei numerosi infortuni che lo hanno costretto a variare tanto (e spesso). Herrmann lungodegente, Johnson, Schulz e Traore ko e Hazard che si è dovuto fermare per diverse partite. In più la perdita di una pedina fondamentale, anche se solo a tratti, come Dominguez, difensore che si è ritirato a soli 27 anni giusto qualche giorno fa. Il risultato? Riadattamento obbligatorio e schemi da ripensare. E proprio gli automatismi ben oliati sono stati il pane del Borussia per anni.
QUANTE ROTAZIONI – A Schubert vengono comunque contestati i troppi cambi di modulo e interpreti a stagione in corsa, sintomo di poca stabilità. Prendiamo Dahoud: da stella a quasi rincalzo, forse per qualche giustificata ambizione di crescita. Dal 4-4-2 standard delle ultime stagioni spesso il Gladbach è passato al 3-5-2 (anche per la carenza di esterni causa infortuni di cui sopra), che non sempre ha funzionato. Sei delle otto partite senza vittoria in Bundesliga sono state interpretate con la difesa a tre. Un caso?
UN UOMO SOLO IN DIFESA – Diamo ad Andreas quel che è di Andreas. Christensen è ormai da un anno e mezzo colonna portante del Borussia, e ha soli 20 anni. L’anno prossimo il Chelsea lo riprenderà dal prestito biennale e forse qualcosa cambierà. L’acquisto di Vestergaard, arrivato da una realtà non proprio popolare per la sua dedizione difensiva come il Werder, è risultato non proprio azzeccato per competere su due fronti. Le lacune si vedono e sono la somma delle carenze degli altri reparti e, soprattutto, dell’assenza di Xhaka.
E DAVANTI? – Il Borussia è squadra abituata a giocare quasi sempre nello stesso modo, dicevamo. E quando qualche automatismo si inceppa i gol arrivano con il contagocce. Senza una prima punta in rosa (l’unica era Hrgota, venduto all’Eintracht in estate), inoltre, le cose si fanno più difficile. In sostanza: deve sempre andare tutto bene. E in periodi come questo vien da sé che la gravità della situazione è amplificata dall’assenza di un giocatore che sappia segnare. Quando serve, chi la decide? Il capocannoniere a oggi è Stindl, ex centrocampista adattato attaccante, a quota tre gol. Qualcosa non va.