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(Ri)presentarsi così: rovesciata-Marques, la Juve ha un nuovo gioiello

Qualcuno sabato sera lo diceva: “È come la figurina Panini”. Cosa? Il gol, è chiaro. Quella rovesciata che da quando hai 4, 5 anni vedi disegnata sull’albo che ogni anno vuoi farti comprare dai tuoi genitori. È la storia, quella. E intanto la sua storia prova a scriverla con la maglia della Juventus Alejandro Marques. Per ora nell’Under 23, poi si vedrà.

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Il progetto bianconero è chiaro: guardarsi intorno, puntare sui giovani, far fare loro le ossa in Serie C e prepararli a palcoscenici più di rilievo. Non che la punta di Caracas, ma con passaporto spagnolo (e vorrebbe giocare in quella Nazionale), non ne conoscesse: arriva dal Barcellona (i dettagli), e un’intuizione della Juve lo scorso gennaio permise di arrivare a lui prima degli altri. Stava per andare a scadenza, non c’era tempo da perdere: la dirigenza l’aveva capito subito. “Prendiamolo”, aveva detto l’allora ds Fusco, che ha salutato a giugno lasciandosi in ottimi rapporti con tutti. Lo ha seguito, insieme con tutto lo staff, per oltre un anno.

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Detto, fatto. Poi c’è stato il lockdown, e poco tempo per poterlo vedere davvero all’opera. Ha segnato la sua prima rete durante i playoff, alla sua quarta in bianconero: 2-2 alla Carrarese e sogno di promozione infranto per questioni di classifica. Pazienza. Ci si può riprovare quest’anno.

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C’è Zauli e non più Pecchia, ma Marques, classe 2000, è rimasto. E gli bastano due partite per segnare. Contro la Giana Erminio, l’attaccante ha realizzato una rete strepitosa: di rovesciata, con la palla che sbatte sul palo e si insacca. È il gol dell’1-1, vinceranno poi i bianconeri grazie a una rete strepitosa (un’altra) di Ranocchia da fuori. Bel gesto tecnico, sì. Ma quella rovesciata è una perla che però non fa stupire chi lo conosce bene.

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Ha questi colpi”, raccontano gli addetti ai lavori. È un ragazzo silenzioso, pensa molto al campo e poco al resto. Il suo tragitto da casa lo porta sempre a Vinovo, meno verso il centro città. Con lui, c’è quasi sempre il papà: quando era piccolo, aveva preferito lasciare il Venezuela perché spaventato dalle tensioni politiche. Un sacrificio enorme per arrivare in Spagna, che sta però a poco a poco ripagando. A Torino vuole che il figlio resti con i piedi per terra ma che pensi anche, e soprattutto, a divertirsi. Un po’ come capita quando si spacchettano le figurine. (Ri)presentarsi così non è affatto male.