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Cherchesov, l’homo sovieticus che sfida l’impossibile

Stanislav Cherchesov ha l’aspetto di un duro, la nomea di "intransigente" e il physique du role dell’homo sovieticus. Capisci chi è studiando il suo sito e osservando com'è strutturato. Semplicemente il colore, grigio metallizzato: emblematico, significativo, chiarificatore di una personalità indecifrabile – “gelida e pungente” – paragonata dai russi all’inverno di Mosca. Le pagine sono normali, i caratteri austeri e molto semplici, non c’è un filo di eccentricità, nulla di particolare. Perfino la foto copertina è vecchia, risale addirittura al 2016. È un sito che fa di tutto per passare inosservato e ci riesce, magari lo cambierà un po' a fine Mondiale, ma accanto alla voce “filosofia” spunta una frase. Leggi e capisci ancora meglio: “Avanti senza dubbi, nessuna paura”. Come contro la Spagna, superata ai rigori. Russia compatta, qualitativamente “grigia” come quel sito, ma dannatamente pragmatica. Specchio dell’allenatore e della sua visione delle cose.

 


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DIETRO LE QUINTE

Cherchesov è uno che parla poco, ma legge molto. Soprattutto “i tatuaggi dei suoi calciatori”. Particolari come i suoi baffi, diventati icona dopo l’impresa mondiale. La sua Russia ha resistito contro la Roja, ha trasformato il Luzniki in una Stalingrado del pallone: prima volta ai quarti dopo anni di delusioni (vedi la papera di Akinfeev nel 2014). Merito del CT e di quei dogmi descritti nel suo sito, austero e semplice. Grigio come lui. Pure troppo.

Prima di questo Mondiale, Cherchesov era il più classico dei “signor nessuno”. Portiere, figlio di un’autista di autobus e di una donna delle pulizie, nel ’90 buttò fuori il Napoli di Maradona dalla Champions. Ha giocato con lo Spartak Mosca vincendo 3 volte il “titolo” di miglior portiere russo, poi si è trasferito nel Tirolo vincendo altrettanti campionati austriaci. Legatissimo a Innsbruck, prima dell’evento ha portato la Russia in ritiro nel vecchio impianto dove giocava prima: “È una seconda casa”. Aveva quei “baffoni” anche 15 anni fa, mai cambiato taglio. Prima del Mondiale veniva deriso e preso in giro da tutte le tv nazionali, oggi nessuno parla più, quel “baffo” ha dato speranza, perfino Putin continua a complimentarsi.

 


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Nel 2016 alcuni portali si chiedevano “se fosse l’uomo giusto” per il dopo Slutsky, oggi invocano il suo rinnovo anche in ottica Europei (e Nations League). Vita mutata in meglio grazie a un catenaccio con la Spagna, a una difesa a 5 che fino a quel momento aveva sempre fallito, nessun successo in amichevole e una sfilza di infortuni. Gol subiti ed errori. Lui ha rischiato, ha cambiato e infine ha vinto, centrando uno storico quarto contro la Croazia. Emblema di un concetto chiaro: “Scelgo il modulo in base alle caratteristiche dei giocatori”. Come Zhirkov, Kutepov o Dzyuba. Meglio se rispettosi del suo ruolo. Igor Denisov si scagliò contro di lui ai tempi della Dinamo Mosca, criticò la sua gestione e le sue scelte, disse che il ct aveva “favorito” il figlio del presidente facendolo giocare. In breve: apostrofò Cherchesov come “pagliaccio” di fronte a tutti i suoi compagni. La Dinamo sospese Denisov, poi lo mise in lista trasferimenti e se ne liberò. Stanislav se ne andrà per altri motivi, ma Denisov non ha mai più visto la Nazionale, nonostante le critiche di tifosi e addetti ai lavori.

 

SFIDA ALL'IMPOSSIBILE

 


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Con lui non si sgarra, è andata così anche al Legia Varsavia: dopo aver vinto campionato e coppa nazionale andò dalla società per chiedere una rosa competitiva per la Champions. Loro rifiutarono, lui si dimise. Coerenza. E’ il suo stile del resto. Gelido verso i nemici, ma “buono” verso chi gli dimostra fiducia. Dopo la vittoria con la Spagna, ha elogiato un cronista peruviano in sala stampa per aver sempre creduto nei suoi ragazzi. Un gesto nobile e da signore, mascherato da un’austerità tipica dell’Urss, che a sua volta nasconde ambizione: “Chiunque può arrivare ad essere Dio se lavora sodo”. Lui l'ha fatto, ha "parato" ogni critica come faceva da ragazzo, tolto dall'incrocio le malelingue portando la Russia più lontano di tutti. Diventato "Dio" per qualche ora. Ora sfida l'impossibile. Meritatissimo.