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La parola tabù è stata sdoganata in modo inconsapevole dall’eroe di serata: “Dobbiamo continuare così ma non voglio parlare di scudetto”. La Lazio non ci crede solo a parole, vola bassa, ma il sogno è stampato in testa. In questo caso quella di Caicedo, il re dei tempi di recupero, il Re Mida delle situazioni disperate. Tra Sassuolo e Juve ha toccato 14 palloni per fare 2 gol e portare 6 punti alla Lazio, con il Cagliari ha mantenuto la media e confermato il risultato: stacco su Piscane e gol che vale il sogno. 

Scudetto. La parola fa paura, abbaglia. Poi guardi la classifica e pensi “è possibile”. Controsensi di una stagione pazza, come i 5 minuti finali della Sardegna Arena. Il motivo per cui credere che tutto è possibile. Al 93’ la Lazio era tornata sulla terra, sedotta e abbandonata da un'idea più grande di lei. Al 98’ lo stacco di Caicedo ha riportato i biancocelesti in Paradiso, a 3 punti dalla vetta. 

Lazio, i numeri di una stagione da record


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Felipe si è tolto la maglia, ha mostrato i muscoli e fatto il gesto del cuore. Ha corso per tutto il campo consapevole di aver assestato un macigno alla zona Champions, aprendo spiragli per vette inaspettate. D’altronde a far sperare ci si mette anche il fato. Sette minuti di recupero, Faragò che scivola sul più bello davanti a Strakosha, la zuccata di Caicedo quando non ci credeva più nessuno. 

Questa Lazio ha diritto a sognare, almeno fino a quando talento e follia sosterranno le ambizioni di una stagione che sta diventando magica. Otto vittorie consecutive, come Delio Rossi e Pioli e ad un passo da Eriksson, fermo a 9. 36 punti in 16 giornate, che considerando i tre punti a partita equivalgono alla migliore partenza della storia biancoceleste a questo punto della stagione, al pari soltanto della Lazio scudettata della stagione 1973/74. La banda Inzaghi è l’unica in Europa che segna 2 o più gol da 11 partite consecutive. Non si ferma più. Questa Lazio è la pazzia di un sogno che fa sempre meno paura, come la parola scudetto.  


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