Burdisso: “Mi piacerebbe fare il Ds in Italia. De Rossi straordinario”
Nicolas Burdisso, che il 10 ottobre 2018 ha annunciato il suo ritiro dal calcio giocato, dentro a questo mondo è comunque rimasto. Via gli scarpini, al loro posto giacca e cravatta. Da difensore a direttore sportivo, la prima esperienza nel suo Boca Juniors, laddove è cresciuto prima di volare in Italia: "La mia grande scommessa era il settore giovanile – ha raccontato in diretta a Casa Di Marzio – su quello potevamo fare la differenza. Quando sono arrivato, la squadra aveva appena perso una finale (di Copa Libertadores contro il River ndr) e dovevamo fare una ricostruzione prima di tutto a livello umano. Ci siamo riusciti e sono felicissimo. Un mese fa questo club ha vinto lo scudetto e ne aveva bisogno".
Poi l'addio, anche se prima ha portato in Argentina Daniele De Rossi: "Per lui è stato semplice. I grandi campionati solitamente si portano via i nostri giovani migliori. Noi dovevamo ragionare al contrario. Mi sono chiesto; perché noi argentini, che abbiamo i mezzi,non possiamo portare qui un personaggio come De Rossi. Mi sono venuti in mente tre o quattro nomi europei, ma Daniele aveva tutto quello che cercavo. Per un italiano mettersi in gioco qui non è stato semplice. Prima di provarci, ho aspettato di vedere cosa avrebbe fatto la Roma, che era comunque la sua casa e che quindi doveva avere la precedenza. Dopo aver visto la loro scelta, l'ho chiamato dicendogli di volergli offrire una soluzione e di pensare nel caso anche a noi".
De Rossi in Argentina è stato accolto fin da subito come una star: "Ha fatto delle cose qui tali da mettersi tutti dentro la tasca – ha sorriso Burdisso – è molto umile. Vedere campioni come lui che si mettono al pari nostro è bellissimo. Era sempre circondato dai più giovani, che volevano ascoltarlo. E lui li accontentava con tantisima passione".
In Italia Burdisso ci vorrebbe tornare: "E' la mia seconda casa e perché è simile all'Argentina. E poi la figura del Ds lì è forte. Io ne ho avuti di bravissimi come Oriali e Branca, poi Pradè, Baldini e Sabatini. Infine Petrachi. Ho imparato tanto da tutti". Chissà che un giorno a Marassi non si possa giocare Genoa-Boca: "Sarebbe bellissimo. Mi auguro che in futuro qualche squadra italiana venga a fare ritiri da noi, dove si segue molto il calcio italiano".
Poi un tuffo nel passato, quando il campo lo calpestava invece di guardarlo dalla tribuna. A partire dagli anni all'Inter, dove è arrivato giovanissimo nel 2004: "Il popolo interista mi è stato accanto durante la leucemia di mia figlia. Quando sono tornato, mi sentivo tutelato da Moratti, dai compagni e dalla gente. Ho vissuto 5 anni a Milano in questa situazione, ma mi sono sempre sentito a casa nonostante avessi solo 22 o 23 anni. Poi sentivo la pressione di dover dare il massimo. Nel 2009 sono andato alla Roma, dove sentono il calcio come in Argentina. Ho dovuto lottare contro i miei ex compagni per lo scudetto. A maggio però ero molto contento per la loro Champions".