Lo scudetto di Bruno Peres: “Gioia in Turchia! Roma? Potevo fare di più”
L’esterno campione con il Trabzonspor: “Torino seconda casa, il gol alla Juve il mio più bello. A Roma mi sono sentito arrivato, ma con Fonseca…”
La chiamata si apre con Whatsapp video: “Almeno ci vediamo in faccia”. Bruno Peres sorride, è rientrato a casa da poco e ha ancora il cappellino in testa. Non se lo leverà mai. “Sono appena tornato dalla fisioterapia, scusami il ritardo”. Un altro sorriso, gli fa piacere parlare del suo passato non sempre felicissimo, del suo futuro, ma anche del suo presente. Che ha ancora il dolce sapore della vittoria: il Trabzonspor ha vinto il campionato.
“Sono tre giorni che si festeggia, non aspettavano altro qui” commenta in esclusiva a Gianlucadimarzio.com. “Quando ero arrivato, l’obiettivo era finire nei primi tre posti: la squadra era forte e lo sapevamo. Ma poi abbiamo cominciato a fare delle grandi partite, ne abbiamo vinte tante di seguito e ce l’abbiamo fatta”. Lui in campo non c’era, perché proprio di recente ha subìto un’operazione per una parziale rottura del tendine d’Achille. “Tornerò fra qualche mese”, dice. “Non vedo l’ora”.
Dal Brasile al Torino, Peres: “Ventura mi ha cambiato”
Gli si illumina il viso, perché parlare del presente gli piace. Ma non è tanto da meno quando ricorda la Serie A. “L’Italia è la mia seconda casa”, non si nasconde. Dal 2014 al 2016 è stato al Torino. Poi due anni alla Roma, dove è tornato per una stagione e mezzo tra il 2020 e il 2021. Quasi una carriera intera. E pensare che in granata rischiava di non giocare nemmeno una partita: c’era stato un problema di passaporti, lui si era infortunato e il suo acquisto dal Santos rischiava di essere annullato. “Ero già rassegnato a tornare, ma non volevo proprio. E poi a Ventura piacevo, mi ha detto che bisognava trovare un modo per farmi restare, che in Italia avrei fatto bene”.
All’ex ct, Peres vuole bene “Come a un padre. Mi ha insegnato il calcio in Italia, a crederci. Non mi faceva mai un complimento, o diceva che mi sarei esaltato troppo. Abbiamo anche litigato molto, ma poi mi abbracciava sempre e ripartivamo. Tutte le volte che torno in Italia cerco sempre di incontrarlo”. Era arrivato a Torino a ventiquattro anni. In Italia lo cercavano anche Parma e Cagliari, “Ma poi il mio procuratore, Bernardo da Silva, mi aveva detto di scegliere il Toro proprio per Ventura”. Non aveva sbagliato.
Bruno Peres e il gol nel derby: “Il più bello della mia carriera”
“A Torino”, ricorda, “ho anche segnato il gol più bello della mia carriera”. Era il novembre 2014, nel derby contro la Juve. Non una partita qualunque, con il Toro a digiuno dalla rete da dodici anni. “Il giorno prima di quella partita, ero in macchina con Amauri: gli dissi che avrei segnato di sicuro. Lui mi aveva detto che avrei dovuto però fargli anche un assist. Glielo promisi. E avevo ripetuto la promessa anche a cena, davanti a lui e a Josef Martinez: ‘Ve lo assicuro, domani segno’. Stavamo perdendo, a un certo punto avevo recuperato palla. Mi ero voltato, nessuno mi seguiva, e davanti avevo spazio. Allora avevo iniziato a correre, pensando di arrivare almeno vicino all’area per crossare“.
“Ero convinto che qualcuno mi avrebbe fermato, come Vidal, che però a un certo punto era tornato verso il centro del centrocampo, perché non mi stava dietro. E poi anche Chiellini e Bonucci: si erano avvicinati, ma poi erano andati più in mezzo, dove c’era Quagliarella. Una volta entrato in area mi ero detto: ‘Non la passo più. Io qui devo tirare’. È stato un gol incredibile. Da quel giorno, i tifosi del Torino hanno capito che non ero solo un giocatore arrivato da pochi mesi. Ma Bruno Peres: quello che aveva fatto una grande rete nel derby”.
Peres e la Roma: “Potevo fare di più”
Era stata la sua consacrazione: due anni dopo si era presentata la Roma, l’occasione della vita. “Ho lavorato con Di Francesco, un altro allenatore molto duro e preparato”. Con lui, nel 2018, era diventato protagonista in Champions: “Feci un salvataggio sulla linea clamoroso contro lo Shakhtar”. Era il 21 febbraio. “Senza quel mio intervento, non saremmo riusciti a passare il turno nella partita del ritorno. Quell’anno fu molto positivo per la Roma e quell’episodio mi permise di avvicinarmi di più ai tifosi”. Ma non si nasconde: “Se ho un rimpianto, è che in quei due anni nella Capitale avrei potuto fare molto di più. Roma è una piazza difficile e io mi ero sentito arrivato. Avrei potuto fare molto di più, ma se non avessi fatto quegli errori, adesso non sarei la persona che sono diventato: si sbaglia, si impara, si cresce”.
Dopo quei due anni, nel 2018 avrebbe potuto tornare proprio a Torino: “Mi avevano chiamato Cairo, Petrachi e Pantaleo Longo: mi volevano tantissimo. Solo che la mia ex moglie preferiva tornare in Brasile, e così avevo scelto di stare con la mia famiglia”, dice. Chissà come sarebbe andata.
E se un ritorno non va, un altro invece funziona. Un anno e mezzo in Sudamerica, quindi la chiamata di Petrachi, che era passato alla Roma. “Mi aveva chiamato, perché mi voleva Fonseca”. Un altro allenatore di quelli che Peres proprio non dimentica. “Con me è stato speciale: mi aveva detto che mi rivoleva indietro, ma che avrei dovuto aiutarlo. Che non dovevo fare sciocchezze, che era tutto nelle mie mani. Una bella responsabilità. Addirittura, Petrachi lo aveva convinto a cambiare modulo, passando alla difesa a tre. ‘Devi lasciare libero Bruno sulla fascia’, gli aveva consigliato. Potete capire come mi ero sentito”, dice.
Con Fonseca tutto rose e fiori? “Figuriamoci. Giocai bene, e mi diede tanto spazio. E il fatto di comunicare in portoghese mi aiutava parecchio. Anzi, a volte troppo. Quando ero arrabbiato, senza pensarci lo mandavo a quel paese nella mia lingua… che era anche la sua! Lui lo capiva al volo, e mi diceva: ‘Ma che stai a fa’”. In perfetto romanesco. “Io manco ci pensavo, subito. Poi me ne accorgevo…” e ride.
Il sogno di fine carriera e le parole di Mourinho
La scorsa estate sarebbe potuto rimanere in Italia (c’erano state il Genoa e il Verona), ma alla fine era arrivata la chiamata della Turchia, e aveva scelto questa nuova avventura fuori dall’Italia. Sembrava un capitolo chiuso, anche se in una conferenza stampa, dopo una partita contro il Venezia, Mourinho aveva detto che di Peres non avrebbe fatto a meno. “E già quando ci eravamo affrontati ad agosto in Conference League gliel’avevo detto: ‘Se gioco bene, mi riprendete?’. Mourinho aveva riso. Sapere poi che aveva detto quelle parole, mi ha fatto un grande piacere”.
Forse in Italia tornerà: “Non sarebbe male. Anche se per qualche anno preferisco restare in Turchia. La chiusura della carriera? La vedo in Brasile, a casa mia”. Non dice la squadra, ma solo il campionato. “Sarebbe come chiudere in bellezza” un percorso lungo, fatto sempre di corsa. Tra errori, cadute e risalite. Ma con orgoglio.