L’Allenatore nel Pallone, 35 anni di svolta
Canà, Aristoteles, la Longobarda: nell’autunno 1984 l’Italia scopriva la commedia che avrebbe cambiato il modo di vedere il calcio
Ha anticipato la favola Chievo, la saudade di Edmundo e Adriano, l’immagine rusticana del primo Sarri. O almeno, così ci ha fatto credere: in realtà c’era già tutto, Lino Banfi e L’Allenatore nel Pallone hanno avuto il grande merito di raccontarlo. Sono passati 35 anni, da quando nei cinema italiani usciva una pellicola che avrebbe stravolto l’immaginario collettivo. Dello sport, ma non solo.
Idea semplice, la storia della squadra di provincia alla prova Serie A. Eppure, un dietro le quinte mai realizzato prima. Fino ad allora, anni ’70 e ’80, nel pallone sembravano esserci tutti…fuorché gli addetti ai lavori: stadi stracolmi, radioline a gogo. Ma calciatori e dirigenti entità lontane, quasi leggendarie. È l’epica fantozziana, dello “Scusi, chi ha fatto palo?” che fotografa il delirio da clima partita del tifoso medio. Eccezzziunale…veramente approfondisce il tema, la regia di Sergio Martino va oltre e dà vita e spettacolo all’altro lato del gioco.
Così nascono il mondo della Longobarda e di Oronzo Canà. L’una, inedita neopromossa con tutte le difficoltà della prima volta: nel 1980/81 c’era stata la parabola Pistoiese, lasciando spazio al verosimile. L’altro, ingenuo lavoratore in un mare di squali, carattere da commedia che piace alla gente, libero omaggio all’omonimo Pugliese. Sarebbe stato Nils Liedholm in persona, a consigliare il soggetto a Banfi. Un pittoresco allenatore del passato, che con il suo Foggia divenne il 'Mago di Turi' battendo la Grande Inter di Herrera: ma appunto, chi se lo ricorderebbe senza il film!
Disavventure a lieto fine che portano gli italiani a scoprire l’adrenalina del calciomercato (Platini? Rummenigge?? ‘Maradonna’???”), a ridere sulle più o meno amare novità di uno sport che evolve, dai tentativi di combine alla pasta scotta che fa da sponsor, ad accettare l’idea che capirci di tattica, tutto sommato, non è cosa da tutti (viva il 5-5-5). Ma soprattutto a conoscere loro: calciatori e allenatori. Pruzzo, Zico, De Sisti. Attori per un giorno, e dunque fuori dal solito teatrino. Senza lo sketch Canà-Liedholm forse non ci sarebbe mai stata la Papu Dance, una commistione tra campioni e pubblico così evidente ai tempi dei social.
E poi il Brasile. Terra da deus ex machina per risolvere una stagione, il fascino esotico ormai diventato ordinaria strategia di mercato. Banfi e Roncato, un po’ Totò e Peppino, tirano fuori dalle spiagge di Copacabana il talento di Aristoteles (già esisteva Socrates, non vorremmo farne una questione di filosofia). È il lato più poetico del film, che alterna gol e nostalgia di casa, pazienza se l’interprete dell’attaccante si chiama Urs Althaus ed è svizzero-nigeriano, con grande dignità. Sarà perché l’Italia qualche anno prima era rimasta colpita dal caso Eneas, promessa paulista piegata dall’inverno bolognese, sarà perché L’Allenatore nel Pallone vuole dar voce proprio a tutti.
Anche al fantomatico capitan Speroni: all’apparenza integerrimo professionista, nei fatti corrotto in campo e fuori, con la moglie del presidente imbroglione. Stasera a Firenze, l’attore Stefano Davanzati racconterà i suoi retroscena di un film che ha cambiato tutto.
“L’avevano preso per un c…”, Oronzo con la sua Longobarda. “Ma no, sei un eroe!”, gli ripetiamo volentieri 35 anni dopo.