Miceli, sacrifici e riscatto: dall’Europa con la Lazio a Piacenza
Pablo Neruda scriveva così: “Siamo nati per rinascere, ogni giorno”. Ogni stagione.
E stavolta Alessio Miceli spera sia la volta buona, soprattutto dopo un paio d’anni passati più a guardare gli altri che a giocare. Problemi fisici continui, poco campo e tanta fisioterapia. Ora basta.
Il Piacenza di Vincenzo Manzo ha creduto in lui e l’ha tesserato. Alessio ricomincia, segue Neruda, dopo aver conquistato il club e il d.s. – Simone Di Battista – in una prova di due settimane. Classe ’99, 21 anni, centrocampista di qualità ma all’occorrenza anche difensore.
Un ruolo già ricoperto in Primavera con la Lazio tre stagioni fa, utile in occasione del suo esordio in Europa League con i biancocelesti.
Europa e Lazio
Novembre 2017, Lazio-Vitesse all’Olimpico, Miceli entra al posto di Basta a 5’ dalla fine e un minuto dopo salva un gol quasi sulla linea.
Merito del suo passato da difensore, anche se il suo ruolo resta quello di regista. Visione di gioco, tecnica, testa alta, personalità (tre anni fa fece 15 assist da difensore). Inzaghi soddisfatto, tant’è che nella giornata successiva, in Belgio contro lo Zulte Waregem, gli regalerà anche il primo match da titolare con la Lazio, il club in cui è cresciuto e dove ha sempre segnato, gioito.
Riscatto
In Primavera ha fatto il capitano, calcia punizioni e corner con entrambi i piedi, come faceva Hernanes. Tre anni fa ha lasciato i biancocelesti e ha scelto la Feralpi.
Ora ricomincia da Piacenza, sempre in C. Ha saltato le ultime amichevoli per un problema fisico ma è pronto a rimettersi in gioco. L’ultima stagione ha giocato all’Olbia, 5 partite in C. L’ultima decisiva. Contro la Giana Erminio, nel ritorno dei playout, ha calciato il corner da cui è nato il gol dell’1-1 finale. Un guizzo da salvezza.
Un’alzata di testa per far capire che quando sta in forma è un giocatore di livello, formato dal carattere e dai sacrifici. Alessio è di Genzano, vicino Roma, e ogni giorno si faceva 60km di macchina per andarsi ad allenare a Formello. Avanti e indietro su una Ford.
Sacrifici
Andrea Bonatti, ex allenatore della Lazio primavera, l’aveva preso come esempio: “Rappresenta la mia idea di calcio”. Perché Alessio, come dicevamo, ha ricoperto una sfilza di ruoli. A otto anni segnava sei gol a partita; con Cesar in panchina, sempre alla Lazio, arrivò addirittura a 33.
Faceva il trequartista, Bonatti lo spostò più dietro perché uno con quei piedi doveva dirigere il gioco. Ragazzo tranquillo, educato, credente, senza alzate di testa. Merito di una famiglia che l'ha sempre seguito, la stessa che lo accompagnava a turno a Formello costruendogli attorno le basi per un sogno.
Ora una nuova tappa, sperando che il buio sparisca. Come ci insegna Neruda.