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That’s Zamora, il working class hero della Premier si racconta: “Dal Senrab al West Ham, il mio sogno realizzato”

La nostra intervista a Bobby Zamora: l’eliminazione della Juve, Scaloni e le nuove generazioni

“When the ball hits the goal it’s not Shearer or Cole, that’s Zamora”: dal Brighton al Fulham passando per l’amato West Ham. Non c’è stadio dove non è stato cantato questo coro quando giocava Bobby Zamora. Il working class hero della Premier League per eccellenza. Lo vedevi in ogni palla che andava a recuperare nell’area avversaria: la cattiveria agonistica di un operaio e l’agilità di un ballerino. Come si fa a diventarlo? “Tanto lavoro e dedizione. Io volevo solo giocare a calcio a prescindere dalla serie. Farlo in Premier è stato un sogno, racconta l’ex attaccante ai microfoni di gianlucadimarzio.com.

“Non voglio fare il vecchio, ma ai miei tempi quando eri giovane ti facevano pulire lo stadio, imbiancare i locali ecc “. Situazione parecchio cambiata al giorno d’oggi. Ora i giovani guidano già i macchinoni, hanno tutto facile. La generazione che sta crescendo non mi piace. La Premier League ora è troppo grande e i soldi che girano sono troppi”.

 

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In Italia Bobby è ricordato soprattutto per l’eliminazione della Juventus dall’Europa League nella stagione 2009-2010. 3-1 all’Olimpico di Torino, 4-1 a Craven Cottage. “È stato incredibile, sia quella partita che il mio periodo al Fulham, nessuno era una star. Roy Hodgson ci faceva giocare un po’ all’italiana. L’andata avevamo fatto schifo, il ritorno è stata la partita perfetta”. Era stato proprio Zamora a dare il via alla rimonta. Segnare a Buffon è stato bello, era ancora il campione del mondo in carica. Mi aveva impressionato Del Piero, gli ho visto fare cosa fantastiche“.

Il Tottenham e la favola Senrab e le scampagnate con Terry

Forse è stata quella partita l’apice della sua carriera. Riavvolgendo il nastro si riparte dall’est di Londra, dove tifare West Ham è il primo obbligo di vita, e giocare al Senrab il secondo. La squadra, ora nella Sunday League, è stata protagonista di un’annata d’oro nel settore giovanile. “Avevo 14 anni. Io, King, Kinchesky, Samuel e John Terry ci siamo ritrovati lì. Ci avevano detto che al massimo solo uno in tutta la squadra sarebbe diventato un professionista. Chi lo aveva detto forse non era il miglior talent scout del mondo. “E infatti abbiamo giocato tutti in Premier. Purtroppo ho perso di vista Samuel, ma siamo grandi amici con King, Konchesky e Terry. Tra due settimane dovremmo rivederci per una scampagnata“.

Da Senrab, Bobby Zamora si sposta a Brighton, dove inizia a nascere la leggenda, e soprattutto, il coro. “Sentire tutti che cantano per me è stato fantastico. Poi a Brighton mi sono trovato benissimo ed è stato un orgoglio per me aver giocato lì”. La grande chiamata è quella del Tottenham. Non la sua stagione migliore, ma “è stato comunque importante giocare lì. Avevamo grandi giocatori: Robby Keane, King, tanti giovani e di grande talento. Poi a fine stagione Glenn Hoddle, che mi aveva voluto, è andato via e sono andato via anch’io”.

 

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Il sogno West Ham insieme a Scaloni

Una sponda all’altra di Londra e finalmente arriva quella domanda che aspettava da una vita: “Bobby vuoi venire a giocare con il West Ham?” Non mette la maglia che indossava da piccolo solo perché gli entrerebbe in un braccio. “Quando ero nell’academy ci portavano a vedere le partite a Upton Park (storico stadio del West Ham, ndr). Ancora ricordo la prima partita, ero rimasto affascinato davanti allo stadio che cantava ‘I’m forever blowing bubbles’. La stessa canzone, simbolo degli Hammers, che ha sentito risuonare quando in mezzo al campo con la maglia del West Ham c’era lui. Pazzesco, non era cambiato niente“.

Per pochi mesi, con il West Ham insieme a lui gioca anche Lionel Scaloni. La domanda sorge spontanea: ti aspettavi che potesse diventare così bravo come allenatore? “Oh no man”, l’accento londinese si sente anche mentre ridacchia. “Ma sono molto contento per lui, è un bravissimo ragazzo. Era arrivato che non sapeva parlare in inglese. Ma in campo faceva parlare i piedi”, e qualche tibia spezzata. “Un vero difensore con lo spirito argentino”.

 

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Il nuovo Zamora

Fulham, la promozione con il Qpr e poi l’ultima stagione romantica al Brighton. Ora Bobby Zamora si gode la vita da ritirato. E qualcuno pensa anche che sia stata una liberazione per lui. Quando ancora giocava erano circolate voci di una sua presunta intervista dove diceva di odiare il calcio. Ma “quando l’ho letto in giro mi sono chiesto quando mai l’avessi detto. Era vero però che non guardavo tanto calcio, guardavo solo le big. Di sicuro non tanto quanto Danny Murphy (ex Liverpool, suo compagno al Fulham, ndr), lui guardava ogni singola partita”. Difficile anche vedere uno Zamora allenatore. “Non fa per me, non lo sopporterei. Ma mi manca troppo l’atmosfera degli spogliatoi. Ma come sarebbe Bobby Zamora dalla panchina? Lavorerei solo con gli attaccanti e ci alleneremmo due mattine a settimana per poi fare la partita. Il sogno di ogni centravanti.

Il suo l’ha già realizzato: dai campetti dell’est di Londra a eroe per generazioni della classe operaia. Forever that’s Zamora.