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Welcome back, Defoe: 4 anni dopo di nuovo con l’Inghilterra. In ricordo di papà…

Sacrificio e coraggio: le storie più belle si scrivono così. E poi chi lo ha detto che a 34 anni si è ‘vecchi’ per togliersi le proprie soddisfazioni da calciatore? Jermain Defoe è l’esempio in carne ed ossa: 4 anni dopo, rieccolo in Nazionale. Per i match contro Germania (amichevole) e Lituania (qualificazione ai Mondiali 2018), il ct Southgate non ha avuto dubbi: l’Inghilterra dovrà affidarsi alla fame dell’attaccante di origine caraibiche. Già, perché la propensione al sacrificio e il coraggio del classe’82 provengono dalle bellissime e soleggiate spiagge dei Caraibi. Lasciate ben presto dai genitori di Jermain per cercare in Inghilterra la ‘terra promessa’ dove far crescere i propri figli. Con il padre, un rapporto speciale: eroe da piccolo, esempio e modello da cui imparare i valori della vita da grande. Volato via presto, troppo. E salutato (anche) con un gol all’Italia: in amichevole, una settimana dopo la tragica notizia.

L’ascesa nel calcio è veloce: muove i primi passi nella squadra del Senrab – da dove è uscito anche un tale John Terry -, prima di essere notato dal West Ham. Contratto firmato e… subito al Bornemouth a farsi le ossa. I palcoscenici della Second Division, però, gli stanno stretti già a 18 anni. In 29 presenze mette a segno 18 gol, conquistandosi la Premier League e i complimenti di Harry Redknapp: “Non lo butta già niente, è un tipo goleador. Ha un grande futuro davanti”. Detto, fatto. Con gli Hammers impara a farsi amare, con il Tottenham entra nella storia. Come nel 2009 quando, in un match contro il Wigan finito 9-1, mette a segno cinque marcature. Un’impresta eccezionale, che lo proietta negli annali della Premier League. Chi altro c’è riuscito? Alan Sherare, Andy Cole e Dimitar Berbatov. Fuori dal campo, però, la situazione è tutt’altro che rose e fiori. Nell’aprile dello stesso anno, deve far i conti con l’assassinio del fratellastro Jarde, ucciso con calci e pugni nella zona est di Londra. Un evento che lo segnerà in maniera indelebile. Nell’estate del 2012, un nuovo lutto: questa volta, Defoe è costretto a dire ‘addio’ al padre, venuto a mancare a poche ore dall’inizio dell’Europeo in Francia.

Il resto, è storia nota. A partire dallo sbarco a Toronto: un cliché per i calciatori alla fine della propria carriera. Ma chi lo ha detto che è già tempo di dire basta? Una chiamata all’agente e di nuovo in Premier League. Questa volta la scelta coraggiosa è quella di ricominciare, reinventarsi. Con i colori del Sunderland addosso. E, ovviamente, con quelli dell’Inghilterra. Riconquistati 4 anni dopo a suon di gol (14 finora in Premier League) e con il solito sacrificio. L’ultima volta? Il 15 novembre del 2013, in un Inghilterra-Cile finito 0-2. Giusto il tempo di firmare la 55esima presenza (condite da 19 reti) e poi salutare. Non per sempre, però. Contro Germania e Litunia, di nuovo presente. “Un sogno che si realizza, non vedo l’ora”, scriveva poche ore fa l’attaccante. La dedica? Alla famiglia, “che mi è sempre stata vicino. E, chissà, magari anche al papà. Pensiero fisso, indelebile. Affinché, questa volta, l’esperienza in Nazionale non si mischi con il dolore della perdita. Ma solo della conquista.