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Vivarini, la caccia e il bel gioco: così il Bari ha riavviato il motore

Viaggio nel mondo dell’allenatore abruzzese: 14 punti in 6 partite con i biancorossi

"Io ho una convinzione: chi gioca bene vince e siccome il nostro obiettivo è quello di vincere, dico che se giochiamo bene vinciamo". Il manifesto di Vincenzo Vivarini e della sua idea di calcio è tutto in due concetti: bel gioco e punti. Troppo semplice, penserà qualcuno. Tra la teoria e la pratica, però, ci sono i risultati. Quelli che l'allenatore abruzzese, chiamato a Bari il 24 settembre per prendere il posto di Giovanni Cornacchini e dare la sterzata alla stagione di una squadra costruita per puntare in alto e capace di ottenere solo 7 punti nelle prime 5 giornate. A un mese dall'approdo in Puglia, il cammino è già a buon punto: 14 punti in sei giornate, passo tenuto solo da Reggina e Potenza (non a caso prima e seconda della classe nel girone C di serie C), e la sensazione di aver già conquistato l'ambiente. Giornata dopo giornata, Vivarini a Bari sta diventando non solo un cognome, ma un vero e proprio modo di intendere il calcio.

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"Ho fatto tanta gavetta e tanto lavoro. In questi ultimi 4 anni mi è stato tolto tanto. Lo stesso programma che ha il Bari l’ho io, abbiamo gli stessi obiettivi. Per me non poteva esserci piazza migliore". Così l'ex allenatore di Latina (ultimo posto, ma con un club sull'orlo del fallimento), Empoli (esonerato da quinto in classifica) e Ascoli (portato alla salvezza con buon anticipo) si era presentato in biancorosso, accompagnato dal collaboratore tecnico Andrea Milani (33 presenze da calciatore con il Bari nella stagione 2006/2007) e dal preparatore atletico Antonio Del Fosco. Alla chiamata della proprietà De Laurentiis, ha dato l'ok in 10 minuti. In valigia l'affetto della famiglia, con due figlie che quando possono lo seguono volentieri. Anche loro appassionate di calcio, il grande amore di Vivarini. Quando non è sul campo, i suoi amici raccontano che si dedichi alla visione e all'analisi video di partite di ogni categoria e latitudine. Riservato, meticoloso, preciso. Come i due modelli di riferimento nel mondo del calcio: Maurizio Sarri e Marco Giampaolo. Amici, legati da un rapporto di stima reciproco e incrociati sul lavoro. Non a caso, Sarri fa parte delle sliding doors della carriera dell'allenatore. Estate 2018: "Mi segui al Chelsea nello staff?". Vivarini preferì proseguire in B, con l'Ascoli che gli si avvicinava. Manifesto di una gavetta mai interrotta.

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Concretezza fatta persona, a differenza di tanti colleghi per Vivarini la parola "scaramanzia" è una perfetta sconosciuta. C'è solo una deroga che concede al dio pallone: la caccia, grande passione nel tempo libero. La condivide con i suoi cani e a volte si spinge anche all'estero per coltivarla. Nato al mare, a Francavilla, adora la montagna. E le vette da scalare. Da ex attaccante sui campi di C e D con Turris, Monza e Celano, nel suo gioco le punte sono sempre state valorizzate. "Entra nella testa degli attaccanti e gli chiede di giocare vicini, scambiando palla rapidamente" raccontava di lui Alessandro Monticciolo, suo vice-allenatore  nella scorsa stagione ad Ascoli. Sta accadendo a Simone Simeri e Mirco Antenucci a Bari, già a quota 3 e 6 in campionato, è successo in passato a nomi del calibro di Alfredo Donnarumma e Gianluca Lapadula, 43 gol in due a Teramo nella stagione 2014/2015. Quella della C vinta, prima che la giustizia sportiva cancellasse quella gioia. L'allenatore di Ari non ne parla apertamente, ma quel capitolo resta la grande soddisfazione e il grande rimpianto della sua carriera al tempo stesso. Traguardi che Bari può permettergli di recuperare. La caccia al primo posto è aperta. Con una stella polare: vincere e convincere con il bel gioco. Prossima tappa: Catania. Con il mare all'orizzonte e l'Etna sullo sfondo. Orizzonti sconfinati e salite complicate. Perfetto riassunto della carriera di Vivarini.

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