Vicenza, la carica di Balzaretti: “Crediamoci insieme! Lo spirito del popolo ci indica la via”
La nostra intervista al nuovo ds dei biancorossi
“Ho corso per tutta la vita, non intendo certo fermarmi ora. Soprattutto ora…”. Un grido, sincero di speranza. Perché il Vicenza è ancora vivo. Non molla. Nonostante i quattro punti in dodici partite, il diciannovesimo posto in Serie B. Vicenza non molla e non mollerà. Lo declama la gente, abituata alla lotta e al sudore. Lo sottoscrive Federico Balzaretti, direttore sportivo del Lane da ormai un paio di settimane. In lui, nella sua feroce determinazione, la scintilla…
Soffre Vicenza. Non piange, perché da queste parti non c’è mai stato spazio per l’autocommiserazione, per la resa. Ma soffre. “E soffro anche io. E soffrirò ancora. Finché le cose non andranno bene”. Tre frasi in fila di Federico Balzaretti e una nuova fiammella di speranza. A Vicenza non ci si rassegna. Si lotta, si lavora, si suda. Fino alla fine. “E guai a chi non lo farà! Sarò lo spirito dei vicentini ad indicarci la via…”.
Idee chiare, tono deciso. Personalità, leader, punto di riferimento. La sintesi della carriera di Federico Balzaretti è tutta in quelle poche ore che gli sono occorse per mettersi in macchina e partire per Vicenza. I messaggi degli amici… ‘Ma sei matto, dove vai, chi te lo fa fare’… ‘Sì, sono matto! Ma io comodo nella vita non ci so e non ci voglio stare’. L’essenza ultima del calcio: oltre i soldi, i risultati, la (spesso) vana gloria. Il senso della sfida, anche la più impossibile. L’impresa… “Il senso e la chiave di volta che deve accompagnare il nostro lavoro quotidiano. Abbiamo scelto il calcio. E il calcio ci impone questo…”.
E’ così Balza, oltre la proverbiale e maniacale competenza, la determinazione. Accetta la proposta del direttore generale Paolo Bedin con due parole, ‘ci credo’. Niente di più, quattro ore dopo era a Vicenza. “Pensare troppo fa male, bisogna fidarsi dell’istinto, a volte. A Vicenza, anzi soprattutto a Vicenza, le parole contano poco, ma io penso davvero che possiamo farcela. Se sono qui è perché quella ‘luce’ si è accesa. E’ la mia prima esperienza da direttore sportivo e vi dico la verità, non potevo desiderare di meglio”.
Parole che graffiano. Che devono far rumore. Devono resettare. Come con un figlio nella prima adolescenza… “Questa squadra è un po’ come una figlia in più, sì. L’approccio deve essere un po’ quello. Ha bisogno di essere coccolata, incoraggiata, sostenuta. I valori ci sono. Stare vicino ai ragazzi, creare empatia è la mia priorità assoluta. Io gliel’ho detto, ‘basta guardare indietro, basta pensare a cosa non è andato’. Pensiamo all’oggi, il passato è alle spalle. Guardiamoci negli occhi, sosteniamoci, troviamo un filo di energia positiva e la scintilla verrà in automatico. Troviamo il coraggio, anche di sbagliare. Voglio che sbagliamo, ma per eccesso e non per difetto. Voglio che i nostri tifosi tornino ad innamorarsi di noi, oltre il risultato…”.
Il risultato sì, Balza, di una vocazione, probabilmente innata… “Per giocare a calcio devi credere in quello che fai, sempre e innamorarti del quotidiano. La vocazione la devi avere, punto. Io l’ho sempre avuta, da piccolo ricordo che passavo giornate intere ad attaccare e ritagliare le figurine dei calciatori, ore e ore a scrivere tutti i nomi sulla mia agendina. E poi quando facevo già il settore giovanile nel Toro mi vedevo tutte le partite che c’erano tra città e periferia… Juve, Toro, Nazionale, giovanili, nessuna eccezione. Le vedevo tutte. Dicevo tra me e me ‘se voglio diventare qualcuno devo saperne una più degli altri’. E così è stato, anche dopo che ho smesso di giocare. La mia decisione di fare il ds nasce a 31 anni nel periodo di inattività in seguito ad un grave infortunio. Il fuoco per la professione me l’hanno passato i miei due maestri: Massara e Sabatini. Nel momento in cui è arrivata la chiamata del Lane ci siamo sentiti subito… ‘Vai tranquillo, Balza. Sei forte’…”.
C’è granitica speranza nelle parole di Balzaretti. C’è l’esempio. Fare quello che ha fatto lui. Quello che, da sempre, rappresenta l’input primo del popolo vicentino. Sacrificio, lavoro e sudore. E allora sì, caro Lane, che quello presente sarà solo un brutto ricordo…