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​Viaggio nel tempo con Skuhravý: “Le capriole, Anfield, Pato e il Genoa…”

“Si chiama Tomáš Skuhravý, con le sue reti si vola, fai un’altra capriola, fai un’altra capriola!”, era il coro che risuonava dalla Gradinata Nord nei primi anni ’90, definiti per sua stessa ammissione i più belli della mia vita!”. Tante sono state le sue capriole dopo ogni suo gol, 67 in oltre 170 presenze con la maglia del Genoa, per uno dei più prolifici bomber di sempre della storia del Grifone. Ma pochi sanno come sia nata questa esultanza, e quando glielo si chiede scoppia in una fragorosa risata: “Praticamente i miei compagni in ritiro mi prendevano in giro, dicendomi che non sarei stato capace di fare una capriola per quanto fossi alto, allora al primo gol che segnai la feci… e da lì non smisi più!”.

Oggi Skuhravý è club manager del Cuneo, ma una parte di cuore è rimasta all’ombra della Lanterna: “L’affetto dei tifosi ancora oggi è incredibile e per me è come essere a casa. Vado spesso a Marassi a vedere la squadra. Non è cambiato nulla da quando giocavo io: se sei genoano bisogna sempre soffrire (ride, ndr.).” E subito la mente torna a quegli anni e a quella ampia fetta di carriera, con una menzione speciale per un uomo in particolare: “Ho avuto tanti allenatori, ma quello che porto sempre dentro di me è Osvaldo Bagnoli: per me e per tutta la squadra è stato un padre. Una bellissima persona ed un allenatore incredibile.”

E poi c’è Aguilera: “Io e Pato ci trovavamo ad occhi chiusi dentro e fuori dal campo. Ci aiutavamo a vicenda e segnavamo gol a grappoli. Bisogna ringraziare però soprattutto il lavoro che faceva la squadra per noi: in quegli anni eravamo davvero fortissimi!”. Nella stagione infatti ’90-’91 Aguilera e Skhuravy segnarono 15 gol a testa, regalando al Genoa il quarto posto e l’avventura l’anno seguente in Coppa UEFA, che terminò in semifinale contro l’Ajax (poi vincitrice nel doppio confronto con il Torino), dopo aver eliminato nei quarti il Liverpool vincendo sia nell’andata del Ferraris sia nel ritorno ad Anfield.

Senza neanche farne menzione, ecco che il discorso cade sulla quella notte indimenticabile: “Giocare lì ti vengono i brividi. Mi impressionò vedere tutto lo stadio alzarsi ed applaudire: è un’emozione unica che non saprei nemmeno spiegarti. Poi siamo stati la prima squadra italiana a vincere nel doppio confronto una partita in casa di una inglese: quella notte abbiamo fatto davvero la storia!”.

A seguire le “Notti Magiche” di Italia ’90 con la Cecoslovacchia, concluse al secondo posto della classifica marcatori, dietro solo a Totò Schillaci: “Lì cominciò il periodo d’oro della mia carriera”. Occasione, quella della nazionale, per collegarsi a Patrick Schick, anche lui centravanti ceco con un passato a Genova (seppur nella metà blucerchiata della città) ed il presente a Roma: “Le difficoltà in giallorosso? Lo capisco. Nella Capitale hai da sempre molte pressioni e un seguito numerosissimo: non è facile emergere. Preferisco da sempre le piazze più provinciali, perché se sei giovane lì puoi esprimere al meglio il tuo potenziale e ti permettono anche di sbagliare”.

Infine il presente e il Cuneo, che sta stupendo tutti nel girone A del campionato di Serie C con la migliore difesa del campionato (appena 10 gol subiti in 15 partite) e una classifica da playoff: “Il segreto di questa squadra è senza ombra di dubbio il mister Cristiano Scazzola: un allenatore tra i migliori in circolazione. Sa lavorare benissimo coi giovani e i risultati ne stanno dando prova. Possiamo mettere in difficoltà ogni squadra, come abbiamo fatto con squadre di maggior blasone come Alessandria e Pro Vercelli. E’ un davvero grande gruppo!”.

Ma sugli obiettivi del club, Tomáš resta inflessibile: “Dobbiamo raggiungere la salvezza, poi quello che succederà si vedrà”. Esattamente come quando calcava i campi di Serie A: prima di fare la capriola, bisogna fare gol.

A cura di Luca Tumminello