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Una proposta di matrimonio da sogno, la canzone di ‘rito’ a Cagliari: a tu per tu con Davide Di Gennaro

Dimmi come giochi e ti dirò chi sei. In realtà Davide basta vederlo in foto profilo WhatsApp per capire: un ‘8’ (ma tecnica da ’10’) con un altro piccolo ‘8’ sulle sue spalle, proprio fisicamente. In prospettiva, quindi: ‘8+8’. Doppio simbolo dell’infinito, dove nulla finisce; e in questo caso specifico si tratta dell’amore tra papà Davide e suo figlio Leonardo. “Stavamo festeggiando la promozione in A del Cagliari. Uno dei momenti più belli della mia carriera”. Non vogliamo farne una questione di numeri, sarebbe limitante. Meglio buttarla sulla cucina. “Ah! Assolutamente sì! Anche perché non ho grandi vizi al di fuori del calcio, sono un tipo abbastanza tranquillo. Però io e mia moglie siamo estremamente appassionati di ristoranti. Quando riusciamo, andiamo di regione in regione, su e giù per l’Italia, alla ricerca di ristoranti stellati Michelin. L’ultimo è stato a Milano ‘Di Aimo e Nadia’”. Guida sotto braccio e cartina nell’altra mano. Anzi, mappamondo. “Un’altra cosa che mi piace è viaggiare. Il più bello quello di nozze: Giappone-Polinesia-Parigi. In particolare modo la prima tappa, indimenticabile”. A proposito di nozze. Il Di Gennaro innamorato non gioca mica, quando bisognava ha fatto sul serio, ecco il risultato. “Le ho chiesto di sposarmi ad Antigua in un’ambientazione molto carina: feci allestire un tavolino sospeso sull’acqua di una piscina. Con la passerella vicino, il mare davanti”. Romanticone voto (o numero) ’10′. E lei ha detto sì, chiaramente. “Io e Alessia stiamo insieme da dodici anni. Il rapporto continua a crescere, alla base ci sono fondamenta solide. Ci conosciamo benissimo. Lei è una spalla fondamentale della mia vita, ci capiamo al volo e sa sempre cosa dire o cosa fare a seconda dei momenti. Abbiamo trascorso anche situazioni difficili, quando ero out per infortunio ad esempio. Ma non mi ha mai mollato un secondo”.

Innamorato di lei (tanto) ma anche di lui: del suo Cagliari. E di Cagliari, chiaro. “La Sardegna è bellissima! E’ un’isola che offre di tutto, potrebbe essere anche uno stato a parte a mio avviso. Mare stupendo, clima perfetto, ristoranti eccellenti”. E discorso che ricade lì. “Il piatto che vorresti sempre a tavola? Qui il pesce è squisito, unico”. Proseguiamo. “Quando entri nel cuore e nel mondo dei sardi, che sono persone molto legate alla loro terra, ricevi tantissimo”. Affetto smisurato, stima incondizionata. Che DiGe si è conquistato sul campo, al Sant’Elia. Lui ha mostrato a tutti come sa giocare e i tifosi hanno capito che tipo di ragazzo è. Sincero, schietto, diretto. Dice quello che pensa e te lo dice in faccia, un po’ come un’apertura di prima, senza indugiare. Ma chi non risica non rosica. E Davide ha avuto il coraggio di rischiare. Fare delle scelte. Dire no. All’inizio, da piccolino. “Nel periodo degli allievi nazionali, il direttore del settore giovanile dell’Arsenal venne più volte a vedermi giocare, anche tramite suoi collaboratori. Mi ripeteva ‘vieni a visitare il centro sportivo, dai vieni su che poi firmi un triennale’ e ti dico, è stato un mese davvero molto particolare per me e per la mia famiglia. Anche perché a quell’età può cambiarti tutto, economicamente ma soprattutto a livello di vita. Alla fine ho preferito restare a Milano, al Milan. Legato al mio procuratore Tinti che in quell’operazione sarebbe dovuto restare fuori, escluso da tutto. L’anno dopo il Milan mi mise sotto contratto”. Ma anche poi, a metà carriera. “In sei anni di B ho avuto modo di ragionare, maturare, sia come persona sia come calciatore. Fino a trovare una collocazione tattica per il mio proseguo di carriera che fosse diversa dal solito trequartista a cui avevo abituato tutti. A cui ero abituato io. Dove? Davanti alla difesa, da regista. In ottica Serie A e per arrivare più in alto possibile”. Scommessa vinta e soddisfazione doppia. “Sono tornato in A dalla porta principale e con una società ambiziosa, davvero importante”. Con un rito d’iniziazione decisamente particolare. Dai fornelli al microfono, Di Gennaro cantante? “In ritiro, ogni sera, i nuovi vengono ‘presentati’ da Murru. Ricordo di essermi alzato in piedi, sopra una sedia e di aver intonato… ‘un ragazzo fortunato di Jovanotti’. Ma non perché fosse la mia preferita eh! Era la più facile da cantare! Sono andato avanti 20/30 secondi”. Davide prosegue, sempre in esclusiva. “E’ una bella tradizione. Di squadre ne ho girate parecchie e devo dire che è stata un’esperienza unica. Ma simpatica, che mette allegria e rafforza il gruppo. Il più bravo? Bruno Alves potrebbe benissimo organizzare un concerto con la voce che si ritrova, quella sera interpretò i Guns N’ Roses”. Un aneddoto su Borriello. “Quest’estate ci siamo sentiti, ancor prima che ci fosse qualsiasi forma di interessamento da parte del Cagliari nei suoi confronti. Lo avevo visto benissimo a Bergamo. E mi sarebbe piaciuto averlo in questo gruppo. Così gli ho mandato un messaggino. Ho sondato il terreno ancora prima di qualsiasi altro interessamento o trattativa”. Perché Davide guarda, s’informa, cerca sempre di capire se sì o se no. Intelligente. E quando iniziò a dare i primi calci a un pallone in compagnia di suo fratello già si emozionava, con una palla tra i piedi. “Marco ha 43 anni e adesso gioca negli amatori dopo una carriera tra prima e seconda categoria. Mi ha trasmesso lui la passione per il calcio”. Campo, specchio della vita. E un Di Gennaro così felice non lo si era mai visto.