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Cosa resta del Grande Torino: un giorno tra Superga e il Filadelfia

73 anni dalla tragedia in cui persero la vita i campioni granata. Il nostro racconto

Per Superga va bene la tranvia. Te lo consigliano i passanti, i tassisti, tutti. Perché se ti azzardi a dire che potresti andare a piedi fino in cima ti fermano subito: “Giovane, ma il fisico ce l’hai?”. Scarpinata da trekking, un sentiero lungo. A Sassi-Superga c’è una tranvia a Dentiera tra le più storiche d’Italia. E’ un po’ fuori città ma col tram numero 15 si arriva in poco tempo. Dritti alla Basilica, sali e fa effetto.

 

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In primis perché vedi Torino e la Mole in background, poi le Alpi e la neve sulle vette nonostante maggio. Come se circondassero un po’ tutto. Capisci che lassù, in collina, a 670 metri, la percezione delle cose è un po’ diversa. Vai a Superga e ti isoli dal contesto cittadino, dallo smog, dalla frenesia. Almeno per un paio d’ore. Vai a Superga e ovviamente il pensiero va lì. Che ti piaccia o meno il calcio è totalmente indifferente. Perché lì, di fronte alla croce che ricorda la Tragedia, sotto i cornicioni della Basilica in cui sperano ci sia sempre il sole, rivalità non ce ne sono.

 

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Tutti si fermano. Tifosi di ogni squadra, padri, madri, bambini. I loro occhi dubbiosi, quasi smarriti, che cercano risposte nei propri genitori indicando quei nomi incisi sul marmo bianco. Bacigalupo, Ballarin, Maroso, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola.

Una poesia granata, un mantra invincibile. Insieme a loro ci sono i 4 membri dell’equipaggio, l’allenatore, i giornalisti, i dirigenti. Eroi immortali. Il Grande Torino se n’è andato nella Tragedia di Superga il 4 maggio del ’49, proprio 72 anni fa. Un incidente aereo in un giorno di pioggia, di nebbia, e dopo tanto tempo ci siamo chiesti che cosa resta di quel momento, qual è la lezione che la gente si porta dietro. Di sicuro uno: il Torino rimarrà la squadra degli italiani.

 

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Siamo stati a Superga e anche al Filadefia. E’ qui che il Grande Torino vive ancora. Nelle vecchie tribune ancora in piedi, nelle sciarpe appese ai cancelli, in una serie di pali coi nomi dei giocatori incisi sopra, color granata. Resta il ricordo di chi ogni giorno, di ogni anno, si reca a Superga per portare un omaggio a quei ragazzi.

Ci sono biglietti, sciarpe, bandiere, adesivi, fiori, pensieri scritti a penna e lasciati lì, fotografie. Ce n’è anche una di Astori, scomparso il 4 marzo di un anno fa.

Restano i film, i romanzi, le testimonianze, gli aneddoti, i figli dei figli. Infine il silenzio. A Superga non parla nessuno, è una questione di rispetto. Tutti assorti, con gli occhi in alto a fissare i nomi, i figli in braccio. E un solo pensiero, quello di Indro Montanelli, che scrisse: “Il Grande Torino non è morto, è soltanto andato in trasferta”. In un giorno di pioggia, sperando non piova mai più.

IL GRANDE TORINO

(Immagini di repertorio tratte dal comune di Torino, l’Istituto Luce e la RAI)

 

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