Umiltà e sacrificio, Crimi: “Consegnavo le pizze in scooter per arrotondare, ma non ho mai smesso di credere al mio sogno! La raccolta delle olive e quell’Europeo…”
Quando tutto ci sembra perduto, o comunque irraggiungibile, abbiamo due strade: arrenderci subito e pensare ad altro oppure osare, provarci fino alla fine a prescindere da quello che poi sarà il risultato. Anzi, senza pensare al risultato. A costo di prendere una delusione, di quelle vere, che ti lacerano dentro giorno e notte. Ma poi passano, guardi avanti e soprattutto non hai rimpianti. Perché niente fa male come un rimpianto. Meglio sentirsi dire subito ‘No’ che scappare sempre da quella risposta, la quale ci spaventa ma cancella, bene o male, il ‘se invece avessi fatto così…’.
Lui c’ha provato, ha sofferto tra sacrifici e angoscia del futuro, ma alla fine è riuscito nel suo obiettivo. Lui è Marco Crimi, centrocampista classe ’90 ora al Cesena. “Memento audere semper. Non sono il tipo di persona che magari possa dare chissà quale insegnamento, ma questo mi sento di dirvelo perché è diventato il mio motto di vita. A me non ha mai regalato niente nessuno. Nella vita nessuno ti regala niente. Siamo noi a dovercelo guadagnare. Come? Osando, sempre… Se io non avessi osato, probabilmente sarei ancora a consegnare pizze con lo scooter”. Spontaneo, senza giri di parole. Che, in fin dei conti, si disperdono sempre nell’aria, basta una folata di vento a portarsele via. I fatti rimangono, la storia rimane. Niente di ciò che abbiamo costruito (oppure non costruito) si cancella.
“Ho sempre pensato al calcio, nella mia testa c’era solo il pallone. Ma anche in famiglia non abbiamo mai creduto che questo potesse diventare il mio lavoro, l’abbiamo sempre visto solo come un divertimento. Giocavo e intanto – racconta Crimi ai microfoni di GianlucaDiMarzio.com – per arrotondare e pagarmi qualche uscita, nel weekend consegnavo le pizze. Poi il Messina fallì ed io mi ritrovai senza squadra. Era fine agosto, un giorno ci mettiamo a tavola io e mio papà, ci guardiamo negli occhi e mi dice… ‘Marco, che cosa vuoi fare ora? Vuoi provare un altro anno a giocare a calcio oppure vuoi andare subito a lavorare? Decidi tu, per noi hai carta bianca’. Io, che nel frattempo avevo trovato un lavoretto in un centro degli anziani, gli rispondo… ‘Guarda papà, vediamo come vanno questi sei mesi nella Berretti dell’Igea Virtus e poi prendiamo una decisione definitiva’. Sono stati sei mesi bellissimi, l’allenatore Ezio Castellucci mi aveva preso subito in simpatia e infatti, a 18 anni, collezionai più di venti presenze in Serie C”. La libertà di potersi scegliere da solo la propria strada e tanta, tantissima, sacrosanta determinazione. Perché quando il tuo destino dipende solo ed esclusivamente dal sudore della tua fronte non puoi permetterti il lusso di rilassarti nemmeno un secondo.
Arrivano le prime soddisfazioni: gol, riconoscimenti, paragoni importanti. Ma sempre piedi a terra, Crimi, mai dimenticarsi da dove si arriva… “E così il giorno dopo la partita con il Cosenza, che fin lì senz’altro era stata la più importante per me, sono andato a raccogliere le olive nel campo di famiglia. ‘Marco, che devi fare oggi?’… ‘Niente papà, abbiamo il giorno libero’… ‘E allora vieni al campo con noi’. La famiglia, le origini sono parte di noi, sono tutto. Sono questi i valori veri della vita”.
Per chi rimane umile – per una tanto strana quanto giusta legge di vita – le soddisfazioni arrivano. La chiamata del Grosseto, il soprannome Bullo (“perché sono uno che si fa sentire. Una sorta di vox populi, dai”) e soprattutto l’Europeo con la Nazionale Under 21: “E’ stata un’emozione incredibile, dal primo all’ultimo momento insieme, peccato aver perso in finale ma quella Spagna era illegale: De Gea, Isco, Thiago Alcantara. Ricordo che mi avvicinavo a loro per provare a contrastarli, ma nemmeno riuscivo a sfiorarli perché andavano troppo veloci, avevano un altro passo. Giocare con Verratti poi è stato fantastico, una persona di un’umiltà fuori dal comune. E pensare che inizialmente dovevo fare il terzino destro…”.
Uno sguardo al presente, al Cesena. Ieri grande vittoria contro il Benevento… e gol! “Che dedico al mio nipotino Mattia e ai miei genitori che erano in tribuna. Ora stiamo bene, ci divertiamo. Il nostro segreto è la propositività, l’affrontare ogni partita con lo stesso spirito”. Programmi per la salvezza? “Eh troppe cose dovrei fare (ride). Diciamo che una partita a maraffone io e Cocco contro Capelli e Perticone non sarebbe male”.
Lontano da casa, dalla sua Sicilia, Crimi…ma solo fisicamente! “Con il cuore sono sempre lì. Poi ora torno anche più spesso perché ci tengo a trascorrere del tempo con il mio nipotino, ha un sorriso bellissimo. La Sicilia me la porto con me ovunque vada…un po’ come ‘Bedda’ che tendo a mettere in quasi tutte le frasi e mi ci prendono un po’ in giro”.
Sorriso vero, autentico. Così come le sue parole. Anche se lui è abituato molto di più a badare al concreto, al lavoro. ‘Ricorda chi eravamo!’, dall’urlo di Delios a quello umile, ma sorridente di Marco Crimi. Che, poi, in fin dei conti il telos è sempre lo stesso, ‘Alla vittoria!’.