Ujana: calcio, musica e provini. Dal Congo alla Serie A, D’Agnelli racconta: “E il meglio deve ancora venire”
Domani un aereo li riporterà in Congo, nei trolley all’imbarco ci saranno i ricordi e le fotografie di un’esperienza indimenticabile per tutti. E troppo breve per molti. Già, perché nell’Ujana che ha stupito al Viareggio (prima africana a superare la fase a gironi) divertendo in campo e fuori (tamburo sempre pronto, canti e balli al posto di cuffiette ed isolamento), c’è soprattutto tanto, tanto talento. Ecco perché dopo la fine del torneo, gran parte della squadra è rimasta in Italia per amichevoli di prestigio, da Cagliari a Como, e provini da sogno. Il loro, di sogno, si chiama Italia, si chiama Serie A. Per alcuni chissà che presto non si possa realizzare davvero. Il difensore Muyamba, ad esempio, è rimasto in prova con Torino ed Udinese: è piaciuto molto, per il futuro segnarsi il nome e verificare. In granata anche Mayamba e Buaka, mentre Ngimbi e Muzumbu, esterni offensivi, sono stati al Lugano. E non sarebbe finita qui, perché le richieste erano molte di più. Eppure, colpa di un visto che sta scadendo, tocca tornare in Congo: ma molti “torneranno presto per altri provini”.
Lo assicura Rino D’Agnelli, la sua mano dietro la favola Ujana è evidente tanto che, adesso, la società gli ha chiesto di diventare direttore tecnico del settore giovanile, occupandosi così anche della formazione tecnica degli allenatori. La sua storia congolese nasce con una chiamata di “un gruppo di amici tra cui Vito Laudani”, l’allenatore dell’Ujana che giocava a ritmo di rumba al Viareggio. “Loro avevano questa esigenza di unire la qualità dei loro talenti all’organizzazione nostra, italiana ed europea – racconta Rino a GianlucaDiMarzio.com – e sono una realtà che cresce, che vuole diventare il club africano di riferimento nei prossimi 2-3 anni. Vito ha fatto il mio nome come persona seria e competente, sono stato onorato di esser scelto”. E i risultati si sono visti subiti: ha voluto lui la squadra al Viareggio, “per mettere in mostra anche in Europa quanto fatto di bello in Africa e far conoscere la nostra realtà”, ha esultato per primo per i grandi risultati. Dal pareggio col Milan al passaggio agli ottavi. Un’esperienza che forse “è arrivata con un anno di anticipo, qualcosa c’è ancora da fare a livello di formazione ed organizzazione. Ma siamo andati oltre le aspettative, e questo è positivo”. Lo dicono anche i provini dei suoi gioielli africani, da Udine a Bologna. Una Serie A che studia, osserva e prima o poi chiamerà. Loro intanto esultano a ritmo di rumba, rap e reggae: “il calcio vissuto come gioia”. Eppure non saranno tutte rose e fiori, certo: “le difficoltà sono quelle dell’Africa, ossia la logistica e la cultura. Ma siamo stati anche agevolati perché l’Ujana è una società organizzata con alti standard: siamo nella capitale congolese, con 13 campi, una palestra, una piscina…”. Le cose sul serio, insomma. Un progetto che va oltre il calcio e sposa il sociale: “abbiamo tolto i ragazzi dalla strada, il prossimo passo sarà quello di ampliare il convitto che già c’è. Mangiano con noi tre volte al giorno… prima forse neppure tre volte alla settimana. Pensiamo anche ad un’istruzione interna, insomma un progetto a 360°”. E che tocca il cuore: “a volte è difficile nel mio ruolo, perché dovresti scindere le emozioni dalla ragione. Poi ti rendi conto di cosa sono i sacrifici veri, di cos’è la fame, cos’è la sofferenza. E ti rendi conto di cosa possa essere per loro un’esperienza come il Viareggio”.
Com’è nato tutto? “Dalla passione per il calcio di tutti noi, io ho giocato a livello dilettantistico e tornano in Africa nel 2000, dopo aver vissuto in Italia, ho deciso di mettere su una squadra di bambini”, racconta Alain Tsepuk, il presidente dell’Ujana. Mamma italiana e papà congolese, in Congo è tornato per dare una speranza a tanti ragazzi. “Nel 2009 siamo diventati partner dell’Inter nel loro progetto sociale, Inter Campus, un progetto di assistenza a bambini disagiati e tutti figli di militari. E trovare i nerazzurri, agli ottavi del Viareggio, è stata una bella emozione, perché tanti dei nostri quella maglietta la conoscevano già bene…”. Il torneo, dice Alain, è soltanto “un punto di partenza. Siamo venuti qua con l’obiettivo di passare il primo turno e ci siamo riusciti, ci siamo fatti conoscere dal calcio italiano e qualcuno è rimasto per ulteriori provini. L’anno prossimo vogliamo tornare: siamo fiduciosi, questa squadra ha un futuro”. E c’è da crederci. Impossibile non innamorarsene, musica e sorrisi che ti entrano dentro: in bocca al lupo per tutto, Ujana. Perché, assicurano entrambi, “il meglio deve ancora venire”. E allora “a presto, Italia”.
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