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Tutto in uno sguardo: dalla rabbia di Cutrone alla delusione di Mirabelli, il Milan non convince ancora. E il tempo inizia a stringere…

Tutto in uno sguardo. O meglio, in più di un’occhiata. Perso nel vuoto, come quello di Mirabelli a fine partita, o carico di rabbia, negli occhi di un Cutrone ultimo uomo a gettare la spugna, per l’ennesima gara che tra prestazione e risultato finale si è conclusa, ancora, senza sorriso. Il ricordo delle “cose formali” e di un carico di premesse positive enorme in vista della nuova stagione sembra ora un miraggio, per il Milan di Vincenzo Montella: il pari contro l’AEK Atene, ultima delusione di un’ormai consistente serie di partite negative, ha finito per trasformare San Siro in una pentola a pressione dalla temperatura sempre più alta, spazientito tra i fischi finali di fronte ad una delusione minuto dopo minuto crescente.

Questione di atteggiamento, produttività, esiti finali. Manovra lenta, scarso movimento e, nel piccolo sforzo della ripresa contro l’AEK, Anestis pronto a respingere ogni flebile tentativo rossonero: dai 65mila contro il Craiova, per l’attesissimo ritorno in Europa, si è arrivati ai poco più dei 20mila presenti a San Siro di ieri, nella sera che avrebbe potuto rappresentare l’ipoteca su un tutt’altro che impossibile passaggio del turno. Tempo di riflettere allora, già abbondantemente scattato (e in maniera doverosa) su una stagione e una squadra da rianimare, senza ancora una precisa identità e svenuta da Genova in poi, protagonista solo di un paio di piccoli, vani sussulti: il Milan avrebbe dovuto ripartire dal secondo tempo del derby, ma della buona prova rossonera nella ripresa della stracittadina si è visto, oggettivamente, ben poco.

Tante, ancora troppe le incognite per un obiettivo come il ritorno in Champions League. L’appoggio della società nei confronti di Vincenzo Montella c’è, c’è stato e ci sarà fin quando l’allenatore siederà al proprio posto, nonostante qualche scricchiolio: la presenza di Mirabelli a ridosso della panchina rossonera, nel secondo tempo del match di poche ore fa, ne è l’emblema. Nonché un chiaro monito, tuttavia: supporto costante e vicino, come accaduto quotidianamente anche a Milanello, ma altrettanto attenta osservazione sul lavoro di una guida tecnica riconfermata post obiettivi centrati nella passata stagione. Perchè il vestito indossato dal Milan, quantomeno nell’ultimo mese, è apparso sbiadito e mal stirato: ancora alla ricerca della miglior quadra in campo, post passaggio dal 4-3-3 al 3-5-2, e dell’ideale collocazione per un giocatore importante come Suso, pochette in grado di dare all’undici rossonero quel tocco di qualità in più.

Ed è anche ed evidentemente lì, come a fine gara, che lo sguardo si va a posare: qualche filo tirato qua e là, aspettando ancora la vera leadership ed il miglior rendimento possibile da Leonardo Bonucci, e un sarto costretto a trovare una soluzione in un lasso di tempo che lungo o infinito, per le ambizioni del Milan, non può essere, come confermato da Mirabelli stesso nel prepartita. La prima, momentanea soluzione è chiara ed evidente: battere a tutti i costi il Genoa per ritrovare un timido sorriso e guardare agli impegni ravvicinati con un pizzico di fiducia in più, di fronte ad una classifica che al momento piange. Con l’atteggiamento di chi, a 19 anni e da imprevisto rinforzo dalla Primavera, lascia trasparire il miglior modo possibile di approcciare il contatto con una realtà non ancora tornata grande. Che senza tre punti domenica, ed un’ennesima prova deludente sul campo, rischierebbe psicologicamente (e complessivamente) di sprofondare ancora.