Triestina, è França il bomber più “illegale” degli ultimi tre anni: “Vi racconto i miei segreti”
Carlos França, il re dei bomber. Se ci fermassimo alla classifica degli ultimi 3 campionati, dalla serie A alla serie D, è Carlos il goleador più prolifico d’Italia, con 86 gol in 104 partite. Neanche Gonzalo Higuain, secondo, ha retto i suoi ritmi. A questi vanno aggiunti i 10 in 10 partite di quest’anno. Ma la storia di França è bellissima, non si ferma solo al calcio. E’ fatta certamente di gol, ma anche di voglia di vivere e di non arrendersi mai. Sullo sfondo un sogno, costante, quello di diventare un calciatore affermato. Nel 2007 ha vinto la partita più difficile e da quel momento è rinato. Contando le coppe e i play-off sono quasi duecento gol negli ultimi sette anni, 86, come detto, negli ultimi tre campionati, alla tenera età di 36 anni… Più invecchia più diventa forte: Carlos França come Benjamin Button?
Carlos, per favore, raccontaci il tuo segreto: “Ehhh sapessi… Me lo hai chiesto anche lo scorso campionato, tanto non te lo dico (ride). Dai va bene, prendi carta e penna”. La tastiera va bene lo stesso? “(ride ancora) Ok… segna. Ho sempre messo al primo posto una cosa importantissima per un atleta, l’alimentazione. Curo tanto il mio corpo, nella consapevolezza che nel tipo di attività che svolgo conta non solo l’oggi ma anche il domani. In questo mi aiuta tanto la mia compagna Camilla. Anche se ammetto il mio debole per lasagne, maccheroni e carbonara. Molto importante è anche il riposo, soprattutto alla mia età. E il terzo segreto è avere sempre tanta voglia di giocare e più passano gli anni, più ho voglia di giocare e di continuare a vincere. Spero di proseguire con questa filosofia a lungo. Visto? Non era poi un grandissimo segreto”.
Questa estate è arrivata la separazione dal Lecco e la firma con una grande e gloriosa società come la Triestina: “Mi trovo molto bene sia a livello societario che a livello ambientale, mi piace molto la città: sono felice della scelta. Non si tratta di un club come gli altri e quando entri al Nereo Rocco respiri aria di grande calcio. Il numero dei tifosi è in continuo crescendo e tra i nostri obiettivi c’è anche quello di aumentare la fiducia dei tifosi. Non nascondo che per blasone e seguito è l’esperienza più bella vissuta in Italia”. Facciamo un passo indietro. Come fa un giocatore a passare da club prestigiosi come il Santos di Pelè e il San Paolo all’incertezza dell’avventura europea? “Mio padre faceva l’allenatore, mi ha trasmesso lui la passione, e il mio idolo, Josè Ferreira Neto, che per tanti anni è stato il numero 10 del Corinthians. L’Europa è un sogno che noi sudamericani coltiviamo da bambini. In tv vedevo i grandi campioni brasiliani che venivano in Europa, come Ronaldo, Romario, Cafu e la domenica le tv trasmettevano le partite dei top club. Così maturò la scelta e la decisione di lasciare il Brasile quando arrivò la prima chiamata importante”..
Non andò benissimo in realtà: “Quando arrivai in Italia, nel 2004, feci il cameriere. Dovevo fare le pratiche per la cittadinanza e dato che le cose andarono per le lunghe finirono anche i soldi. Nonostante venissi da 5 stagioni a livello professionistico in Brasile, in Italia non potevo giocare . Ero a Firenze e grazie ad alcuni amici cominciai a lavorare come cameriere. Poi arrivò un‘offerta dalla Spagna. Un anno e mezzo, fino al 2006, con una promozione. Sembrava che tutto procedesse per il meglio...”. Invece? “Avevo vinto il campionato di terza divisione e la stagione successiva cominciai a sentire dei forti dolori alla schiena che alla fine mi bloccarono: era il febbraio del 2006. In Spagna avevano diagnostico una frattura per stress che andava sempre peggio anziché migliorare.Solo in Brasile, dopo analisi più approfondite, scoprirono che in realtà si trattava di un tumore al midollo spinale”.
Paura di smettere? “Fu un brutto colpo e pensai anche di non giocare più, sì. Per 10 mesi ho fatto terapia intensiva integrale, dalle nove del mattino alle 5 del pomeriggio. Una volta terminata la riabilitazione non volevo più tornare in Spagna. Allora mio cognato, che giocava nell’Entella, mi propose di andare da lui, che avrebbe fatto in modo di farmi allenare con i liguri, per riiniziare. Quell’anno lì l’Entella vinse il campionato di Eccellenza, ma non ebbi modo di contribuire alla promozione. Mi prese invece la Caperanese, per le ultime sei partite di campionato. Io da professionista avevo sempre giocato come terzino. In quelle sei partite Costanzo Celestini, ex del Napoli dei tempi di Maradona, mi provò come esterno alto d’attacco: non era la prima volta. Nei vari settori giovanili avevo giocato anche da trequartista o da attaccante esterno. Alla prima stagione abbiamo centrato la promozione e io ho segnato 28 gol in 28 partite”.
Hai girato otto paesi e conosci sette lingue, quale ti ha arricchito di più? “Senza dubbio l’Italia. Ho vissuto anche un anno in Spagna a Barcellona dove mi sono trovato benissimo e ho imparato pure il catalano. Ho giocato un anno anche nel Chicago Fire. Ci tengo a precisare che io facevo parte della seconda squadra, non ho giocato nella Major League Soccer. Bella esperienza, intervallata da un ritorno in Brasile, per sposarmi. Poi ho firmato per il Chicago Storm, squadra di calcio a 6, il famoso soccer indoor, MISL. Tra tutti questi paesi l’Italia è una seconda casa. Miei figli sono italiani, sono nati a Lavagna e qui mi sento veramente bene e spero di rimanere a lungo”.
Se quest’anno non arrivi tra i professionisti faremo una petizione: “Grazie (ride). In realtà ho avuto diverse occasioni per andare in Lega Pro. Prima di andare a Cuneo potevo firmare per il Barletta. Poi il Barletta è fallito, quindi questo mi ha un po’ sollevato. A dicembre scorso Legrottaglie mi voleva portare all’Akragas, una cosa che non era uscita fuori. Purtroppo al momento decisivo mi sono infortunato e lui è stato esonerato. Questa estate sono stato a lungo in trattativa con il Piacenza, ma le trattative si sono prolungate e così ho optato per Trieste e sono felicissimo della scelta. Speriamo che l’anno prossimo sia quello giusto per arrivare alla promozione e quindi alla Lega Pro”. E se con il calcio non fosse andata? “Beh ho studiato Scienze Motorie, avrei fatto l’isnsegante di educazione fisica”. Molto meglio vederlo sui campi, ad esultare per l’ennesimo gol, con il suo sorriso inconfondibile.