Trapattoni: “Bayern? La Juventus ha i giocatori giusti per fare l’impresa”
Juventus o Bayern, chi passerà ai quarti di Champions? La gara dello Stadium di due giorni fa ha rimandato ogni pronostico e ha fatto aumentare l’incertezza. I tedeschi si sono dimostrati squadra fortissima, ma i bianconeri hanno avuto la forza di rimontare due gol e di sfiorare la vittoria. “Juve-Bayern è una finale anticipata” – dichiara il doppio ex Giovanni Trapattoni nel corso di un’intervista concessa al Corriere della Sera – “Uno spreco vederne uscire una adesso. Pur soffrendo i tedeschi noi italiani li abbiamo fregati tante volte. La Juve i giocatori per l’impresa ce li ha. E quanto a strategia e tattica. Ma non è solo questo. Io i tedeschi li conosco. Lo sciovinismo è mica nato adesso. Ricordo prima delle partite importanti quando allenavo il Bayern. Negli spogliatoio dicevo: state attenti che quelli là ci fanno male. E i miei giocatori: ja, ma noi più bravi. E si battevano la mano sul petto. Guardiola? Deve anche recitare. Fare qualche dichiarazione politica. Se non fa un po’ lo spavaldo i tedeschi pensano che sia debole. È entrato bene nella parte”. Sulla lotta per lo scudetto Trapattoni ha le idee chiare: “La Juve ha qualcosa in più. Ce l’hanno nel Dna di lottare per vincere. In più Torino è isolata, lontana dalle tensioni e protetta. Napoli è la città del Vesuvio, troppo entusiasmo può far male”.
Si parla anche della gloriosa carriera del “Trap”. “Giovannino” ebbe l’ingrato compito di marcare giocatori del livello di Cruijff e Pelè: “A Pelè gli stavo così addosso che i suoi compagni lo vedevano marcato e non gli passavano la palla. Non era mica merito mio. Ho giocato con Pelè, Eusebio, Cruijff. Loro erano le stelle, io la scia della cometa. Cruijff? L’avevamo preso alla leggera. Era il 1969, finale di Coppa dei Campioni a Madrid. L’Ajax, cos’è, scherzavamo: un detersivo, come lo Spic & Span? Vittoria facile per noi, 4-1. Rivera e Prati da prima pagina. Io? Che fatica star dietro a Cruijff. Si capiva che sarebbe diventato qualcuno”. Platini? Che sorpresa: “Quando me l’hanno proposto ho pensato: cosa mai è venuto di buono dalla Francia nel calcio? Platini, intanto, si era accordato con il Psg. Il presidente era Lagardère, proprietario della Matra, automobili. Agnelli mi dice: ci penso io. Così Michel viene da noi e ci cambia la squadra. I miei lo chiamavano “il francese” e lo snobbavano. Lui neanche un plissé. Poi li ha conquistati tutti”.
Thomas Strunz ancora si chiede cosa volesse dirgli Trapattoni nella famosa conferenza stampa del 1997: “Povero Thomas, lui non c’entrava. È che me la menavano i giornalisti tedeschi. E perché non lo fai giocare? E su e giù. Allora ho fatto quella sparata. Ma mica poteva immaginare che facesse il giro del mondo. Poi aveva quel cognome…”. Amicizie tra i calciatori? “Poche. L’amicizia vera non si inventa. Tra calciatori non è facile. Ma i legami restano. Tardelli, per esempio, è diventato il mio vice. Al di fuori? Il dottor Monti. Ginko, come il poliziotto di Diabolik. Che poi era il medico del Milan. Sapete com’è nata? Mio padre era morto di infarto. Avevo il terrore di soffrire dello stesso male. Quando un medico mi disse che il mio cuore saltava mi prendeva l’ansia ogni volta che mi mancava il fiato. Monti sdrammatizzava. Ci scherzava su. Mi ha salvato. Gli ho fatto scoprire Talamone, in Toscana. Ci andiamo in vacanza da una vita”. Ultime curiosità: “Sono credente. Ascolto quello che dice papa Francesco. Il mio Sudamerica è quello dei Mondiali in Cile del ’62, della finale di Coppa Intercontinentale col Santos un anno dopo. Le tournée in Argentina. Vedevo le città e attorno la miseria. Le case tenute su con gli spaghi. Tornare ad allenare? Anche domani mattina”.