Totti, dove tutto ebbe inizio. Un pomeriggio a Via Vetulonia: ricordi, aneddoti e tanta Roma
21 aprile. Roma di sveglia con un anno in più. 2769 anni e non sentirli. Bella. Non si dice l’età di una signora! Ma sì dai, lei è sempre una ragazzina. Anzi, meglio. E’ eterna. E ieri sera un altro po’ di eternità calcistica ha illuminato l’Olimpico. Due gol, due minuti, un uomo solo. Quel numero 10, eterno e ragazzino come la sua città, Francesco Totti. Un’infanzia come tante, un giocatore come pochi. E’ iniziato tutto con un pallone, un gioco. Quando i compagni di squadra erano gli amici, l’assist man magari il vicino di banco e il campo un parco oppure il cortile della scuola. E come fai a raccontare un mito? Parti dall’inizio, come per ogni storia. Le origini insomma. C’era una volta… E allora via, direzione Via Vetulonia. Quartiere San Giovanni, per chi non conosce Roma. Lì dove è nato e cresciuto Totti, per chi non sapesse da dove tutto ha avuto inizio.
Viverci lontano significa salire in macchina e godere di mezza Roma durante il tragitto. Monte Mario, sì come la tribuna dello stadio alle sue spalle, e via giù. Lungotevere, l’Olimpico che prima fa solo capolino e diventa sempre più grande. Semaforo. Un a presto! e poi di nuovo in marcia seguendo il corso del fiume. San Giovanni è al di là del Tevere. Ponte Cavour per attraversarlo, l’Ara Pacis sulla sinistra. Ah! C’è Lautrec. Poi ti vengo a vedere. Via del Corso, tutta. E ti accorgi che finisce quando davanti a te si staglia l’Altare della Patria. Bianco, maestoso. Cosa può fare l’uomo! E il pensiero torna a lui, a Totti, a quell’uomo che non ha costruito un monumento ma lo è diventato. I Fori. Il tempo con loro si sarà anche fatto sentire ma sono ancora lì. Non finisci di ammirare una cosa che ecco, da lontano, si inizia a intravedere il Colosseo. Lascia sempre un po’ senza parole, anche se lo conosci, anche se non è la prima volta che ti ci trovi difronte. E sì, posso, sono in taxi. Tre file di archi. Ma quanti sono? Più o meno dei gol di Totti in carriera? Controllo. ‘Arcate totali su 3 piani: 240’. Ripenso a ieri e al fatto che i gol di Totti sono 303. Totti 1, Colosseo 0. E sorrido. Ti accorgi di uscire da quella parte più antica della città quando i sampietrini smettono di fare da colonna sonora dell’impatto delle ruote sulla terra. Qualche altro minuto ed ecco Via Vetulonia.
Scendo più o meno a metà e mi accoglie subito l’Alessandro Manzoni, la scuola di Totti. Un’occhiata intorno e la prima meta è il Bar Lustri. Marco, il proprietario, è poco più grande di Francesco e coetaneo del fratello. Ci parlo ed ecco i primi ricordi di “quando giocavamo a calcio insieme al parco o davanti alla Manzoni. Francesco era più piccolo, e era il fratello che certe volte non voleva farlo giocare con noi. Alla fine però veniva. Gli facevamo fare le giocate e poi gli dicevamo ‘vedi, sei bravo’. Ci chiamavamo dal balcone o dal citofono per andare insieme a giocare a pallone”. E’ questo il bar dove Francesco giocava sempre all’ormai famoso flipper, troppo alto per lui che aveva bisogno dello sgabello. “Non c’è più ora, non ci gioca più nessuno”. Tristezza. Ma quello che resta è il ricordo di un ragazzino piccolo e biondo, diventato grande in tutti i sensi.
Riprendo la marcia e più in fondo mi imbatto in un circolo ricreativo. Ci sono dei signori anziani, uno sulla porta nemmeno mi conosce ma mi saluta. Colgo l’occasione, nomino Totti. Mi guarda con la faccia di chi ha raccontato tanto a riguardo e mi invita a entrare. Agli amici, dentro, chiede: “Che je dimo a sta ragazza de Totti?”. Una voce si alza prima di tutte: “Unico, incredibile, grande, immenso, inimitabile, eterno, il calcio fatta persona. Ti basta?”. Come no. Una scarica di affetto “dal professor Peppe Resta. Scrivilo eh!”. Sarà fatto. E mi congedo, ripensando ancora alla sicurezza con cui mi aveva elencato tutti quegli aggettivi. Un’ammirazione senza tentennamenti.
Attraverso la strada e mi ritrovo davanti ad una pizzeria. Dall’esterno leggo ‘Roma 1927’. Ecco un altro posto dove entrare. Camerieri con magliette con ASRoma sul davanti, pareti rosse e arancioni piene di foto, maglie, stampe, quadri e quadretti tutti dedicati… a chi? Sembra quasi un museo, una teca di ricordi e cimeli. Ovunque. Davvero il Core de Roma, questo nome del locale. Magno, bevo e tifo Roma, sulle tovagliette. Ma anche guardo, ammiro e respiro Roma, aggiungerei. Una piroetta per provare a non perdermi niente. Vado a conoscere il proprietario, Giulio Lucarelli, amico di Francesco da 20 anni, altra voce, altri ricordi: “Ieri vedendolo entrare a 5 minuti dalla fine mi era caduto il mondo addosso ma dopo un attimo la delusione si è trasformata in euforia e poi in apoteosi. Sono certo che lui scriverà ancora altre pagine importanti per la Roma. So che Francesco non andrà mai via da qui – argomento delicato ultimamente – L’accordo lo troveranno. Penso che lui vorrebbe raggiungere il record di gol di Piola e per me ce la può fare, a lui bastano 5 minuti per accendere una partita, una tifoseria”. Un ristorante per Totti: “Dieci anni fa mi venne l’idea di creare questo locale. E’ stato doveroso per uno come lui, per quello che ha dato a questa squadra e a questa città e perchè non ha mai cambiato maglia. Un ragazzo di un’umiltà unica che penso che non si renda nemmeno lui conto di quello cha ha fatto e sta facendo. Il messaggio più bello per un bambino è Francesco Totti”. Domanda difficile: un aggettivo per Totti? “E’ eterno. Trasmette qualcosa che resterà per sempre. Francesco è la Roma e mi viene difficile pensare alla sua partita d’addio…”. E non è il solo.
Lascio Via Vetulonia con i ricordi, le storie, i pensieri tutti legati a quel Francesco Totti che non smetterà mai di far battere il cuore giallorosso della città, eterna come lui.