Formentini, italiano a Braga: “La terra di CR7, ma ho l’Inter nel cuore”
Ai quarti di finale del Torneo di Viareggio c’è anche il Braga. Portoghesi, amanti di CR7. In mezzo a loro anche un italiano. Si chiama Ludovico Formentini, ha il numero 9 sulle spalle e ama l’Inter. La nostra intervista
L’accento milanese è intuibile anche se un po’ arrugginito. Ludovico Formentini ha un certo dono con le lingue, riesce a impararle quasi subito. Merito di una vita passata con la valigia in mano. Dentro, un sogno ben preciso: diventare calciatore. Ci sta provando, il pallone per ora lo ha portato in Portogallo: “E per fortuna che alcune parole assomigliano all’italiano, quindi mi sono arrangiato bene. Poi in campo il vocabolario è sempre lo stesso. Il calcio ha un linguaggio universale” Ci racconta sorridendo.
La maglia che indossa è quella del Braga. Lui è diventato maggiorenne da un paio di mesi e da qualche giorno è tornato in Italia per partecipare al Torneo di Viareggio. Con i compagni ha raggiunto i quarti di finale, il Bologna il prossimo avversario. Madre psicologa, padre trader. Milano la città in cui è nato per poi trasferirsi dopo sei anni a Montecarlo. I suoi genitori sono rimasti lì, a qualche chilometro di distanza. Ludovico ha rispolverato le valigie, c’è un futuro da conquistarsi.
La voglia è la stessa di sempre. Di quando, da bambino, usciva di casa per andare allo store della Nike più vicino. Qualche soldo in tasca, giusto il necessario per comprare un pallone e due porte piccoline da mettere in giardino. Lì i primi passi, i primi gol: “Mio padre all’inizio non era molto interessato al calcio. Preferiva la vela o la pallavolo”. Ludovico è un numero nove, di quelli che vogliono battere il portiere avversario a tutti i costi. La sua famiglia è interista, per questo i suoi idoli sono Vieri e Icardi: “Anche se mi piace Suarez. E come professionalità mi ispiro a Cristiano Ronaldo, un vero esempio”.
Già, perché Ludovico ora è in formissima, ma non è sempre stato così: “A otto anni ho iniziato a giocare in una piccola società di Montecarlo. Ma ero un po’ pesante (ride n.d.r). Insomma, mi piaceva mangiare. Tecnicamente ero bravo, ma fisicamente pagavo. Poi nella mia vita è entrato un allenatore a cui devo tutto. Mi ha fatto diventare calciatore. Mi sgridava, mi faceva allenare seriamente. Vedeva in me tante potenzialità e mi ha fatto crescere. Ora sto attentissimo a tutto, proprio come CR7”. A undici anni ecco la chiamata del Monaco, che ultimamente con i giovani ha dimostrato di saperci fare eccome: “A 14 anni chiusi il campionato con 38 gol. Tutto quello che toccavo entrava dentro. Sono rimasto lì fino a sedici anni, poi ho passato un periodaccio. Qualche infortunio, la testa sulle nuvole. Insomma, ho perso la possibilità di entrare nel centro di formazione del club”.
Di nuovo valigie in mano dunque, destinazione Svizzera. Lì ad attenderlo c’è il Lausanne Sport. Ci passa un anno e mezzo, poi un ex allenatore delle giovanili del Monaco lo ricontatta. Ludovico gli piace, lui è portoghese e lo presenta ad Antonio Rebelo, procuratore molto famoso e che a Braga è di casa. Lo porta lì, contratto di due anni con opzione per altre due stagioni. Ludovico entra nel centro sportivo e rimane senza parole. Campi sintetici, altri in erba. Tutti perfettamente curati da giardinieri perennemente attivi. Poi la palestra, allenatori di grandissima qualità: “Sono sempre sette o otto a seguire l’allenamento – ci racconta – c’è grande fame di vittoria. Ci chiamano Guerreros, perché siamo considerati dei guerrieri sempre pronti alla battaglia”.
Lui in prima linea. Due i gol segnati da Ludovico al Viareggio, uno ogni 68’. La prima partita del Torneo a La Spezia: “La città di mio nonno, a cui sono molto legato”. E contro l’Inter: “La squadra per cui faccio il tifo – racconta – quando mi alzo la mattina, la prima cosa che faccio è andare su internet a leggere la Gazzetta dello Sport. Tutta la mia famiglia è nerazzurra, è la nostra passione”. A Milano ci torna poco: “Giusto a Natale o per le feste. Mi alleno tutti i giorni, poi devo anche studiare per prendere la maturità. Qui a Braga frequento la scuola francese. Faccio lezione online, poi due volte a settimana viene una professoressa a casa”. Ludovico sogna, un giorno, di giocare la Champions. Di indossare la maglia della Nazionale a San Siro, lo stadio che più lo emoziona. Intanto, però, vorrebbe lasciare l’Italia con un trofeo in mano. Metterlo in valigia, l’ennesima della sua vita. Sempre correndo dietro ad un pallone.