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Torino, Verdi: “Non voglio rivincite. Europa? Lavoriamo giorno per giorno”

Entra sorridente in sala stampa, si concede anche delle battute. È molto cambiato il timido Simone Verdi che nel 2011 cominciava, giovanissimo, tra i professionisti. Parte ragazzo, torna uomo. È l'acquisto più caro del Torino, lo presenta direttamente il presidente Cairo. "Lo ringrazio, ha fatto uno sforzo notevole" dice. "Può giocare di destro, di sinistro: se non sbaglio aveva fatto due gol su punizione con due piedi diversi, vero Simone?" lo incalza il presidente del Torino. "Sì, a Bologna. Ma fu inutile, perdemmo 3-2 contro il Crotone…" commenta ridendo.

Rompe subito il ghiaccio, si risente a casa. Una casa trasformata rispetto al Torino di Ventura che muoveva i suoi primi passi in Serie B. Ma comunque casa. "A un certo punto sembrava che non si potesse più fare nulla. Ancelotti non voleva lasciarmi partire, pensandomi come valore aggiunto per la rosa. Ma il presidente e Mazzarri hanno insistito, e quando una società ti cerca così tanto la scelta diventa semplice. Torno in un ambiente che ha fatto passi da gigante in questi ultimi anni, basta vedere il nuovo centro sportivo: il Filadelfia è una grande conquista per i tifosi. Che conosco bene: vogliono il massimo, saranno un valora aggiunto. So che come abientamento sarà più semplice".

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"Lo spogliatoio è unito" continua, " non sarà difficile integrarsi. Fisicamente poi sono a posto: ho fatto un test atletico che conferma che sono in media con la squadra. Lo staff è molto intelligente, sa come fare per integrare i carichi di lavoro che sono stati sicuramente diversi. Ruolo? Mi piace giocare tra le linee. Oltre a Zaza e Belotti, che hanno il ruolo più definito, noi siamo tante seconde punte, che possono cambiare posizione a seconda delle esigenze". Con un obiettivo bene in testa: "Nell'idea di tutti penso che ci sia quello di lavorare giorno per giorno e fare il meglio possibile". Senza dire Europa, o Nazionale. "Conta la squadra prima degli obiettivi personali", dice.

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Ecco l'uomo, più che il ragazzino. "Quei tempi sono passati. La PlayStation quasi non so più cosa sia…" dice ridendo. "Ora convivo, leggo, guardo film. Ma la mia fidanzata la vedo poco: lavora tanto", dice. È una componente fondamentale della sua vita: "Ero a Bologna quando alle 17.00 mi dissero di prendere il treno per Milano. Ero da lei, aspettavamo la chiamata che sbloccasse la trattativa. Per fortuna è arrivata, ho fatto di corsa ma non ho mai temuto di arrivare fuori tempo massimo". E la fidanzata se la porta anche sulla maglia: "Il 24 è la sua data di nascita. Ho scelto quel numero apposta", commenta. Il numero che era di Moretti: "Ci siamo parlati. Mi ha detto di onorare quella maglia… e quel numero che a lui ha dato tanto".

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Torna a Torino, Verdi, con l'obiettivo di confermarsi. "Non devo prendermi rivincite. Lo stesso Ventura, che mi aveva impiegato poco, ha sempre dichiarato di stimarmi molto. Mi ha anche convocato in Nazionale. Ho conosciuto la Serie A tardi, è vero, ma lo sapevamo che prima o poi sarebbe arrivata. L'importante è lavorare sempre: a Bologna mi sono consacrato, ora sono qui, in una squadra che ho tanto voluto. Ho firmato con il Torino un contratto di quattro anni più uno: penso solo a lavorare e fare del mio meglio. Ma non chiamatemi bandiera: nel calcio moderno non esistono più. Forse le ultime sono state Totti e De Rossi. Io qui ho una grande possibilità di rilanciarmi, giocare continuità e tornare ai miei livelli. Lavoro partita dopo partita, voglio dare il massimo". Niente PlayStation, ma pallone reale. Simone Verdi torna al Torino da uomo. In una squadra tanto cambiata, come lui. Tanto migliorata. Come lui.