Saluti, cori, tristezza, concentrazione: Longo ci prova, il Torino “dovrà cambiare”
La notte più lunga è sempre la seconda. E in questo caso, corrisponde anche con quella più nera. Ieri l’emozione pensando all’esordio era tantissima, come la voglia di convincere. Ma non è andata bene la prima di Moreno Longo nel suo Torino. Suo, perché con il Toro, Longo è cresciuto in tutti i sensi. È stato chiamato per ricompattare un ambiente che conosce molto bene. Lo rincuora anche Ranieri: “Non può fare i miracoli, ma ho letto le sue dichiarazioni. Ama il Torino, farà capire molto presto a quei ragazzi che il Toro è una religione”. Era emozionato, lo si leggeva negli occhi. Non è andata, ci riproverà, sapendo che di lavoro ne servirà parecchio.
Il nuovo corso del Torino riparte dal passato, con qualche piccola modifica. 3-4-3, l’impianto (“lo cambierò, ma non è il modulo il problema”). In difesa c’è Lyanco al posto di Bremer o Djidji e i due esterni, Berenguer e Verdi, giocano molto più larghi che in passato. I cori per l’allenatore ci sono. Si fanno sentire. Subito, all’inizio: al suo ingresso in campo. Un lungo applauso, lui ricambia con un sorriso. Ma c’è da pensare alla squadra.
Reazione e applausi
Che nei primi minuti prova a dare un segnale di reazioni: ritmi più alti, baricentro oltre la metà campo. Dura circa una mezz’ora, poi la Sampdoria comincia ad alzarsi. Nel secondo tempo, la rete di Verdi sembra accendere la luce. Non solo perché l’acquisto più caro della storia del Torino si sia sbloccato (è la sua prima rete in assoluto in granata), ma anche per come sia nata l’azione: assist di Berenguer e inserimento del compagno. “Lo vedo come esterno pronto ad accentrarsi”, aveva detto nella conferenza stampa di presentazione. Detto, fatto. La squadra corre ad abbracciare Simone, Moreno resta calmo in panchina. Passano tre minuti (siamo al 59’) e un altro coro si alza per Longo. Lui, intento a guardare un calcio d’angolo per gli avversari, alza il braccio per ricambiare.
Poi, rieccoli. I fantasmi di un passato ancora troppo vicino e le insicurezze che emergono. Il Torino si scioglie, la condizione cala (“È uno dei nostri problemi principali”, ha dichiarato a fine partita) e dal 70’ si spegne la luce. In tempo per vedere la doppietta di Ramirez e un rigore di Quagliarella che non esulta, ma causa la squalifica di Izzo per rosso diretto (salta almeno il Milan). La difesa ha subìto 20 gol nelle ultime 5 partite, tra campionato e Coppa. 42 in totale in Serie A, uno in meno del Genoa, peggiore retroguardia finora. Sta tutto lì, Longo lo sa bene.
Non si scompone sul 3-1, dà indicazioni ai suoi, mette in campo solo due giocatori su tre e risparmia i giovani: Millico e Edera, sua vecchia conoscenza grazie alla quale è riuscito a vincere il campionato Primavera (la storia). Anche per loro ci sarà spazio, oggi no. A fine partita, Longo corre subito in campo. Chiede ai giocatori di andare a salutare i tifosi, come sempre. Sottinteso: quello non deve mai mancare. La Curva risponde in maniera fredda, delusa. Ma non con loro. Non ha mancato di intonare qualche coro contro Cairo, segno che lo strappo non si può ricucire dopo soli quattro giorni di lavoro.
"Affrontiamo i problemi"
Perché di lavoro ne servirà parecchio, appunto. “Problematiche ce ne sono, concrete e reali: di prestazioni, atletiche… a tutto tondo. Non sono preoccupato, ma stimolato”, ha detto. L’ambiente per ora è con lui, la squadra deve cominciare a capirlo. La prima volta non si scorda mai, ma la testa è già alla seconda. Sarà dura. “Io non mollo”.