Torino, Cairo: “Belotti? Tutto dipende da lui. Cerci vuole tornare. Sogni? Verratti e Chiesa”
L’infanzia, il Milan, il Torino, il futuro: a tutto Cairo. Il presidente dei granata si è raccontato in una lunga intervista concessa al Corriere dello Sport, affrontando anche i temi relativi al mercato, con possibili partenze e ritorni romantici. Si parte dal primo amore:
“Io da bambino tifavo Milan, ed in particolare Rivera, e tifavo anche Torino, che era la mia seconda squadra. La squadra che mia mamma mi aveva insegnato ad amare. Mi divertivo, inventavo le telecronache. E alla fine è stata una cosa utile, perché in qualche modo mi ha dato un po’ di proprietà di linguaggio, mi ha insegnato la dialettica”. Poi la decisione di comprare il Torino: “Ancora una volta ci si impegna e poi si vede. Fui coinvolto da Chiamparino, che mi invitò a prendere il Torino a metà agosto del 2005. Il Torino era fallito, c’era stato il Lodo Petrucci e il Torino ripartiva dalla B. Però la proprietà non aveva grandi risorse. In quindici giorni presi il Torino. Ma era un Torino praticamente senza giocatori, era appena fallito, senza neanche i palloni, nulla. Quell’anno riuscimmo a ritornare in serie A. Facendo una cavalcata con una finalissima a Torino contro il Mantova, davanti a 60.000 persone. Fu una cosa fantastica, emozionantissima”.
Toro, squadra speciale: “E’ una squadra che ha quell’ideale romantico che io ho dentro di me e che ha mosso le scelte fondamentali della mia vita. Il Toro e i tifosi del Toro hanno questa componente romantica , che li rende unici. Quando mi ha chiamato Chiamparino per chiedermi di prendere il Toro io, avendo un bel po’ di cose da fare, potevo sottrarmi. In quel caso, al mio desiderio di tifoso di farlo si aggiunse, e fu decisiva, la volontà di mia madre, che di solito, essendo figlia di statali, preferisce il certo al rischio. Lei in quel caso mi dette veramente la spinta decisiva per prendere il Toro. La storia del Torino è meravigliosa e terribile: Superga, Meroni, Giorgio Ferrini. I nostri tifosi sanno soffrire e gioire. Allegria e dolore si sono mescolati nella storia granata come in nessun’altra squadra italiana”.
Obiettivi del Torino: “Io sono al Toro da 12 anni. Quando l’ ho preso avevo dei sogni grandi, ma poi ho capito che non erano così facili da realizzare. Io considero tutto possibile, però nel calcio è davvero difficile prescindere dalle dimensioni economiche delle società. Quindi nulla è impossibile viene temperato, non dico rimosso. Poi, certo, è successo che il Leicester ha vinto in Premier League, anche se quest’anno stava quasi retrocedendo. Il Leicester è una squadra piccola del campionato inglese, che però fattura due volte e mezza il Toro. Se il Toro non fa plusvalenze, fattura 60- 65 milioni, per dire molto, e il Leicester ne fattura 140-145 . Questo ti permette di avere dei giocatori importanti che puoi pagare e che ti consentono di avere risultati di prestigio. Ho letto un libro, anni fa, che diceva che c’è una correlazione diretta, assoluta, tra il livello di stipendi e il livello delle vittorie».
Tanti giocatori valorizzati dal Toro: “Credo che siamo davvero bravi a cercare talenti. Immobile, Cerci, Darmian, Maksimovic, Glik , Bruno Peres, Ogbonna , D’Ambrosio… D’Ambrosio, che io avrei tenuto volentieri, è andato all’Inter a scadenza anche se gli avevamo offerto cifre importanti. Purtroppo succede che l’attrazione verso squadre che hanno possibilità economiche maggiori e possono quindi pagare stipendi proibitivi sia talmente forte da far cedere anche un giocatore che era legato a noi, legato a me, legato anche al nostro pubblico, ai nostri tifosi, come Immobile (che è tornato) o come Cerci, che vorrebbe tornare. Negli ultimi vent’anni, da quando cioè il mondo è cambiato a causa dello sviluppo enorme dei diritti televisivi, lo scudetto lo hanno vinto sempre e soltanto la Juve, il Milan e l’Inter. In due occasioni non è successo, con la Lazio e la Roma. Soltanto in queste due occasioni. Poi, la Roma, il povero Sensi l’ha dovuta vendere e credo che economicamente ci abbia rimesso veramente tanti soldi. Cragnotti non so se sia fallito per via di questo od altro, ma certamente la Lazio gli ha dato un bel colpo, perché comprare giocatori a botte di novanta, cento miliardi di allora non è stato certamente un fatto positivo, per lui. Quindi il “nulla è impossibile” del mio decalogo in questo caso viene messo a dura prova”.
Belotti rimarrà al Toro? “Sinceramente, non lo so. Diciamo che noi, con lui, siamo stati chiari. Quando il suo agente mi ha chiesto , ovviamente, un incremento di stipendio dopo il bel campionato dello scorso anno e l’inizio folgorante di questo, io ho detto va bene, facciamolo, ti allungo il contratto, te ne faccio uno migliore, ma a questo punto mettiamo una clausola rescissoria a cento milioni, soltanto per l’estero. L’agente nella trattativa diceva, e lo capisco, “Beh, sì, il giocatore merita di più, però non so se allungherei la scadenza del contratto”. Beh, ma scusa, se non allunghi, allora perché dovrei darti di più? Così abbiamo trovato questa mediazione: bene, io ti do di più, tu allunghi, ma ti do una possibilità: se il giocatore fa cose talmente straordinarie e viene una squadra straniera importantissima a prendere il giocatore offrendo una cifra importante, cioè cento milioni, io gli consento di andare in questa squadra. E così abbiamo fatto. Poi, Belotti potrebbe anche dire “io non vado”, e allora io evidentemente lo tratterei bene, probabilmente dovrei ancora garantirgli qualche ulteriore miglioramento. Per adesso la situazione è questa”.
Su Ventura: “Con Ventura abbiamo fatto un bellissimo percorso insieme, un progetto stupendo. Ho cambiato, con lui, il modo di vedere il calcio, e di questo lo ringrazio, perché mi ha insegnato un calcio diverso, un calcio tutto improntato sui giovani. Ragazzi da sviluppare, da far crescere, da valorizzare. Con questi giovani abbiamo fatto le cose migliori, un bel percorso in Europa League, arrivando fino agli ottavi di finale, una bellissima vittoria al San Mamés a Bilbao, prima squadra italiana ad espugnare quello stadio. Quindi sicuramente sì ad allenatori che conoscano l’ambiente. Il calcio italiano è un calcio comunque complesso, capire e fare bene in Italia è veramente una cosa difficile e chi fa bene qui può fare benissimo ovunque”.
Un desiderio di mercato: “C’è questo giovane della Fiorentina, Chiesa, che mi sta molto piacendo. E’ un ragazzino, ha appena cominciato, però è molto promettente così come Verratti, che ha qualità straordinarie. Poi Donnarumma, mi entusiasma. Ho preso un portiere dalla Serbia, che si chiama Milinkovic-Savic. Non ho Donnarumma, ma secondo me ho uno che potrebbe essere il Donnarumma serbo, perché è un giocatore del ’97, alto 2.02, che ha qualità notevoli, copre la porta come pochi…”. Suggerimenti per il calcio italiano: “Il calcio italiano oggi dovrebbe veder crescere la competizione al suo interno. Nel senso che avere una squadra come la Juve che vince cinque scudetti, forse sei, di fila, credo non faccia bene al calcio, perché quando l’esito è troppo scontato la gente si diverte di meno. Per fare questo però si devono redistribuire le risorse in maniera diversa”.